COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Arianna Ascione per "www.corriere.it"
Un’opera controversa
È passato poco più di un anno dall'uscita di «Leaving Neverland», il controverso documentario del regista britannico Dan Reed su Michael Jackson che nel 2019 ha vinto un Emmy nella categoria Outstanding Documentary or Nonfiction Special. L’opera, incentrata sugli ex bambini prodigio Wade Robson e James Safechuck (che oggi hanno 37 e 42 anni), ha lasciato sotto choc e al tempo stesso diviso l'opinione pubblica. I due infatti hanno accusato il Re del Pop di abusi sessuali: le molestie e le violenze, raccontate con dovizia di particolari, risalirebbero ai tempi in cui frequentavano, con le loro famiglie, il ranch Neverland.
Gli eredi di Jackson, che hanno definito il lavoro di Reed un «massacro da tabloid» («Leaving Neverland», della durata di quattro ore, è senza contraddittorio), si sono così ritrovati al centro di un nuovo polverone mediatico a distanza di parecchi anni dai processi che hanno visto la popstar - morta il 25 giugno 2009 - sul banco degli imputati per vicende analoghe (Jacko è stato sempre assolto, nel 1993 e nel 2005 ndr.), e hanno intentato una causa da 100 milioni di dollari contro l’emittente HBO che ha trasmesso il film. In seguito, per difendere la memoria dell’artista, alcuni componenti della famiglia hanno scelto di replicare espondendosi in prima persona sui media e partecipando ad un contro-documentario.
Neverland Firsthand
LEAVING NEVERLAND DOCUMENTARIO SU MICHAEL JACKSON
«Neverland Firsthand: Investigating the Michael Jackson Documentary», diretto da Eli Pedraza e caricato su YouTube il 30 marzo 2019 (ad oggi ha superato il milione di visualizzazioni), mostra le testimonianze raccolte dal giornalista Liam McEwan - tra cui quelle dei nipoti dell’artista Taj e Brandi Jackson - che smentiscono le ricostruzioni di Robson e Safechuck.
Particolarmente critica Brandi, figlia di Jackie Jackson, che è stata fidanzata con Robson durante tutta l’adolescenza (anche nel periodo dei presunti abusi, ma la relazione non è stata citata in «Leaving Neverland»): ha descritto quest’ultimo come un opportunista («Sa posizionarsi nelle situazioni che lo possono avvantaggiare a livello finanziario»). A proposito delle accuse del coreografo - che nel 2005 testimoniò in favore della popstar e fu ritenuto dalla giuria il difensore più attendibile - in un’intervista a Billboard la nipote del Re del Pop ha dichiarato di essere venuta a conoscenza delle difficoltà attraversate da Robson in passato, tra problemi economici e depressione («Ricordo di aver sentito tutte queste storie e mi sono sentita male per lui in un certo senso, ma la vita è dura e la gente ritorna.
LEAVING NEVERLAND DOCUMENTARIO SU MICHAEL JACKSON
È deludente e molto sconvolgente vedere cosa farebbe ad un amico»), e ha ricordato: «L'unica cosa che mi disse fu la fortuna di avere Michael come socio in affari e come amico. Devo dirti qualcos'altro: Wade racconta questa storia che lui e Michael erano sempre insieme. Non lo erano. Andavamo al ranch, io e Wade e la sua famiglia. Ci andavamo alcune volte al mese.
michael jackson e james safechuck 1
Mio zio non è mai stato lì. Lavorava e viaggiava sempre». Tutte le sue affermazioni sono state contestate dal legale di Wade: «La signorina Jackson non era con Wade e Michael Jackson quando si sono verificati gli abusi sessuali - si legge nella nota inviata a Billboard - e non ha nulla di rilevante da dire sull’argomento».
Michael Jackson: Chase the Truth
«Neverland Firsthand: Investigating the Michael Jackson Documentary» non è l’unico documentario realizzato in risposta a «Leaving Neverland»: il 13 agosto 2019 Amazon Prime Video e YouTube hanno reso disponibile «Michael Jackson: Chase the Truth», diretto da Jordan Hill, con l'ex guardia del corpo Matt Fiddes e l'attore amico di Jackson Mark Lester.
Entrambi puntano il dito contro Robson e Safechuck: a loro avviso infatti avrebbero agito mossi da un movente economico. Nel film compare anche Mike Smallcombe, biografo di Jacko, che aveva già sollevato più di una perplessità su quanto rivelato in «Leaving Neverland»: «Per tutti gli accusatori di Michael, si è sempre trattato di soldi».
I dubbi del biografo
Smallcombe, in un’intervista rilasciata al Mirror nell’aprile 2019, aveva segnalato una fondamentale incongruenza tra il racconto di Safechuck (che in «Leaving Neverland» aveva affermato di essere stato aggredito in una stanza che si trovava al piano superiore della stazione ferroviaria del ranch, e di aver subito abusi dal 1988 al 1992) e le date di costruzione della struttura, realizzata nell’arco del 1993.
michael jackson e james safechuck 1
In quel periodo Jackson non si trovava nemmeno a Neverland: era impegnato con il Dangerous World Tour, che fu interrotto a causa delle accuse di molestie sessuali mosse dal padre dell’allora tredicenne Jordan Chandler (la vicenda si concluse con una transazione economica ndr.). La stazione ferroviaria entrò in funzione nel 1994: quell’anno Jacko si era trasferito a New York - ha vissuto nel suo appartamento all’interno della Trump Tower - per registrare l’album «HIStory».
«L'ultimo punto è che, quando Jackson era a Neverland e la stazione ferroviaria era effettivamente aperta, era l'inizio del 1995» ha precisato Smallcombe, che ha anche condiviso su Twitter i permessi di costruzione datati 1993 a sostegno della sua ipotesi. «Sembra che non ci sia alcun dubbio sulla data della stazione. La data sbagliata è quella della fine degli abusi», ha replicato Dan Reed.
gli abusati da michael jackson
Per quanto riguarda Wade Robson, ha aggiunto in un’altra intervista al Mirror il biografo di Jackson, le affermazioni fatte nel documentario si possono smentire dando un’occhiata alle dichiarazioni rilasciate da sua madre Joy in tribunale: nel 1993 ha testimoniato che il figlio era presente nel famigerato viaggio al Grand Canyon del 1990 (Robson aveva detto che gli abusi erano iniziati in occasione di quella gita, perché era stato lasciato da solo nel ranch insieme a Jackson).
gli abusati da michael jackson
Di nuovo in tribunale
Prima di «Leaving Neverland» Wade Robson e James Safechuck avevano citato (separatamente) le società dell’artista, rispettivamente nel 2013 e nel 2014, ma nel 2016 entrambi i procedimenti erano stati archiviati perché presentati a troppi anni di distanza dai (presunti) fatti. Nel 2020 però è entrata in vigore una nuova legge in California, che tutela i minori vittime di violenze e permette di presentare una citazione entro il compimento del 40mo anno di età.
i fratelli e il nipote di michael jackson 3
Per questo i due accusatori di Jackson sono pronti a tornare in tribunale: il loro intento è dimostrare che i lavoratori delle aziende della popstar sapevano (o avrebbero dovuto essere a conoscenza) degli abusi. «Avremmo dovuto essere ascoltati un paio di settimane fa, ma è stato tutto ritardato a causa del Coronavirus. Abbiamo fissato un'altra data a giugno - ha dichiarato l’avvocato Vince Finaldi lo scorso maggio - Sarà la prima udienza.
C’è un nuovo giudice e tutto verrà risolto in un modo o nell'altro. Ci stiamo preparando per il processo che si terrà più avanti». Quando si era diffusa la notizia che la Corte d'appello aveva aperto le porte per un possibile nuovo processo, in seguito all’introduzione delle nuove norme, attraverso una nota il legale della controparte Howard Weitzman (che ha sempre bollato le dichiarazioni fatte in «Leaving Neverland» come false) aveva precisato: «Questa nuova legge estende il tempo per le vere vittime di abusi di presentare denunce legali.
La sentenza provvisoria della Corte d'appello non è entrata nel merito delle accuse di Robson e Safechuck e la Corte non ha in alcun modo affermato che questi casi saranno sottoposti a processo. Né inverte le sentenze del 2015 che respingevano le rivendicazioni di Robson e Safechuck contro la proprietà, che sono definitive e non sono più soggette a ricorsi. Siamo fiduciosi che i reclami nei confronti delle società di Michael Jackson saranno, ancora una volta, respinti come è accaduto in precedenza».
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