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1. MORTO PALLANTE, SPARÒ A TOGLIATTI, TEMEVA COMUNISMO
(ANSA) - E' morto nella sua casa di Catania, a 99 anni, Antonio Pallante l'attentatore di Palmiro Togliatti, contro cui esplose quattro colpi di pistola, tre andati a segno, il 14 luglio 1948, nel tentativo di uccidere il leader del Partito comunista italiano. Il decesso è avvenuto nel luglio scorso, ma la notizia è trapelata soltanto oggi dai familiari. Avrebbe compiuto cento anni il prossimo 23 agosto.
"Mio padre ci ha sempre detto che quel gesto lo ha fatto semplicemente perché da studente vedeva qualcosa che poteva essere una minaccia per la democrazia, intravedendo il legame tra Togliatti e l'Urss", spiega il figlio.
La sparatoria avvenne a Roma, vicino la Camera dei deputati, da dove il 'Migliore', come era soprannominato Togliatti, era appena uscito in compagnia di Nilde Iotti, che rimase illesa. Pallante, che partì armato da Randazzo, nel Catanese, dove viveva, agì da solo spinto, disse, dalla paura del pericolo dell'espansione del comunismo in Italia.
Non si è mai più occupato, almeno pubblicamente di politica, ma non si è mai ufficialmente pentito del suo gesto, giudicandolo ripugnante, ma pensando che fosse la cosa giusta da fare per salvare il Paese dal rischio comunista. Il tentato omicidio, commesso dopo la vittoria della Democrazia cristiana alle politiche del 1948, portò l''Italia a un passo dalla guerra civile.
Ci furono forti manifestazioni di piazza che spinsero Togliatti, ferito alla nuca e al torace, a rilasciare un'intervista dal Policlinico di Roma, dove era stato operato, per tranquillizzare tutti. "Sono fuori pericolo", disse il leader del Pci, "assicurando a tutti i compagni" che presto sarebbe "tornato al suo posto". La Cgil guidata da Di Vittorio sospese lo sciopero generale annunciato e i parlamentari del Partito comunista italiano ritirarono le loro dimissioni.
ATTENTATO A TOGLIATTI PANSA ITALIA DOPOGUERRA
A riportare la tranquillità sociale, si ipotizzò, contribuì anche la quasi contemporanea vittoria di Bartali di una tappa e poi del Tour de France. Ex seminarista e poi componente membro della Gioventù Italiana del Littorio per poi fare campagna elettorale nel 1948 per il Blocco Democratico Liberal Qualunquista, un piccolo partito nato da una scissione del movimento antipolitico Fronte dell'Uomo Qualunque, Pallante era un oscuro 24enne studente fuoricorso di Giurisprudenza ed era spinto all'epoca, sostenne poi, da un estremo nazionalismo.
Dopo la sparatoria fu arrestato dai carabinieri e disse di avere acquistato l'arma a Randazzo e di essere arrivato a Roma con l'obiettivo di assassinare Togliatti. Un primo tentativo, compiuto il 13 luglio del 1948, il giorno prima dell'attentato, era andato a vuoto perché non era riuscito a farsi ricevere nella sede della segreteria del Pci, in via Botteghe Oscure. Processato per tentativo di omicidio fu condannato a 13 anni e otto mesi di reclusione. La pena in secondo grado fu ridotta a dieci anni e otto mesi.
attentato contro palmiro togliatti sull unita
Dopo l'intervento della Cassazione e a un'amnistia scontò cinque anni e tre mesi di carcere e fu scarcerato nel 1953. Dopo avere lasciato la prigione, non essendo stato interdetto dai pubblici uffici, trovò lavoro alla Forestale, come suo padre, e poi alla Regione Sicilia senza interessarsi più, almeno pubblicamente, di politica.
2. BIOGRAFIA DI ANTONIO PALLANTE
Da www.cinquantamila.it – La Storia raccontata da Giorgio Dell’Arti
• Bagnoli Irpino (Avellino) 3 agosto 1923. L’uomo che il 14 luglio 1948 sparò quattro colpi di calibro 38 a Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista italiano.?
• «Partii da Catania come un automa, dovevo compiere una missione, non avevo nulla contro l’uomo, ciò che volevo colpire e cancellare era ciò che lui rappresentava. Arrivai a Roma il 12 luglio, deciso ad incontrare Togliatti. Mi finsi un comunista di Randazzo e chiesi di poter vedere il segretario.
Ma mi fu risposto che avrei dovuto compilare una richiesta per iscritto, specificando i motivi della mia visita. E io non potevo certo farlo... Allora andai a Montecitorio e riuscii ad assistere ad una seduta dei lavori per l’adesione italiana al Patto Atlantico. Ascoltai il discorso di Togliatti e le sue parole furono un ulteriore sprone. Così, saputo che poco dopo sarebbe uscito da una porta secondaria, attesi il suo arrivo seduto sui gradini dell’atrio di via Della Missione. E quando lui uscì, accompagnato da Nilde Iotti, sparai quei quattro colpi. Tre andarono a segno, uno si conficcò su un cartellone» (da un’intervista di Michela Giuffrida).
• Aveva comprato la sua pistola (una Smith & Wesson a tamburo) al mercato nero per 1.500 lire. In valigia gli trovarono una copia del Mein Kampf.?
• Condannato il 3 ottobre del 1953 a dieci anni e otto mesi di reclusione, lavorò come suo padre alla Forestale.
pietro valdoni e palmiro togliatti
• «Di lui – anche i suoi amici più intimi – conoscono solo quello che lui ha voluto far loro conoscere. Che gli sono sempre piaciute le Vespe. Che è molto contento della laurea in Giurisprudenza presa da sua figlia Magda e che stravede per il piccolo Antonio, il figlio di suo figlio Carmelo. Dicono che sia un uomo dai modi molto garbati.
Mai una parola in più e mai una parola in meno con gli occasionali interlocutori. Religiosissimo. Tutto casa e chiesa. E poi? Poi nulla. Nulla da dire. Nulla da raccontare. Tranne una sorta di leggenda metropolitana che gira negli ambienti musicali di Catania. La voce racconta che lui – “l’attentatore” – sia il proprietario (insieme a un uomo misterioso) di una grande e famosissima azienda di corde per chitarre fondata nel 1958 a Saint Louis, Stati Uniti d’America (…)
Le poche volte che parla, dice sempre le stesse cose: “Io mi misi in testa un’idea molto precisa: se Togliatti fosse morto, l’Italia si sarebbe salvata. Pensavo che quello fosse l’unico modo di evitare l’invasione dei sovietici, dovevo farlo e l’ho fatto. Ma da quel giorno non mi sono mai più occupato di politica”». (Attilio Bolzoni) [Rep 14/7/1998].
• «Molti lo hanno dimenticato ma lui è ancora vivo e abita sempre nello stesso appartamento al quinto piano di uno stabile nel centro di Catania. Giacca da camera, pantofole, si muove a fatica e sente poco, ma è ancora sufficientemente lucido. “La mente – sorride – la tengo allenata con le parole crociate. Poi leggo giornali e libri di storia e geografia”» (Alfio Sciacca) [Cds 16/12/2009].
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