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Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per www.corriere.it
papa francesco e gesu bambino adagiato su una kefiah 3
Si chiamava Yehoshua ben Yosef, per gli amici Yeshùa, un rabbì di Nazaret in base alla cui nascita buona parte del mondo misura il tempo, dividendo il corso della storia in un «prima» e un «dopo».
Ma in che anno nacque, Gesù? Detta così, parrebbe una domanda banale: siamo nel 2024 e quindi nacque nell’anno zero, duemilaventiquattro anni fa, no? No. Perché lo sa la Chiesa, lo sanno gli studiosi: Gesù nacque prima, non fu crocifisso nell’anno 33 e, quando morì, non aveva trentatré anni.
La data di morte considerata più probabile è venerdì 7 aprile dell’anno 30. Con buona pace delle tombole natalizie («gli anni di Cristo!») e delle simbologie legate al numero 33, Yeshùa morì intorno ai 36 anni.
iside con in braccio il figlio Horus e la madonna con gesu bambino
Tutto dipende dal fatto che quindici secoli fa, quando si definì l’ «era cristiana», si è sbagliato a calcolare la data della nascita e, di conseguenza, quella della crocifissione.
Resta ignoto il giorno in cui venne alla luce ma anche qui la faccenda è più complicata di quanto appaia: il 25 dicembre è considerato in genere convenzionale, un’appropriazione cristiana della festa romana dedicata al Sole, ma c’è chi ha sostenuto che in effetti, a quanto si evince dai Rotoli del Mar Morto, potrebbe essere nato proprio nell’ultima decade di dicembre: magari, perché no, il 25.
Ma cominciamo dal principio.
GESÙ, NATO «AVANTI CRISTO»
I quattro Vangeli non indicano né la data di nascita né la data di morte di Gesù. Ma sappiamo che Erode il Grande, re di Giudea, muore nel 4 avanti Cristo. Quindi Gesù non può essere nato più tardi. Suonerà strano, ma il Cristo è nato «avanti» se stesso, o almeno il se stesso del calendario.
Perché, a seguire il racconto di Matteo (2,16), quando Gesù nasce Erode è ancora vivo: ed è lui che, dopo aver saputo dai Magi della nascita di quel bimbo che chiamano «re dei Giudei», ordina di uccidere tutti i bambini «da due anni in giù», segno che il bimbo non era appena nato. C’è da considerare anche il periodo tra la fuga in Egitto di Maria e Giuseppe con il bimbo e il ritorno, quando nel racconto evangelico un angelo appare in sogno a Giuseppe e gli dice di rientrare nella terra d’Israele «perché sono morti quelli che cercavano di uccidere il bambino», cioè Erode.
A complicare la faccenda, e a far ballare un altro anno, c’è da dire che l’ «anno 0» dell’era cristiana non esiste: per quanto oggi ci possa sembrare assurdo, il calcolo passa direttamente dall’1 avanti Cristo all’1 dopo Cristo. E questo perché, quando il monaco Dionigi il Piccolo definì a Roma all’inizio del VI secolo la datazione «Anno Domini», non esisteva ancora il concetto di zero, che in Occidente viene trasmesso solo nel 1202 dal Liber abbaci del grande matematico pisano Leonardo Fibonacci: la parola «zero» è la versione toscana del latino zephirum con il quale Fibonacci aveva reso l’arabo sifr, diffondendo in Europa la numerazione indo-araba che usiamo oggi grazie soprattutto all’opera del matematico persiano Muhammad ibn Musa al Khwarizmi, vissuto tra l’VIII e il IX secolo dopo Cristo.
maria con gesu bambino nelle catacombe di priscilla
A farla breve, insomma, la gran parte degli studiosi colloca la nascita di Yehoshua ben Yosef, Yeshùa nella forma abbreviata, intorno agli anni 6-7 avanti Cristo.
Ma come è nato l'errore?
Del resto, che ci sia stato uno sbaglio non è un mistero e la Chiesa ne è consapevole. Ne parlò pubblicamente San Giovanni Paolo II durante un’udienza generale del mercoledì, il 14 gennaio 1987: «Per quanto riguarda la data precisa della nascita di Gesù, i pareri degli esperti non sono concordi. Si ammette comunemente che il monaco Dionigi il Piccolo, quando nell’anno 533 propose di calcolare gli anni non dalla fondazione di Roma, ma dalla nascita di Gesù Cristo, sia caduto in errore. Fino a qualche tempo fa si riteneva che si trattasse di uno sbaglio di circa quattro anni, ma la questione è tutt’altro che risolta». In effetti, molti studiosi propendono per sei.
Papa Francesco bacia la statua di gesu bambino
Ma com’è possibile che si sia sbagliato? Il monaco Dionigi il Piccolo era un grande erudito ma a quanto pare si ingannò nel tradurre dal greco un passo fondamentale di Luca, l’indicazione cronologica più precisa dei Vangeli, all’inizio del capitolo 3: «Nel quindicesimo anno di governo di Tiberio Cesare», Giovanni comincia a battezzare nel Giordano. Gesù lo raggiunge, viene battezzato e comincia il suo ministero pubblico, si legge nel versetto 23, quando archómenos hosèi etôn triákonta, aveva «circa» (hosèi) trent’anni. Dionigi tradusse come se fossero trent’anni o quasi trent’anni, secondo le interpretazioni, e in base alla cronologia romana di Tiberio calcolò come data di nascita il 25 dicembre del 753 dalla fondazione di Roma, fissando come anno 1 dell’era cristiana il 754.
Un gioco da ragazzi. Ma sbagliato: in greco l’espressione «osei eton triakonta» indica un trentenne, non trent’anni precisi: e infatti, calcolano gli studiosi, Giovanni Battista inizia a battezzare nella regione del Giordano tra la fine dell’anno 27 e l’inizio del 28, e a quel tempo Gesù avrebbe avuto trentatré o trentaquattro anni. E così si arriva all’errore: nella data di nascita, e in quella della morte.
Seguendo la cronologia del Vangelo di Giovanni, che appare più corretta, Gesù e i discepoli si riuniscono per l’Ultima Cena la sera del giovedì, dopo il tramonto e quindi all’inizio del 14 di Nisan, il giorno di preparazione della Pasqua nel rituale ebraico. Il calendario ebraico calcola il ciclo lunare e la data della Pesach non è in un giorno fisso della settimana, come la domenica per la Pasqua cristiana. La Pasqua ebraica - che fa memoria di quando Dio «passò oltre» (pasàch, da cui Pesach) le case degli israeliti nella decima piaga dell’Esodo e quindi della liberazione del popolo di Israele dall’Egitto - quell’anno cadeva di sabato.
intelligenza artificiale svela il volto di gesu dalla sindone 2
Considerato che Gesù è morto dopo i trent’anni, le date possibili erano soltanto due, corrispondenti ai due anni intorno al terzo decennio dopo Cristo nei quali Pesach era di sabato: l’anno 30 o il 33. Quando ancora non ci si era accorti dell’errore nel calcolare la nascita, si è pensato che l’anno 30 fosse troppo presto e che quello giusto fosse, appunto, il 33.
Ma se Gesù è nato tra il 6 e il 7 avanti Cristo, il 33 è troppo tardi, sarebbe morto quasi quarantenne. E allora non resta che l’anno 30. Ad essere precisi, per il bimillenario toccherebbe anticipare. A meno di voler mantenere la simbologia, come fece proprio Giovanni Paolo II celebrando solennemente il Giubileo del 2000, anche se sapeva che i duemila anni dalla nascita di Cristo erano in realtà già passati.
E se fosse nato davvero il 25 dicembre?
Resta la questione del giorno. Il 25 dicembre, i romani celebravano il «Natalis Solis Invicti», la nascita del nuovo sole dopo il solstizio d’inverno. I cristiani fecero propria la festa pagana e del resto, nel prologo del Vangelo di Giovanni, il Lógos-Gesù è presentato come «la luce vera che illumina ogni uomo venendo nel mondo». Un Cronografo redatto a Roma del 354 indica che i cristiani cominciarono a festeggiare in quel giorno il Natale di Gesù a partire dal 336 dopo Cristo.
Benedetto XVI, in un’udienza generale del 23 dicembre 2009, spiegò peraltro che «il primo ad affermare con chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204». Joseph Ratzinger, citando alcuni esegeti, aggiungeva che «in quel giorno si celebrava la festa della Dedicazione del Tempio di Gerusalemme, istituita da Giuda Maccabeo nel 164 avanti Cristo». Il 25 dicembre è insomma una data simbolica per diverse ragioni. […]
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