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MA ERA IL CASO DI ANDARE A PERQUISIRE L’APPARTAMENTO DI UN 15ENNE INCENSURATO, NEANCHE FOSSE IL PEGGIORE BOSS DEL NARCOTRAFFICO, COME NEL CASO DI LAVAGNA? IL RAGAZZO SI E’ SUICIDATO PER DIECI GRAMMI DI HASHISH, MENTRE LA MADRE LO GUARDAVA BUTTARSI DALLA FINESTRA, PERCHE’ SENTIVA ADDOSSO IL PESO DELLA CONDANNA SOCIALE - L'AFFONDO DI SAVIANO

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1 - "NON SI PUÒ MORIRE A SEDICI ANNI PER UN PO' DI HASHISH"

Marco Preve per “la Repubblica”

 

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«Ecco, guardi il posto e i ragazzi: le sembra roba da paranza di Saviano?». Evidentemente no. Ha ragione, il professore che esce dal liceo scientifico sportivo delle Giannelline. Siamo sulla collina di Chiavari, nello splendore dei 18 gradi di un mezzogiorno invernale, e attorno vedi solo belle case, strade pulite e ricchezza. Carlo, che aveva 16 anni, frequentava questa scuola e abitava, seppur nel Comune limitrofo, Lavagna, nello stesso contesto sociale.

 

Forse è proprio perché la sua vita era quanto di più distante ci sia da una paranza che lunedì, dopo che, all' uscita da scuola, i finanzieri gli avevano trovato una stecca di hashish e stavano perquisendo la sua camera alla presenza dei genitori, ha aperto la finestra e si è buttato di sotto. «Ci saranno mille altri motivi, ma era proprio il caso di una perquisizione in casa di un quindicenne incensurato?», si chiede il professore. «Non si può morire per dieci grammi di hashish», si ripetono i genitori, che sui manifesti funebri hanno però voluto scrivere: "Un particolare ringraziamento alla Guardia di finanza di Chiavari".

 

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O forse lo ha fatto, si dice in paese, perché, dopo un mese di punizione per i brutti voti a scuola, temeva che la mamma, giustamente arrabbiata, potesse aumentargli la pena, quella per lui più terribile: niente allenamenti e niente partite fino a quando non avesse recuperato le materie insufficienti. «Giocava in una squadra, parlava solo di quello, gli si illuminavano gli occhi quando in ascensore chiacchieravamo di pallone, di Genoa soprattutto», ricorda la vicina di casa, che è docente al liceo classico Delpino, confinante con le Giannelline.

 

attivisti per la legalizzazione della marijuanaattivisti per la legalizzazione della marijuana

Ed è anche una testimone importante di una parte della tragedia. «Ero sotto casa quando ho visto arrivare un Fiat normale, non militare, e ne sono scesi due o tre signori con Carlo. Erano in borghese, uno aveva una valigetta e per un momento ho pensato fosse un idraulico. Carlo sembrava molto tranquillo e sul portone c'erano la mamma e il suo compagno (il papà è arrivato poco più tardi, ndr) che li aspettavano e sono saliti insieme».

 

La perquisizione resta comunque un trauma per chi non ha consuetudine con il malaffare.

La finanza spiega che è una procedura di routine e anche questa volta è avvenuta con le garanzie previste, la presenza di un genitore. Ma sullo sfondo di un episodio che il senatore Luigi Manconi e gli antiproibizionisti indicano come la drammatica dimostrazione della necessità di legalizzare il consumo di cannabis c' è un automatismo sociale la cui negazione rischia di apparire ipocrita.

 

Le voci che ieri in paese avanzavano dubbi sull' opportunità di perquisire l' abitazione di un ragazzino sono probabilmente le stesse che pretendono elevati standard di sicurezza e repressione per questo benestante angolo della riviera: un amalgama di commercio, turismo, proprietari immobiliari, una diocesi ricchissima, amministrazioni di centrodestra, dove anche il crimine organizzato non mostra i muscoli ma fa affari in silenzio (e proprio il Comune di Lavagna è stato commissariato la scorsa estate dopo una retata per 'ndrangheta).

 

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Riflessioni che forse più avanti proveranno anche a fare i genitori. Il papà con gli occhi rossi riesce solo a dire: «Stabilire ora cosa è o meno opportuno non dobbiamo farlo noi, la finanza ha fatto quello che doveva, non siamo ancora riusciti a parlare di quanto è successo, troppo dolore». E poi torna nella stanza dell' obitorio e prende la mano di Carlo vestito con la camicia bianca, un maglioncino azzurro e i pantaloni beige con i tasconi uguali a quelli dei suoi compagni di scuola, che piangono cercando di non farlo vedere.

 

2 - "QUESTI BLITZ SONO INUTILI UNA TELEFONATA E AVREI DETTO NO A QUELLA PERQUISIZIONE"

Matteo Indice per “la Stampa”

 

terapie a base di cannabis anche per gli sportiviterapie a base di cannabis anche per gli sportivi

«Sa rebbe stata sufficiente una telefonata, e avrei sconsigliato la perquisizione. So bene che le forze dell' ordine hanno agito in modo formalmente corretto; ma non mi risulta che la Finanza abbia competenze particolari sui minorenni. Quanto accaduto dimostra che troppo spesso non vengono compresi la specificità e la potenziale fragilità dei ragazzi d' età inferiore ai diciott' anni». Cristina Maggia è il procuratore minorile della Liguria e accetta d' intervenire sulla tragedia di Lavagna.

 

La legge consentiva ai militari di perquisire ed è stato fatto con cautela.

«Non ne dubito, ma quando ci si rapporta a soggetti così delicati occorre ulteriore sensibilità». Cosa si doveva fare? «Bastava chiamarci, siamo sempre reperibili e il confronto tra i magistrati e chi sta operando sul campo è fondamentale. Nessuno può avere la certezza che l' epilogo sarebbe stato migliore, ma perlomeno avremmo chiesto: "Che ragazzino è? Siete sicuri di voler perquisire la casa?". Stiamo parlando di un incensurato che ha ammesso il possesso della droga, peraltro hashish e in quantità limitata. E che con ogni probabilità non sarebbe incorso in provvedimenti gravi, con il riconoscimento dell' uso personale».

marijuana terapeuticamarijuana terapeutica

 

Lo spaccio davanti alle scuole è un problema serio.

«Certo, il punto è quale strada si percorre per contrastarlo. Io comprendo e condivido la preoccupazione dei presidi, ma i passaggi successivi rischiano di sortire effetti storti: i dirigenti scolastici denunciano, le forze dell' ordine intervengono senza interpellare chi per professione approfondisce la devianza minorile. E soprattutto senza pensare alle potenziali conseguenze di operazioni che sugli adulti hanno tutt' altro esito».

 

Ovvero?

weedweed

«L' azione penale sui maggiorenni ha fine repressivo, sui minorenni di recupero. Se arresto quattro spacciatori maggiorenni la conseguenza è circoscritta a quelle persone, alle loro famiglie, al loro ambiente, è accettato e previsto. Ma se scatta qualche provvedimento su uno studente con 10 grammi di hashish, moltissimi s' identificano in lui e le ricadute sono su ogni ragazzo della scuola. Se un sedicenne che studia, è un ragazzo modello e non ha precedenti con la giustizia, viene sorpreso con poco stupefacente, non reagisce come il criminale "cattivo", ma sprofonda. Mentre la priorità è aiutarlo a riprendere la strada della correttezza, non sanzionarlo».

 

Cosa si deve fare per tenere insieme esigenze non facilmente conciliabili?

«Non servono blitz, ma indagini costruite, appostamenti che consentano d' individuare con certezza i pusher seriali per concentrarsi su di loro. Eppure quando dico certe cose durante i tavoli di coordinamento, noto facce sorprese sia fra gli esponenti delle forze dell' ordine che tra alcuni miei colleghi della magistratura ordinaria...».

 

3 - I DIECI GRAMMI DEL RAGAZZO DI LAVAGNA E I MILIARDI DELLA MAFIA

Roberto Saviano per “la Repubblica”

 

Ha sedici anni e all' uscita da scuola viene perquisito dalla Guardia di Finanza. Ha addosso dieci grammi di hashish, i classici cinquanta euro di fumo che comprano i ragazzi. Avrebbe ammesso di averne ancora un po' a casa. Quindi la Guardia di Finanza perquisisce la sua cameretta ed effettivamente trova, dove lui stesso aveva indicato, altro fumo. La cronaca ci dice che il ragazzo, durante la perquisizione o mentre uno dei finanzieri stava parlando con sua madre, si alza dal divano dove era seduto, apre la finestra e si butta giù, dal terzo piano. Viene trasportato in elicottero in ospedale, ma non ce la fa. Muore.

protesta per la legalizzazione in brasileprotesta per la legalizzazione in brasile

 

I fatti sono questi. Forse è utile localizzare l'evento per un solo dato: Lavagna è un paese di poche migliaia di abitanti, in provincia di Genova. A Lavagna ci si conosce un po' tutti e magari il peso di ciò che la comunità pensa di te ancora si sente forte, fortissimo. Posso ipotizzare che in una città più grande, dove basta cambiare quartiere per diventare perfetti sconosciuti, si cresca in fondo con la sensazione che non esistano marchi a fuoco che ti rovinano la vita per sempre e che la rovinano a chi ti sta vicino.

 

Questi i fatti a cui non mi va di aggiungere dettagli emotivi. Inutile parlare di quelli che noi presumiamo essere i rapporti con la famiglia: questo non è un romanzo e quindi guardiamoci dall'interpretare i pensieri del ragazzo e dal riempire il vuoto di parole che crediamo siano state pronunciate ma che non hanno, ai fini della nostra valutazione, alcun peso.

 

japan marijuanajapan marijuana

Concentriamoci, invece, sulle responsabilità politiche che si celano dietro un gesto privato. Concentriamoci sui motivi che portano i media a interessarsi di droga solo quando ci sono sequestri enormi, arresti eccellenti o morti tragiche come questa. Interroghiamoci su cosa uno Stato paternalista possa davvero fare per salvare vite. Concentriamoci sul fallimento della proibizione in materia di stupefacenti, in ogni luogo e in ogni tempo.

 

E mentre scrivo ho davanti agli occhi il corpo martoriato di Stefano Cucchi e in mente i motivi che hanno condotto al suo arresto. Il 15 ottobre 2009, Cucchi viene fermato dai Carabinieri perché era stato visto cedere droga in cambio di soldi. Lo portano in caserma e addosso gli trovano 21 grammi di hashish, divisi in 12 confezioni, e tre dosi di cocaina. Durante la custodia cautelare accade quello su cui da anni si cerca di fare chiarezza.

Perché ho citato Cucchi? Per un motivo preciso.

 

STATI UNITI - MOVIMENTO PER LEGALIZZARE LA CANNABIS STATI UNITI - MOVIMENTO PER LEGALIZZARE LA CANNABIS

Stefano muore dopo una settimana, mentre è affidato allo Stato Italiano. Stefano muore perché trattato da tossico, da spacciatore, non mancano al riguardo commenti agghiaccianti. Ricordo Giovanardi che disse che tra spacciatori e carabinieri sceglieva i carabinieri, di fatto fotografando un clima da guerra civile tanto assurdo quanto ingiustificato. E poi il «mi fai schifo» di Salvini rivolto a Ilaria Cucchi che aveva deciso, coraggiosamente, di mostrare le immagini terribili del corpo martoriato di suo fratello. Ma cosa ha raccontato, al nostro Paese, la morte di Stefano Cucchi? Che se sei uno spacciatore e un tossico meriti di morire. E che se ti trovano in possesso di droga, sei una merda e ti sei rovinato la vita. La tua e quella della tua famiglia. Non c' è appello. Non c' è possibilità di riscatto.

 

Coltivazioni marijuana
Coltivazioni marijuana

È questo che hanno raccontato la morte di Federico Aldrovandi e poi quella di Stefano Cucchi. Ecco perché oggi, di nuovo e con urgenza, dobbiamo riflettere sulla necessità di avviare un dibattito parlamentare serio sulla legalizzazione della cannabis e lo facciamo ancora una volta sul corpo di un altro ragazzo la cui vicenda solo apparentemente non c'entra nulla con le altre che ho citato.

 

In realtà con loro ha in comune il contesto, un contesto che condanna senza processo. Ma ci pensate mai? Solo alla presenza di un corpo morto, ci si distrae per un attimo dalla politica fatta di messaggi mandati via chat intercettati, interpretati, smentiti e per qualche ora si raccolgono idee e dichiarazioni per dirci quanto anche sulla legalizzazione delle droghe l'Italia sia in colpevole ritardo. Poi si seppellisce il corpo e tutto torna alla normalità.

 

Il dispenser di marijuana piazzato in Colorado Il dispenser di marijuana piazzato in Colorado

E intanto stupisce l'impiego di una tale solerzia militare su un sedicenne, è ovvio che si tratta di procedure, ma non ci si può esimere dal constatare la spropositata attenzione in questo caso su un dettaglio, rispetto al problema. E anche qui si tratta di valutazione politica e non militare. Di valutazioni generali che prescindono dalle responsabilità dei singoli. Che prescindono dal numero di finanzieri che hanno effettuato la perquisizione, ma hanno a che fare con una logica doppia che non può non saltare all' occhio. Da dove arriva il fumo che si spaccia a Lavagna?

 

Da quelle piazze di spaccio a cielo aperto delle periferie romane o napoletane dove le forze dell'ordine hanno difficoltà a effettuare i seppur minimi controlli. E le scuole di mezza Italia, oggi come ieri, sono piazze di spaccio dove arriva qualunque tipo di droga. Allora mi domando: ha più senso tracciare il fumo prima che arrivi nelle mani dei sedicenni o ha più senso punire il sedicenne consumatore?

 

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E ancora: è più accettabile che un sedicenne possa acquistare fumo in un coffee shop o da spacciatori che hanno anche altro da vendere e soprattutto hanno a che fare con un sottobosco criminale dal quale sarebbe consigliabile tenersi alla larga? Il fumo che si spaccia davanti alle scuole, nelle discoteche, negli stadi e ovunque ci siano ragazzi è fornito dai cartelli criminali. Il problema sono loro o sono gli studenti che fumano?

 

Si dirà: ma se non parti dal piccolo come arrivi al grande? Questo non è assolutamente vero, perché il rischio è che si parta dal piccolo per fare gran numero di fermi e di perquisizioni, perché arrivare alla gestione delle basi è molto complicato. Si parte dal piccolo spacciatore per rimanere al piccolo spacciatore. Per smantellare piazze di spaccio si rischia di lavorare a vuoto per mesi.

 

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E invece ci vogliono fatti concreti, bisogna fare numero, fermi, droga perquisita, grammi su grammi da comunicare nei dati che a fine anno verranno pubblicati affinché l' opinione pubblica si convinca che le forze dell' ordine fanno il loro lavoro. Quando Patrizia Moretti e Ilaria Cucchi hanno avuto il coraggio di mostrare le immagini dei volti tumefatti di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi, io ho sentito verso di loro enorme gratitudine.

 

Lo hanno fatto, certo, per un figlio, per un fratello, morti in circostanze odiose, ma lo hanno fatto anche perché sapevano che i diritti si ottengono utilizzando corpi, corpi che diventano campi di battaglia. Oggi però mi assale lo sconforto nel constatare che il corpo morto, quello senza vita (che sia il corpo del piccolo Aylan trovato esanime sulla costa turca, quello di Federico o quello di Stefano) ci indigna, ci fa incazzare, rabbrividire, commuovere, ma ci restituisce anche la tristissima consapevolezza che ormai più nulla è dato fare.

 

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Che oltre la morte non c' è più niente. Che ogni nostro gesto, ogni nostra azione è ormai vana. La nostra distrazione è quindi giustificata, naturale conseguenza, quasi ovvia, scontata, dovuta. Normale. Chi si occupa di mafie questo lo sa bene: non si spiegherebbe altrimenti l' indifferenza ai morti in terra di camorra, morti giovani, minorenni, morti innocenti, morti colpevoli.

 

E penso a Marco Pannella e all'intuizione che ha avuto, intuizione geniale, da politico di razza, sulle battaglie politiche, che andavano necessariamente condotte utilizzando il corpo vivo, il suo corpo vivo. Gli scioperi della fame per i detenuti e la distribuzione di marijuana e cannabis. Oggi prendiamo la sua eredità perché è sui corpi dei vivi che vanno combattute e vinte le battaglie. Dei corpi morti ci dimentichiamo in poco tempo. È il suo metodo che dobbiamo utilizzare, un metodo analitico che dal particolare va subito all'universale e non indugia sui turbamenti intimi dell'animo umano, ma punta dritto alle responsabilità collettive e su quello che c'è da fare.

 

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Qui, dunque, non è minimamente in discussione l'incapacità che un sedicenne ha, per inesperienza, di relativizzare ciò che gli accade, ma la necessità di porre seriamente le basi perché gli innocenti, ma anche i colpevoli, non vengano condannati a morte dalla pubblica morale. E se il decesso di Stefano Cucchi è stato procurato, il ragazzo di Lavagna ha anticipato il giudizio sociale e, in una manciata di minuti, si è autoprocessato, si è trovato colpevole, togliendo a chiunque altro la possibilità di giudicarlo.

 

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Non giriamoci troppo attorno, lui è l'ennesima vittima di un sistema criminogeno, di un sistema che non funziona per calcolo, inerzia, incompetenza, comodità. E rendiamoci conto che uno Stato paternalista, che pretende di preservare i suoi figli vietando, è uno Stato destinato a fare un numero incalcolabile di vittime e che regala alle organizzazioni criminali un mercato stimato tra 4 e 9 miliardi di euro all' anno. Questo è il valore della cannabis consumata. Smettiamo, quindi, di fare regali alle mafie e legalizziamo, ora. Legalizziamo. Anzi, in realtà bisognava averlo già fatto, ieri.