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BOZZOLI: NIPOTE REGISTRATO IN SPAGNA DAL 20 AL 30 GIUGNO
(ANSA) - Il documento di Giacomo Bozzoli risulta essere stato registrato in un albergo in Spagna dal 20 al 30 giugno. Dal 1 luglio, giorno in cui è stato condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio dello zio Mario, il nome dell'imprenditore 39enne bresciano è scomparso dai radar.
Secondo fonti investigative l'unico documento registrato era quello di Giacomo Bozzoli ma il bresciano sarebbe però stato in compagnia di moglie e figlio. Le forze dell'ordine italiane stanno però accertando che sia stato effettivamente lui a depositare il documento in un albergo in Spagna.
Prende dunque corpo l'ipotesi di un clamoroso depistaggio messo in atto la mattina del 24 giugno quando tra le 5.51 e le 6.03 la Maserati Levante intestata a Bozzoli era stata registrata dai lettori di targa tra Manerba del Garda e Desenzano, in provincia di Brescia. Chi era al volante della vettura? è una domanda alla quale stanno rispondendo gli inquirenti che in queste ore sono concentrati sugli spostamenti del bresciano che avrebbe quindi lasciato l'Italia 10 giorni prima della sentenza definitiva.
BOZZOLI, LA FUGA IN SPAGNA «HA DORMITO IN UN ALBERGO»
Estratto dell'articolo di Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”
giacomo bozzoli Antonella Colossi
C’è una registrazione con il suo nome e cognome in un albergo spagnolo, la sera del 30 giugno. Giacomo Bozzoli, la sua compagna e suo figlio sono arrivati come turisti. I due adulti hanno dato alla reception i loro documenti e chi indaga è convinto che siano arrivati fin lì con la Maserati Levante di lui, anche se il passaggio dell’auto non è stato rilevato.
Lui ha il passaporto scaduto quindi deve aver dato come documento la sua carta di identità poi trasmessa dall’albergo alle forze dell’ordine (com’è prassi) e inserita nei database delle polizie europee. In quell’hotel Giacomo Bozzoli ha dormito l’ultima notte da uomo libero e non condannato.
Il giorno dopo la sentenza della Cassazione: ergastolo confermato per aver ammazzato suo zio e aver distrutto il corpo buttandolo nella fornace della fonderia in cui lavorava, a Marcheno, nel Bresciano. Lui però, mentre i giudici leggevano il verdetto, era già scomparso da otto giorni.
Ha continuato e continua a essere un uomo libero, certo. Ma è braccato dalla polizia di tutto il mondo e i mille controlli incrociati di questi giorni cominciano a tracciare il percorso della fuga. Il passaggio in Francia, per cominciare. Era il Paese dove la coppia aveva detto che sarebbe andata «per qualche giorno di vacanza» al padre di lei, il gallerista d’arte Daniele Colossi.
Lui lo ha detto ai carabinieri che sono andati a cercare il condannato dopo la sentenza, non avendolo trovato a casa. E a quanto pare era davvero così: il passaggio in Francia era nei piani, ma non per quella vacanza annunciata.
Dalla Francia i tre sarebbero usciti in direzione «della Penisola Iberica», dice una fonte investigativa senza specificare esattamente dove. Un altro degli inquirenti giura invece che il luogo della registrazione in albergo «non è il Portogallo». La Spagna, quindi. La traccia si ferma lì, a quel 30 giugno. Dal 1° luglio, cioè dal giorno della sentenza in poi, più niente. [...]
Ieri Daniele Colossi, il padre della donna, ha scritto un appello per Giacomo. «Questa vicenda mi sta distruggendo. Mi auguro che si costituisca al più presto per il bene suo ma soprattutto per quello di mia figlia e del mio nipotino. Nella vita ho sempre lavorato onestamente e rispettando la legge.
Per questa ragione mi sono messo subito a disposizione degli inquirenti perché credo che questa sia la cosa migliore per tutti. Spero che la vicenda si concluda il prima possibile». Dalla famiglia di lui, invece, fanno sapere che Adelio, il padre di Giacomo, da ieri mattina non riesce nemmeno a stare in piedi perché «si è sentito male» per la tensione accumulata in questi giorni.
2 - NESSUNO ORDINÒ DI CONTROLLARLO MENTRE ATTENDEVA L’ULTIMA CONDANNA
Estratto dell'articolo di Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”
l arrivo di giacomo bozzoli alla caserma dei carabinieri
Una fuga forse preparata nel corso degli anni, in previsione di una sentenza definitiva che lo avrebbe portato in carcere. Ma Giacomo Bozzoli non poteva pensare che avrebbe potuto contare anche sul fatto che prima della decisione dei giudici della Cassazione — il primo luglio scorso, confermato l’ergastolo nei suoi confronti per l’omicidio dello zio Mario nel 2015 — non ci sarebbe stata alcuna prescrizione relativa al controllo dell’imputato e neanche misure cautelari, anche solo l’obbligo di dimora o quello di firma.
Una falla insomma, con polizia e carabinieri, che non hanno ricevuto alcun incarico ufficiale di controllare — come spesso viene deciso per impedire la fuga di persone condannate in via definitiva per gravi reati — il 39enne, già in fuga con moglie e figlio di 9 anni su una Maserati, non si esclude già da fine giugno.
Non è scattata alcuna allerta, non è stata presa alcuna misura preventiva. E così Matteo Salvini polemicamente sottolinea: «Mentre un governatore è agli arresti domiciliari senza alcuna condanna (Toti, ndr ), un ergastolano è in fuga da giorni perché nessuno si era preoccupato di trattenerlo, nonostante la condanna per aver ucciso lo zio gettandolo in un forno. Il mondo al contrario».
Solo quando, sempre il primo luglio, le forze dell’ordine si sono presentate presso l’abitazione di Bozzoli per notificargli l’ordine di esecuzione della pena della Procura di Brescia si è scoperto che era irreperibile. Un vantaggio per il latitante, che già durante le indagini aveva evitato di finire in carcere — come ha spiegato l’ex procuratore capo di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso sul Corriere — perché «quando ero io a indagare sul caso, Bozzoli è sempre stato disponibile e reperibile». [...]
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