DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI…
Estratto dell’articolo di Francesco La Licata per “La Stampa”
Tanto è stato detto e scritto su Matteo Messina Denaro e tanto si potrà ancora dire, tranne che non sia stato un personaggio a suo modo "curioso" […] Tanto originale da essere stato uno dei pochi a rinunciare volontariamente alla carica di capo di tutta l'organizzazione per "rinchiudersi" nello spazio angusto del proprio territorio d'origine, accontentandosi di coordinare le varie pulsioni dei diversi mandamenti mafiosi quasi per "spirito di servizio": cioè comandare per fare un regalo a chi chiedeva di essere comandato. Il massimo dell'arte della manipolazione.
Già, perché "Iddu" (così veniva evocato dal suo popolo) più di ogni altra cosa è stato un grande manipolatore. Lo si evinceva leggendo la corrispondenza (i "pizzini") con complici e amici sequestrata prima e dopo il suo arresto (16 gennaio 2023), e soprattutto nelle famigerate "lettere a Svetonio", con cui intratteneva alati dialoghi sull'onore, sull'amicizia e persino sulla "morale", con un insegnante del suo paese che, malauguratamente, lavorava per i servizi segreti.
Da oggi, però, si potrà affermare che il re è più nudo di quanto abbiamo potuto immaginare. E a spogliarlo ha provveduto il sovrano stesso consegnando la propria anima (almeno dal punto di vista del sentimento) a due quaderni (lui li chiama con la consueta falsa umiltà «libricini») dedicati alla figlia perduta, Lorenza, e ritrovata un passo prima della sua morte terrena.
[…] Questa eredità di affetti molto particolare Messina Denaro la dedica esclusivamente alla figlia a cui avrebbe voluto inviare i libricini (attraverso l'altra Lorenza, la nipote avvocato) con l'accortezza, quindi, di farglieli avere quando Lorenza sarebbe stata matura e quindi in grado di assorbire il trauma della scoperta di un padre «diverso da quello che ti hanno fatto credere».
Ma poi è arrivata la cattura e il piano è saltato. I diari sono finiti nelle mani della magistratura e quindi nelle carte giudiziarie, ma sepolti da mille scartoffie.
Il merito di averle riportate alla luce va a Lirio Abbate, un giornalista che ha a lungo studiato Messina Denaro. Da buon cronista, con pazienza e ostinazione, Abbate ha riesumato questa lunga seduta di autocoscienza del boss (gli scritti vanno dal 2003 al 2016) e l'ha trasferita nel libro I diari del boss. Parole, segreti e omissioni di Matteo Messina Denaro (Rizzoli).
Si tratta di pagine e pagine […] non parla mai di quello che è stato, delle terribili enormità commesse, dei lutti inferti a tante famiglie, ma spende ogni virgola per accreditarsi come «uomo giusto» e «migliore» tradito negli affetti da una figlia che le è stata «rubata» da una congiura ordita dalla madre di Lorenza (che non nomina mai definendola semplicemente «quella») e dalla nonna materna: due donne che odia con tutte le sue forze e che cerca di rendere odiose alla figlia quando le rivela (sempre tra mille falsi tentennamenti e inesistenti turbamenti) che la nonna non avrebbe voluto farla nascere, suggerendo alla figlia di abortire. […]
I due libricini sono un merletto ben ricamato, pieno di espedienti, a cominciare dalle due copertine ricavate dalle stampe di due dipinti di Van Gogh che, sempre con grande modestia, Messina Denaro chiama familiarmente Vincent, aggiungendo «per me è così, per voi è Van Gogh». Un vero delirio, il rovello del boss. Secondo neppure davanti a Dio: «Io sono agnostico per natura e per intelletto, credo solamente in me, nelle mie capacità e nei miei ideali», e «se un Dio ci sarà, dialogherò personalmente con lui, senza bisogno di intermediari»
Con perfidia, quindi, denigra la figlia (non essere pollo, ma aquila) e sua madre che critica per averla vista con abiti «buoni per una ragazzina». E al culmine del delirio, in cui si autoassegna la vita eterna, ferisce Lorenza con parole taglienti: «Non sarò immortale perché vive mia figlia, ma soltanto perché ho deciso di essere, e sono stato, un protagonista di questo mondo». Ovviamente, da buon bugiardo, omette di spiegare quali siano stati questi grandi meriti che lo avrebbero reso eterno.
Non parla delle persone uccise, delle stragi, della vita dedicata al crimine.
[…] si autoproclama interprete di un intero popolo (quello della mafia) in lotta contro un «opprimente potere» cioè lo Stato legale. Un'autodifesa ancora generica, priva di argomenti convincenti, indirizzata ad una ragazza che in quel momento aveva solo 15 anni.
[…] È tanto pieno di sé da non esitare a farsi fotografare sullo sfondo dell'Arena di Verona […] solo per poter incollare il proprio ritratto sui diari e dimostrare alla figlia di non essere «così brutto» come appare in un certo identikit in quei giorni pubblicato sui giornali.
Lorenza si è riconciliata col padre sul letto di morte, senza aver ancora letto i libricini. Fatale fu la mediazione della zia Lorenza. In un attimo sono cambiati padre e figlia e, nel classico canovaccio patriarcale è svanito il passato e si è materializzato il futuro. Lui è morto forse nella convinzione di aver rimosso le cause del proprio delirio di padre mafioso, sperando che la figlia possa avere per lui, dopo la morte, un po' di quella sconfinata considerazione che Messina Denaro ebbe per suo padre, quel don Ciccio magnificamente descritto nei diari, a beneficio di Lorenza.
E lei, la ragazza ormai donna e madre a sua volta? I benpensanti credono nella conciliazione, altri, malpensanti, restano convinti che un buon mediatore abbia potuto convincerla con argomenti più concreti e terreni. Ma questo non lo sapremo, né dai diari né dalle indagini che fatalmente andranno a scemare.
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