DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
1 - I TIMORI CHE CROLLI IL FRONTE UCRAINO COSÌ L’ALLEANZA PREPARA LA COLLETTA DEI MISSILI
Estratto dell’articolo di Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
antony blinken joe biden jake sullivan
Antony Blinken ha provato a rassicurare i ministri degli Esteri riuniti ieri a Bruxelles per il vertice Nato. Il Segretario di Stato americano ha spiegato che dal Congresso Usa stanno giungendo «segnali positivi». Lo Speaker della Camera dei Rappresentanti, il repubblicano Mike Johnson, potrebbe mettere ai voti, forse entro aprile, il provvedimento che destina 60 miliardi di dollari all’Ucraina: circa 50 miliardi serviranno per procurare armi e mezzi militari.
[…] I russi stanno cercando di logorare la resistenza militare, di fiaccare lo stato d’animo della popolazione e quindi la tenuta politica del Paese, colpendo sistematicamente le reti dell’energia, le telecomunicazioni, i trasporti, le fabbriche, la filiera alimentare.
dmytro kuleba antony blinken a kiev
Il problema, dunque, era e resta l’America. Senza le nuove forniture di armi statunitensi, il rischio di un collasso ucraino è alto. I più preoccupati sono, come è sempre stato fin dall’inizio, i polacchi e i baltici. A loro, adesso, si sono aggiunti i francesi.
Quanto può reggere ancora Kiev in queste condizioni? A metà marzo il leader dei senatori democratici, Chuck Schumer, uscendo da un incontro con Joe Biden, aveva dichiarato: o mandiamo subito ciò di cui hanno bisogno, oppure l’Ucraina crolla fra due mesi. Ieri, però, non risulta che la «profezia di Schumer» sia stata rilanciata da qualcuno.
Di fatto tutti i ministri hanno preso per buone le previsioni di Blinken: le consegne di armi Usa riprenderanno presto e quindi la difesa ucraina rimarrà in piedi. Nello stesso tempo, però, nella Nato prevale la convinzione che, in questa fase, l’armata putiniana non abbia la forza per dilagare nel territorio ucraino. I russi potrebbero anche sfondare in un settore, ma non su tutta la linea di un fronte lunghissimo.
In ogni caso i rappresentanti dei 32 Stati, con l’eccezione dell’Ungheria, hanno convenuto che non ci si può limitare ad aspettare i parlamentari di Washington. Vanno prese subito altre iniziative. E qui la strategia militare si intreccia con il messaggio politico da trasmettere a Putin: la Nato non abbandona l’Ucraina, anzi si prepara ad accoglierla nel club transatlantico.
antony blinken in viaggio per kiev
Kuleba, davanti alle telecamere e ritto di fianco a Blinken, ha ricordato, con numeri drammatici, quale sia oggi il versante più critico: «Nel solo mese di marzo il nostro territorio è stato colpito da 94 missili balistici; chiedo agli alleati di consegnarci urgentemente sistemi di difesa aerea: i migliori sono i Patriot». Gli Stati della Nato si preparano a replicare la formula già sperimentata con successo dalla Repubblica Ceca.
Il governo di Praga ha organizzato una sorta di colletta volontaria per acquistare circa 1 milione di proiettili da artiglieria sui mercati mondiali e da girare agli ucraini. Obiettivo appena raggiunto: hanno aderito 15 Paesi, versando in totale circa 1,8 miliardi di euro.
A Bruxelles si è deciso di fare la stessa cosa con i Patriot o altre batterie anti-missile, come i Samp-T. Al momento l’ipotesi più quotata è che questa volta il capofila dell’operazione possa essere la Germania, visto che ha già messo a disposizione di Volodymyr Zelensky due piattaforme di lancio per i Patriot.
La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha promesso a Kuleba: «Porterò la tua richiesta a livello europeo e mondiale». Parole che sembrano confermare il ruolo della Germania alla testa di una coalizione impegnata a rafforzare la difesa aerea dell’Ucraina.
2 - KIEV NELL’ALLEANZA DOPO LA RESA LO SCENARIO TEMUTO DALL’EUROPA SE TRUMP VINCE LE ELEZIONI
Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
volodymyr zelensky joe biden incontro alla casa bianca 1
Una transazione per chiudere la guerra: territori in cambio di sicurezza. Rinunciare cioè alle regioni occupate dai russi ma con la garanzia per l’Ucraina di entrare subito nella Nato. Non si tratta di una ipotesi discussa formalmente durante l’ultimo vertice dell’Alleanza a Bruxelles. Ma di certo di una possibilità che ciclicamente ritorna in tutte le conversazioni informali. Anche negli ultimi giorni.
[...]
E ieri è stato il segretario di Stato Usa Blinken a riproporre questa prospettiva. Perché? Per due motivi. Il primo è semplicemente che questo “scambio” viene considerato da molti esperti una delle soluzioni possibili per porre fine alla guerra. Non è un’opzione valutata al momento politicamente. Ma è sul tappeto di fatto.
Il secondo motivo è più concreto. Molte Cancellerie europee e la stessa Casa Bianca hanno cominciato a convincersi con preoccupazione che questa potrebbe essere la carta di Donald Trump nel caso in cui vincesse le elezioni di novembre. L’ex presidente americano ha più volte assicurato che se tornerà ad essere il “Commander in Chief” chiuderà il contenzioso Mosca-Kiev in un battibaleno. E questa sarebbe appunto la mossa per ritagliarsi il ruolo di “kingmaker” della pace.
volodymyr zelensky antony blinken
Sostanzialmente il disegno consisterebbe nel lasciare al Cremlino i territori occupati. La Crimea e le altre quattro regioni conquistate negli ultimi due anni. E poi però blindare i confini. Facendo entrare quel che resta dell’Ucraina nella Nato. Un percorso che assomiglia molto a quel che accadde dopo la II Guerra Mondiale con la Germania Ovest.
La nazione tedesca venne divisa in due, concedendo di fatto il controllo della parte orientale all’Urss e nello stesso tempo inglobando, nel 1955, la parte occidentale nell’alleanza militare atlantica.
Poco meno di un anno fa, al summit di Vilnius, il presidente ucraino Zelensky si presentò chiedendo proprio di essere associato subito come membro del Patto Atlantico con la speranza di sigillare immediatamente i confini e quindi rispondere militarmente all’invasione russa. In quell’occasione, pur rassicurandolo sul futuro, più o meno tutti i partner — a partire dagli Stati Uniti — si espressero contro questa richiesta per evitare di entrare direttamente in guerra con Mosca.
joe biden e volodymyr zelensky - armi all ucraina -vignetta osho
Ora, però, lo scenario potrebbe cambiare. Soprattutto nel caso in cui Trump tornasse a sedersi nello Studio Ovale. Ma proprio per questo motivo sta crescendo la necessità di accelerare sugli aiuti a Kiev.
[...] Anche perché, se davvero venisse accolta questa soluzione, è indispensabile che da qui all’inizio del prossimo anno l’Ucraina conservi la maggiore estensione possibile del suo territorio. E per raggiungere questo obiettivo è necessario rifornire di armi, munizioni e forse anche uomini l’esercito di Zelensky. L’ “ipotesi Trump” crea un certo allarme in Europa perché si tratterebbe comunque di un cedimento alla prepotenza russa.
La controffensiva russa è ormai partita. L’attentato rivendicato dall’Isis sta diventando per Putin una gigantesca giustificazione per intensificare i bombardamenti anche sulle strutture e la popolazione civile. Anche il Cremlino è consapevole che il 2025 sarà l’anno in cui si potrà giocare una tregua. Ma il 2024 è ancora quello della battaglia.
La mobilitazione di altri 300 mila militari aggiunti disposta dal Cremlino e la legge firmata da Zelensky che abbassa l’età del reclutamento a 25 anni, dimostra che i prossimi saranno i mesi della verità. Il confine tra Russia e Ucraina è lunghissimo e ha bisogno di uomini per essere presidiato. Il timore che l’Armata putiniana sfondi è ormai un brivido costante che corre lungo la schiena di tutti i leader europei.
Per di più le elezioni americane di novembre stanno diventando un “congelatore” di molte delle scelte globali. In sostanza il presidente russo non ha alcun interesse a trattare ora un armistizio o qualsiasi altra opzione con Biden. Lo farà con il nuovo o con il confermato inquilino della Casa Bianca.
Fino ad allora deve irrobustire le sue posizioni di partenza. Ossia conquistare pezzi di Ucraina. Kiev e i suoi alleati hanno bisogno di fare esattamente l’opposto. Sapendo che la primavera è la stagione della guerra sul campo, quella più violenta. E che solo l’anno prossimo si aprirà uno scenario diverso. In cui le munizioni saranno soprattutto i territori conquistati o difesi come nel più drammatico Risiko.
DONALD TRUMP VLADIMIR PUTIN volodymyr zelensky antony blinken
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