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Sabrina Cottone per “il Giornale”
Coloro che sono sopravvissuti a un attacco di cuore e sono divorziati o hanno un basso livello socioeconomico corrono un maggior rischio di essere colpiti da un secondo attacco cardiaco o ictus. È uno dei risultati di una ricerca del Karolinska Institutet di Stoccolma, pubblicata sull'European Journal of Preventive Cardiology, rivista dell'Esc, Società europea di cardiologia.
La medicina predittiva, con la prevenzione attraverso gli stili di vita, è uno dei modi migliori di allungare la vita o almeno di renderla più sana. Ma a colpire è che non siano il colesterolo in eccesso o la scarsa attività fisica la possibile concausa scatenante di un nuovo infarto, bensì il divorzio. Tanto più che la rottura dei matrimoni è sempre più frequente e così i rischi sanitari sembrano destinati a salire alle stelle.
Lo studio, che ha seguito 29.226 persone sopravvissute a un primo attacco di cuore, è corredato da numeri implacabili: i pazienti divorziati corrono un rischio più alto del 18% di essere vittime di un attacco di cuore rispetto a coloro che sono sposati. Con una particolarità che rende il dato di fatto meno ovvio e facilmente spiegabile con il carico di stress che porta con sé ogni separazione, più o meno traumatica.
I ricercatori assicurano che non si può saltare alle medesime conclusioni per le persone non sposate e vedove, ovvero coloro che vivono comunque una condizione di solitudine o addirittura un addio definitivo al coniuge: pur presentando anche loro un livello di rischio più alto rispetto alle persone sposate, i nessi individuati non sono stati ritenuti statisticamente significativi dai ricercatori e così l' unica evidenza è che rimanere sposati fa bene al cuore e alle coronarie.
Spiega il ricercatore Joel Ohm, uno degli autori dello studio: «Sembra che il matrimonio sia protettivo contro gli eventi ricorrenti (il ripetersi degli attacchi di cuore, ndr)... ma da questo studio non possono essere tratte conclusioni sui meccanismi che soggiacciono a questi risultati». Insomma, se è chiaro che il matrimonio fa bene per evitare il ripetersi di infarti o ictus, meno evidenti sono le ragioni, sulle quali ci si può ancora limitare alle supposizioni, in attesa di altri studi.
Un capitolo a sé meritano le condizioni socioeconomiche. Alte (35%) le differenze tra le persone più ricche e le persone più povere. Anche l' istruzione fa la sua parte: i pazienti con più di dodici anni di studio sulle spalle hanno rivelato un rischio di recidiva dell' infarto inferiore del 14% rispetto a coloro che hanno studiato per nove anni o anche meno.
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