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CHISSÀ SE NEL VIAGGIO IN ITALIA, PUTIN HA TROVATO IL MODO DI SALDARE ANCHE LE FATTURE MAI PAGATE, PER OLTRE UN MILIONE DI EURO, PER IL PADIGLIONE RUSSO ALL’EXPO - LE NOVE AZIENDE ITALIANE CHE HANNO FATTO I LAVORI PRONTE A FARE CAUSA

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Stefano Rizzato per “la stampa”

 

padiglione russia expo 2015padiglione russia expo 2015

Fatture mai pagate, piastrelle che si staccano, lavori finiti in fretta, contestazioni e controcontestazioni. Al posto delle proteste anti Putin - attese, temute, mai viste - a turbare il gran giorno russo a Expo 2015 ci ha pensato una storiaccia scoppiata intorno ai lavori per il padiglione. «Aspettiamo ancora pagamenti per oltre un milione di euro. Faremo causa e siamo pronti a chiedere il sequestro dell’edificio». A scriverlo in una nota sono nove delle aziende italiane che hanno tirato su lo stand russo, a tempo record, tra febbraio e aprile.

 

APPALTI E SUBAPPALTI

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Per le loro rimostranze hanno scelto il momento esatto in cui su Expo suonava l’inno e scoccava la stretta di mano tra Putin e Renzi. Mica male come tempismo. E chissà se qualcuno ha avvertito lo Zar. Di certo c’è che tra appalti e subappalti qualcosa è andato storto. I costruttori italiani avevano ricevuto l’incarico formale da un’azienda russa, RVS Holding. Che a sua volta era stata scelta da RT-Expo, l’ente ministeriale di Mosca dedicato all’esposizione.

 

«Ci hanno saldato solo un acconto e il primo mese di lavori, mentre il contratto parlava di pagamento a 30 giorni», accusa Gianmaria Di Bartolo della Coiver Contract, portavoce delle aziende coinvolte. «Il padiglione ha aperto regolarmente il 1º maggio, ma alle nostre fatture i russi hanno risposto non con i soldi, ma con una serie di contestazioni imbarazzanti. Una scusa per non pagare».

 

LAVORI INCOMPLETI

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Il guaio è che davvero il giorno dell’apertura di Expo non tutto era pronto e perfetto. Nella relazione datata 3 giugno e stilata dal direttore dei lavori, italiano ma alle dirette dipendenze di RT-Expo, si legge una lunga lista di cose incomplete. Parte della copertura mancante, una perdita d’acqua sopra la scala Vip, l’Internet assente proprio nell’ufficio del direttore, un buco nella zona ristorante e una piastrella che si era già staccata. E svariate altre cose. «Ma i russi - insiste Di Bartolo - hanno contestato a tutti quelle sbagliate. E poi era stato già un miracolo aprire in tempo».

 

LA RICHIESTA DI RIMEDIARE

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Davanti alla richiesta di rimediare a tutte le imperfezioni, le imprese italiane hanno detto «niet». E la situazione è degenerata. Mentre i russi trovavano altri per sistemare piastrelle e infiltrazioni, sono partite le lettere e le repliche e le controrepliche. Fino al comunicato di ieri, che minaccia cause civili e penali. E pensare che era (anche) il gran giorno della diplomazia.

 

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