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Tommaso Lorenzini per “Libero Quotidiano”
Il mistero della morte di Marco Pantani si arricchisce di un nuovo, intricato capitolo. Ieri a Rimini è andata in scena l' udienza voluta dal gip Vinicio Cantarini dopo la richiesta di archiviazione presentata nel settembre scorso dalla Procura riminese e l' opposizione (ritenuta fondata dal giudice) dell' avvocato Antonio De Rensis, legale della famiglia.
Due ore di confronto acceso, con momenti di scontro e alcuni punti che la difesa ha messo a segno nonostante la serena spiegazione di Paolo Giovagnoli, procuratore capo di Rimini, presente in aula: «Non è emerso alcun elemento a sostegno della tesi di omicidio».
De Rensis, al contrario, ha sottolineato come tutti coloro i quali hanno fornito verità diverse rispetto a quella della Procura, o non sono stati interrogati, oppure sono stati bollati come gente che ricorda male.
Ad esempio gli infermieri del 118 che non hanno visto la misteriosa palla di pane e coca trovata accanto al cadavere; ad esempio Sandro De Luigi, proprietario dell' hotel, che sostiene di essere entrato nella stanza D5 e aver visto il lavandino del bagno in mezzo alla stanza, salvo poi ritrovarlo al suo posto più tardi; ad esempio il poliziotto sulla volante che afferma che la sera di quel 14 febbraio 2004 la segnalazione dall' hotel era avvenuta «per lite».
la stanza di marco pantani in hotel
Alla fine dell' udienza, De Rensis ha spiegato ai giornalisti i punti ancora tutti da chiarire e alla quale la Procura non ha fornito convincenti risposte: «Bisogna approfondire la questione dei metaboliti nel sangue di Pantani, quindi droga e medicinali (l' ultima relazione, quella del professor Tagliaro, indica gli psicofarmaci all' epoca prescritti dal dottor Greco - responsabile del Sert di Ravenna - come la causa del decesso, smentendo la prima perizia del dottor Fortuni, secondo la quale il romagnolo aveva assunto cocaina per oltre sei volte la dose letale per una persona adulta, ndr); approfondire il rebus del lavandino; capire chi portò i tre giubbotti da sci a Marco;
la stanza di marco pantani in hotel
il bolo di pane e coca vicino al cadavere; l' anomala posizione del corpo; lo specchio intatto nel bagno distrutto; la carta di gelato trovata nel cestino e che non si sa da dove è arrivata». Oltre al fatto che proprio Tagliaro aveva suggerito alla Procura di analizzare i peli pubici ancora conservati a Modena, aprendo la strada anche alla riesumazione.
Ma il vero colpo, De Rensis lo aveva già assestato in aula, evidenziando l' inedita testimonianza di una escort che può far crollare tutta la verità ufficiale. Secondo i racconti fatti agli inquirenti dal personale dell' albergo, infatti, era la prima volta che Pantani soggiornava a "Le Rose". La prostituta sudamericana, invece, sostiene che circa tre mesi prima della morte del ciclista fosse stata in quell' hotel proprio in compagnia del Pirata e di un' altra persona.
Marco aveva lasciato in portineria 500 euro da dare alla ragazza, ma il portiere le dette solo 300 euro, tenendosi il resto. Portiere di cui non si conosce l' identità perché la sudamericana non è mai stata sentita a Rimini, ma solo in una stazione dei Carabinieri in Toscana nel dicembre 2014.
Dunque all' hotel dovevano conoscere per forza Marco, e qualcuno ha mentito, magari su questa e altre cose. Un' incongruenza che vizia tutta la prima indagine, quella basata sulla testimonianza del portiere di allora, Pietro Buccellato, colui che ha ritrovato il corpo e dato l' allarme. Buccellato ha sempre detto che, dopo aver bussato alla stanza D5, pensava che chi era dentro fosse andato via senza aver pagato, cosa che avveniva di frequente. Ma se la porta era bloccata dall' interno e lui ha dovuto forzarla per aprirla, come si faceva a uscire da una stanza da dove non si poteva entrare?
Domande che si sommano, mentre la combattiva mamma Tonina non si arrende. Su Facebook ha postato un messaggio eloquente ai tanti tifosi di Pantani, «pregate per me». Poi, nel pomeriggio, ha spiegato: «Ho ascoltato in silenzio, come mamma aspetto delle risposte mai avute«». Ora la palla passa al gip Cantarini, che si è riservato la decisione se archiviare o chiedere nuove indagini, ma, vista la mole di documentazione prodotta, potrebbe non arrivare in tempi brevi.
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