PIRATI DELLA STRADA - “ERO CONFUSO, HO AVUTO PAURA”: SI COSTITUISCE L'ASSASSINO DI BEATRICE

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Cesare Giuzzi e Gianni Santucci per "Il Corriere della Sera"

Ha nascosto il furgone nel box di un amico. Poi ha vissuto per sette giorni braccato dai carabinieri. Gli investigatori erano a un soffio: avevano isolato il percorso del pirata grazie alle telecamere; scandagliato uno a uno i seicento proprietari del furgoncino «indiziato», un Peugeot Ranch blu metallizzato; «agganciato» decine di telefoni.

Ieri sera El Habib Gabardi, marocchino di 39 anni, s'è consegnato accompagnato dal suo legale ai carabinieri della compagnia di Cassano d'Adda. È lui l'uomo che la notte dello scorso mercoledì 10 luglio ha investito e ucciso Beatrice Papetti, 15 anni, a Gorgonzola (Milano). A soccorrere la ragazza era arrivato suo padre, volontario che quella sera era di servizio sull'ambulanza di zona.

La ragazza stava tornando a casa in bici assieme al cugino Giovanni, 18 anni. «L'ho vista solo all'ultimo momento, non sono riuscito a evitare la bici», ha raccontato in lacrime ai carabinieri. Dopo aver investito la ragazza l'uomo ha pigiato sull'acceleratore: «Ero confuso, ho avuto paura».

Assistito dall'avvocato Gennaro Carfagna, Gabardi ha raccontato d'essere stato preso dal rimorso per quanto successo e di non aver trovato il coraggio di presentarsi prima alle forze dell'ordine. Ora si trova in stato di fermo.

L'uomo, che vive a Roncello - paese che si trova poco lontano dal luogo dell'incidente mortale, avvenuto lungo la statale Padana superiore -, ha raccontato di lavorare come operaio nei mercati ambulanti, di vivere in Italia da vent'anni e ha mostrato ai carabinieri un permesso di soggiorno regolare.

Dopo l'impatto il magrebino ha detto d'essere fuggito e di aver poi nascosto il Peugeot Ranch in un box che gli aveva messo a disposizione un amico (il mezzo è stato recuperato nella notte). Ma con il passare dei giorni e il susseguirsi degli appelli della famiglia della giovane tutto s'è fatto più difficile. I carabinieri di Cassano d'Adda, del Gruppo di Monza e del comando provinciale di Milano, da quel 10 luglio non hanno mai smesso di seguire le sue tracce.

Prima hanno individuato il modello dell'auto, poi hanno fatto scattare le verifiche su circa 600 proprietari. Grazie alle telecamere gli inquirenti hanno individuato alcuni fotogrammi nei pressi del casello A4 di Cavenago-Cambiago e due lettere della targa. Il cerchio era quasi chiuso. La caccia s'è conclusa alle 22 di ieri. Sette giorni dopo l'incidente. Il 39enne è stato portato in carcere. Poi è stata avvisata la famiglia di Bea.

 

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