DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Leonard Berberi per il “Corriere della sera”
La proposta non è nuova, l' applicazione complicata, le conseguenze non del tutto prevedibili. Per combattere l' odio online e la diffusione di notizie fasulle il deputato di Italia viva Luigi Marattin chiede di introdurre l' obbligo di depositare un documento d' identità quando si apre un profilo social.
«Poi prendi il nickname che vuoi (perché è giusto preservare quella scelta) ma il profilo lo apri solo così», chiarisce su Twitter l' economista renziano. In un cinguettio successivo il parlamentare spiega che la mossa serve, tra le altre cose, a «impedire che il web rimanga la fogna che è diventato (una fogna che sta distorcendo le democrazie, invece che allargarle e rafforzarle)».
L' idea viene sostenuta dal regista Gabriele Muccino che commenta, sempre a mezzo social: «Solo così - ragiona - sapremo chi si nasconde dietro la rete commettendo reati penali sotto l' impunità dell' anonimato».
Ma come dovrebbe avvenire questa nuova forma di autenticazione? La petizione - che è stata postata sul sito di Italia viva e aveva ricevuto fino a ieri sera poco più di 2.400 adesioni (incredibile, ma vero: non tutte veritiere) su diecimila - sostiene che la registrazione del documento dovrebbe avvenire «avvalendosi di autorità terze» e al solo scopo di «garantire che a un account corrisponda un nome e un cognome di una persona reale, eventualmente rintracciabile in caso di violazioni di legge».
L' idea raccoglie, almeno a livello social, più dissensi e critiche che consensi. E non è dissimile dal disegno di legge numero 895 depositato il 24 ottobre di un anno fa - dai senatori Pagano, Giammanco, Bernini, Malan, Damiani, Floris, Vitali, Aimi e Cangini - per la modifica al decreto legislativo 70 del 2003: nell' unico articolo si suggerisce l' introduzione dell'«obbligo di identificazione»: «I fornitori di servizi di memorizzazione permanente hanno l' obbligo di richiedere, all' atto di iscrizione del destinatario del servizio, un documento d' identità» valido.
Mica facile nel concreto.
«Ci sarebbe difficoltà a definire cos' è un social network», scrive su Twitter il ricercatore di sicurezza Luigi Gubello (@evaristegal0is). Che poi sottolinea come con questa proposta lo Stato permetterebbe di collezionare i documenti a società private che hanno pure la sede legale fuori dal Paese. In generale le nostre autorità «farebbero fatica a sapere se il documento è vero o no e se è realmente associato alla persona dietro al monitor»: per esserne certi dovrebbero vietare quelle soluzioni che «mascherano» le proprie attività online (Tor, Vpn). Insomma: più che risolvere un problema la proposta di Marattin o il disegno di legge presentato l' anno scorso al Senato rischiano di aprire un vaso di Pandora. Legale e pratico.
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