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Estratto dell'articolo di Sandro De Riccardis per "la Repubblica"
Dopo oltre un anno e mezzo di indagini, la procura di Milano chiede l'archiviazione per i decessi al Pio Albergo Trivulzio di Milano, dove si sono registrati oltre 300 morti durante i mesi della pandemia.
Una decisione, quella del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dei pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, che arriva dopo l'analisi di oltre 400 cartelle cliniche e decine di testimonianze raccolte tra il personale medico e i parenti delle vittime che, riuniti in un comitato, avevano portato in procura le loro terribili esperienze.
L'inchiesta ha confermato come, nei mesi più caldi dell'emergenza, nella struttura siano stati carenti i dispositivi di sicurezza - mascherine, guanti, tamponi, camici - e gli interventi per limitare i contagi.
coronavirus vaccinazione al pio albergo trivulzio
Ma si è rivelato impossibile considerare queste insufficienze come causa della strage silenziosa di anziani. «Non è stata acquisita alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari, causalmente rilevanti nei singoli decessi - ha scritto la procura - Anzi, con riguardo ai singoli casi, neppure sono state accertate evidenze di carenze specifiche, diverse dalle criticità generali, riguardo le misure protettive o di contenimento che possano aver inciso sul contagio».
Quello che è emerso e che aveva portato all'iscrizione nel registro degli indagati per epidemia e omicidio plurimo colposi l'allora dg Giuseppe Calicchio e lo stesso ente giuridico, non basta a sostenere in un processo la tesi che l'aumento del 40% di morti al Pat sia da ricondurre a una malagestione della struttura.
pio albergo trivulzio proteste dei parenti
(...) Chi per primo chiede di non far sapere all'esterno quanto il virus fosse diffuso tra i reparti è proprio Calicchio. «La lussata è deceduta in pronto soccorso - lo informa il 16 marzo 2020 una dirigente del Pat - Era positiva. Evitiamo di mettere in bollettino?». Calicchio, annotano gli investigatori della Guardia di Finanza, «suggeriva di scrivere il termine "sintomatologia respiratoria anziché positiva"».
In una chat precedente, del 2 marzo, l'ex dg teorizza l'inutilità del tamponi per gli ospiti più anziani. È un chirurgo che riferisce al dg di una paziente arrivata da un altro ospedale come sospetto Covid, a cui era stata effettuata un'ecografia polmonare e un tampone. «Ora io non vorrei essere cinico ma statunitense... - è la reazione di Calicchio - Dopo gli 80/85 anni a che pro fare il tampone? Se lo vuoi paghi o assicurazione! A cosa serve sapere se è Covid o polmonite normale?».
«Amareggiati ma non sorpresi» si dicono i tanti parenti di ospiti del Pat morti durante la pandemia, riuniti nell'associazione Felicita. (...)
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