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Paolo Salom per il “Corriere della Sera”
Com' è tradizione, la notizia dell'esecuzione di Tomohiro Kato, 39 anni, è arrivata quando il boia aveva già finito il suo lavoro. Si è così chiusa ieri la parabola terrena dell'uomo che nel 2008, quando aveva 25 anni, si era reso responsabile di una delle stragi più sanguinose del Giappone moderno.
Kato, alla guida di un furgone, era piombato sulla folla uccidendo tre passanti. Fermato il mezzo, era sceso impugnando un coltellaccio con il quale aveva seminato terrore e sangue nel pieno del popolare quartiere di Akihabara, a Tokyo: altri 4 morti e una decina di feriti.
Subito arrestato, aveva dichiarato di aver agito così per «vendetta» visto che era oggetto di «bullismo online». Kato aveva guidato fino al quartiere dell'elettronica della capitale per «uccidere qualcuno, non importa chi».
Al processo non aveva mostrato alcun segno di pentimento e i giudici, sorpresi dal suo «atteggiamento inumano», si erano convinti ad applicare la pena capitale, confermata poi in appello nel 2015, nonostante l'avvocato della difesa avesse cercato di dimostrare l'infermità mentale del suo cliente.
Il ministro della Giustizia Yoshihisa Furukawa ha giustificato ieri l'esecuzione, affermando che l'eccidio «ha avuto un impatto significativo sulla società in quanto ha privato sette persone della loro vita preziosa». E ancora: «Ho firmato l'ordine di esecuzione dopo attenta e poi ancora attenta considerazione», ha affermato il ministro, citato dall'agenzia stampa Kyodo.
Stati Uniti e Giappone sono gli unici Paesi del G7 dove vige ancora la pena di morte. Dopo una moratoria di due anni, il Sol Levante ha ripreso le esecuzioni alla fine del 2021, con il nuovo governo di Fumio Kishida.
A dicembre vi sono state tre impiccagioni e l'esecuzione di Kato, anche lui mandato a morte con questa procedura, è la prima di quest' anno. Altre 106 persone sono in attesa di salire sul patibolo nelle prigioni nipponiche. «La maggioranza del pubblico ritiene che la pena di morte sia inevitabile», ha detto il vice capo di gabinetto Yoshihiko Isozaki.
La normativa giapponese prevista dalla pena capitale è stata spesso criticata anche perché le esecuzioni avvengono con pochissimo o nessun preavviso ai condannati. In questo modo, il detenuto che ha esaurito tutti i possibili gradi di giudizio vive - si ritiene - in uno stato d'ansia permanente proprio perché sa che in ogni momento potrebbe essere condotto alla camera delle esecuzioni. La strage di Akihabara provocò un forte choc in Giappone e un inasprimento delle leggi sul possesso di armi da taglio.
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