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FLAMINIA SAVELLI per il Messaggero
Un piano ben studiato. Con l'appoggio non solo della compagna ma anche dell'ex compagno di cella e di altri due detenuti. Dopo 66 giorni dalla fuga dal carcere Bancali di Sassari durante un permesso premio, e a poco meno di due mesi dalla sua cattura, gli investigatori hanno ricostruito la latitanza di Giuseppe Mastini, Johnny lo zingaro l'ergastolano di 60 anni che tra gli anni 70 e 80 seminò il terrore nella capitale. Ieri mattina, con l'accusa di procurata evasione, gli agenti della squadra Mobile di Sassari e della polizia Penitenziaria, hanno arrestato anche la moglie e tre ex detenuti.
giovanna la compagna di johnny lo zingaro
LE INDAGINI Secondo quanto ricostruito la moglie Giovanna Truzzi, di 61 anni - subito ascoltata e che si era detta estranea alla fuga - per i primi due giorni della latitanza non si era mai separata dallo Zingaro. Erano insieme nell'appartamento nel centro di Sassari, messo a disposizione da Cristina Loi, 34enne pregiudicato di Sassari. Che Mastini aveva conosciuto in carcere.
A inchiodarli, sono state le telecamere di video sorveglianza. Ma il piano era ben organizzato e lo Zingaro, una volta arrivato nel covo dove poi è stato arrestato la mattina del 15 settembre, ha avuto bisogno di altri appoggi. La cascina era infatti isolata: incaricato del trasferimento dall'appartamento e poi di procurargli le scorte di cibo, era Gabriele Grabesu, anche lui 34enne di Sassari con diversi precedenti. E che con Mastini aveva diviso la cella per alcuni mesi. Un quarto complice, era stato infine incaricato di fornire telefonini e schede: Roberto Fois, un sassarese di 42anni conosciuto pure lui al Bancali.
IL BANDITO La settima fuga di Mastini era iniziata il 5 settembre quando non era rientrato nel carcere di Sassari, dopo un permesso premio con la moglie. Per dieci giorni polizia e carabinieri hanno sorvegliato ogni angolo della cittadina sarda. Poi la svolta e la cattura, in una cascina alla periferia della città. Già tre anni prima era fuggito dal penitenziario di Fossano, a Cuneo, approfittando pure in quel caso di un permesso premio con la moglie.
Ma Mastini, figlio di una famiglia sinti di giostrai e originario di Ponte San Pietro a Bergamo, ha iniziato la carriera criminale a Roma. Era giovanissimo, appena dieci anni quando si trasferisce con la famiglia nella Capitale.
Allestiscono il luna park al Tiburtino dove, nel giro di pochi mesi diventa Johnny lo Zingaro. Ha la passione per le auto, un talento a guidarle e a rubarle. Così conosce i piccoli delinquenti di zona. La svolta arriva con l'omicidio di Vittorio Bigi, un impiegato dell'Atac di 38 anni. Ucciso a Pietralata per un orologio e poche lire da Mastini insieme a un complice la notte del 31 dicembre del 1975.
Lo Zingaro finisce così in carcere minorile a Casal del Marmo. Da lì in poi alterna latitanze e fughe. Nel 1987 durante un permesso premio scappa e riprende la sua vecchia vita: rapine e furti d'auto. Per 50 giorni è latitante poi i poliziotti lo fermano e lo arrestano dopo una sparatoria in cui un agente resta ucciso. «Una fuga per amore», dirà. Per quel delitto viene condannato all'ergastolo e destinato al carcere a Sassari. Dove però, per l'ennesima volta, è riuscito a scappare.
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