DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Benedetta Centin per corriere.it
Insospettabile donna delle pulizie di Campagnola Emilia (Reggio Emilia), era stata arrestata nel 2018, accusata di essere stata la basista della banda di campani che il 31 ottobre 2017 aveva messo a segno un colpo da 3 milioni di euro alla filiale di Banca Intesa di via Venezia a Parma.
Nei giorni scorsi Filomena D’onofrio, 53enne originaria di Giugliano, ha aperto la porta di casa ai carabinieri con in mano un ordine di carcerazione emesso dalla procura generale della Corte d’Appello. La condanna emessa dal tribunale di Parma, a 3 anni di reclusione e 600 euro di multa, è diventata infatti definitiva e la donna è stata trasferita in carcere per scontare la pena (meno quattro giorni che aveva già trascorso dietro le sbarre).
L'accusa
Per l’accusa il contributo della 53enne era stato fondamentale per la banda che si calava nelle fogne per scavare i cunicoli e arrivare direttamente al caveau della filiale di turno.
Dopo il primo colpo milionario i banditi erano pronti ad assaltare anche la Bper di via Cavour, in pieno centro a Parma, se non fosse che i carabinieri hanno fatto saltare ogni piano ed eseguito dieci arresti, compreso appunto quello della donna delle pulizie napoletana considerata la basista. Dalle indagini coordinate dal pubblico ministero di Parma Fabrizio Pensa era emerso infatti che Filomena D’Onofrio avesse più di un contatto con i banditi e si fosse prestata ai sopralluoghi. Nella filiale di Intesa poi svaligiata aveva filmato l’interno quando l’aveva visitata con la scusa di aprire un conto corrente.
L’arresto
Per il secondo colpo in programma era stata lei ad individuare quel tombino nel quale i criminali dovevano calarsi per poi scavare il tunnel utile a raggiungere l’obiettivo. E la stessa donna aveva anche acconsentito ad intestarsi il contratto d’affitto dei due appartamenti che erano il covo della batteria criminale in trasferta.
Una volta arrestata la 53enne aveva ammesso e collaborato con gli inquirenti, tanto che in sede di condanna il giudice ne aveva tenuto conto. Nel 2019 la condanna e l’assoluzione dal reato più grave, quello di associazione a delinquere. Un conto con la giustizia che ora è chiamata a saldare, trasferita appunto in cella.
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