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CENERE SEI E LA CENERE AMERAI – FULVIO ABBATE E IL TRAFUGATORE SERIALE CHE HA RUBATO LE CENERI DI ELENA AUBRY: “NELLA SUA STORIA BRILLA UN IDEALE LIBRO DELL’AMORE MAI COMPIUTO, MAI RAGGIUNTO, UN DIARIO SENTIMENTALE CHE SPOSA LE VITE ALTRUI, COME GIÀ L’IMMAGINE DELLA MASCHERA FUNERARIA DELLA…”

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Fulvio Abbate per www.huffingtonpost.it

 

FULVIO ABBATE

Questa storia funerea e insieme, a suo modo, “d’amore” perturbante, sarebbe piaciuta, così crediamo, a chi, come Leonardo Sciascia, sentì il bisogno di indagare sullo “smemorato di Collegno”, Mario Bruneri, il tipografo (o era forse il professor Cannella?) che nel gelo di marzo del secolo trascorso venne scoperto a trafugare vasi funerari nel cimitero ebraico di Torino, fermato dai custodi mentre, furtivo, cercava di allontanarsi con il suo tetro “bottino”. Un racconto identitario e d’appropriazione indebita che travalica il semplice dato materiale, la medesima piccineria criminale.

 

Nel nostro caso più recente, la notizia tratteggia, come nei fotokit, un quarantottenne ladro di foto-ceramiche, e perfino di ceneri, simulacri di ragazze morte “nel fiore degli anni”. Le cronache locali dei giornali, con vezzo quasi letterario, accennano a un “collezionista di morte”, precisando che l’uomo “schedava” ogni cosa sottratta, raggiungendo in questo modo il numero di 375 ragazze “conquistate”.

elena aubry

 

Una collezione di immagini di fanciulle decedute, meglio, “rubate” al marmo delle tombe e delle cappelle, ogni dato anagrafico meticolosamente segnato nel diario ritrovato: date di nascita e di morte fissate con puntiglio da anagrafe mortuaria a proprio uso fantasmatico.

 

Fra i “reperti”, le ceneri di Elena Aubry, morta il 6 maggio del 2018 lungo via Ostiense, a Roma, il manto stradale dissestato che fa perdere alla 26enne il controllo della moto. Lo scorso marzo dalla sua tomba era stata sottratta appunto l’urna. Lo scorso maggio, i carabinieri sono infine risaliti a un 48enne residente nella borgata romana di Casal Bertone, un luogo già di “Mamma Roma” di Pasolini.

LE CENERI DI ELENA AUBRY TRAFUGATE

 

Tra le cose ritrovate: le ceneri e una foto di Elena accanto a oltre 375 immagini funerarie di giovani donne, tutte decedute. L’uomo, oltre a tenere traccia di tutto in un taccuino (il cronista precisa che “le icone trafugate erano di ragazze dall’aspetto vintage” sic) arredava la propria camera da letto “come una sorta di cappella privata votiva”.

 

“Adoro ammirare i volti delle giovani donne morte. Dopo un po’, però, mi stufo, butto via le foto e vado a cercare altre immagini,” avrebbe ancora dichiarato. Su una pagina del “suo” registro si legge pure: “4.3.20 Presa Elena Aubry. Nata 28.10.1992 Morta 6.5.2018”.

 

Il lockdown ne aveva interrotto l’attività fino alla riapertura del Verano. È infatti del 5 maggio scorso l’aggiornamento con le foto di “Licia Perla, morta nel 1965 a trent’anni, e quella di Alberta Mostacci, nata il 14.5.1939 e deceduta il 22.9.1970, a 31 anni”. Il nostro, giustificando il furto delle ceneri della 26enne, aveva spiegato che, pur preferendo le foto, ogni tanto, per sviare i sospetti, portava cibo ai gatti che popolano le tombe del Verano. “Le più belle le tenevo esposte, con le cornici. Per me erano sacre. Altre le nascondevo per non farle vedere troppo”.

TRUFFAUT L'ALTARE DEI MORTI

 

Nelle parole del suo legale, l’assistito risulta tuttavia “pienamente in grado di intendere e di volere”.  Resta così da intravederlo a volo d’uccello nella distesa del cimitero monumentale del Verano, a scrutare “fornetti“, individuare nell’infinito catasto funebre visivo i volti delle ragazze da sottrarre, nel trapasso fotografico dal bianco e nero dei decenni trascorsi alle quadricromia dei decessi recenti, e qui la nostra storia, forse l’ho già detto, sembra incontrare soprattutto il capolavoro di Truffaut tratto da un racconto, “L’altare dei morti”, di Henry James, ossia “La camera verde”.

 

Nella storia dell’uomo trafugatore cimiteriale di ragazze brilla infatti un ideale libro dell’amore mai compiuto, mai raggiunto, un diario sentimentale che sposa le vite altrui, come già l’immagine della maschera funeraria della “Sconosciuta della Senna”, che ebbe a affascinare anche Albert Camus.

 

FULVIO ABBATE

Nella vicenda del trafugamento delle foto sembra di rivedere, come già ne “La camera verde”, un ideale Pantheon di ciò che avrebbe potuto essere, di ciò che non è mai stato: impossessarsi delle esistenze postume delle sconosciute, e  così idealmente sposarle, nella formalina del proprio tempo affettivo interiore; chissà se questa persona non abbia in questo modo virtualmente immaginato di portarle proprio tutte sull’altare, il proprio, l’altare della propria impotenza  e solitudine, della propria incapacità di relazionarsi davvero con il femminile.

 

Nel 2010, un uomo, allora quarantenne, sempre nel dominio mortuario del Verano, rubava già foto dalle tombe, dichiarando: “Cerco l’amore della vita”. Qualora si trattasse dello stesso individuo recidivo, dovremmo addirittura, perfino a dispetto dell’evidenza del reato reiterato, parlare di eterna “fedeltà”.

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