DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Estratto dell’articolo di Giovanna Cavalli per il Corriere della Sera
Ama pure le zanzare?
«Sì. Se mi ronzano intorno, mi ribello e le scaccio ma poi mi pento. Per fortuna non sono appetitoso, le respingo, perché prendo i medicinali per l’artrite reumatoide. Però qualche pantofolata gliel’ho tirata anch’io».
Quando ci vuole, ci vuole.
«I ratti però mi piacciono, sono simpatici. Nella casa di campagna, a Viterbo, ce n’era uno che ci mangiava la frutta. Abbiamo piazzato una trappola di quelle antiche, che non fanno male, una gabbia piena di semi di girasole. Catturato, lo abbiamo portato a un chilometro da lì. Il giorno dopo era già tornato», racconta brioso il Gran Mogol degli ambientalisti Fulco Pratesi, 89 vivacissimi anni, fondatore e ora presidente onorario del WWF italiano («Nel 1966 con una stanza, qualche amico, 20 mila lire a testa, le tessere le disegnavo io. Cominciammo con il cervo sardo, abbiamo salvato 110 specie»).
Nemmeno gli scarafaggi le fanno senso?
«Non ne vedo da anni. Poverini, colpa delle scope e dell’aspirapolvere. Ma sono bellissimi e intelligentissimi».
Se lo dice lei. La sua vita di bambino sembra un remake di «La mia famiglia ed altri animali» di Gerald Durrell.
«A casa ospitavamo cani, gatti, uccelli, scimmiette. In viaggio lungo la costa occidentale dell’Africa, da Algeri alla foce del fiume Congo — imbarcato su un cargo come Manuel Fantoni nel film di Verdone — ne comprai tre da un venditore ambulante. Mio cugino ne prese una e la chiamò Sofia. Io due, Pedro e Lola. Lui era un cercopiteco grigioverde, lei un cercopiteco mona, carinissima. Quando studiavo si accovacciava sulla mia spalla e catturava le mosche con la zampa. Mia madre le cucì una magliettina a righe bianche e celesti. Grande amica del nostro setter, lo cavalcava come un fantino e insieme correvano nei campi, che coppia».
(...)
Fu lei nel 1973 a portare a Roma il primo gabbiano.
«Una gabbianella ferita. Me l’aveva affidata un amico che l’aveva raccolta a Giannutri, dentro una scatola da scarpe. Mio cognato Cecco era direttore dello zoo, la mettemmo accanto alla vasca delle otarie, a cui rubava le sardine. Guarì. Due anni dopo conobbe un maschio selvatico e fecero il nido insieme, tra le rocce».
I loro numerosissimi discendenti, grossi come tacchini e di pessimo carattere, imperversano sui cassonetti della spazzatura.
«Ma che potevo fare? Non me ne sono mai pentito».
E dei cinghiali a spasso per le vie che mi dice?
«Stanno diventando invadenti, attratti dai rifiuti. Colpa dei cacciatori che li hanno importati dall’Ungheria. In campagna mi hanno distrutto le piante di ceci e di fagioli, spianato un intero campo di grano, uccidono lepri e fagiani».
(...)
La sua routine igienica è oramai leggendaria.
«Mi lavo il meno possibile. Con una spugnetta bagnata d’acqua fredda e appena una goccia di sapone. Faccia, ascelle, parti basse».
Su e giù con la stessa spugna?
«Certo, tanto sono pulito. L’acqua è tremendamente preziosa, in Italia ognuno ne spreca 400 litri al giorno».
Bagno in vasca?
«Non serve».
Doccia abolita.
Libero - Fulco Pratesi non fa la donna
«Mai fatta, da quando giocavo a rugby, tutta quest’acqua che cade in testa mi dà fastidio e secondo me fa perdere i capelli, infatti io li ho ancora belli folti».
Lo shampoo è ammesso?
«Uno ogni 10 giorni. Barba una volta al mese, denti con spazzolino appena umido».
Sciacquone a rate.
«Si tira ogni tre pipì, per il resto è concesso. Di che vi stupite? I gorilla non si lavano mai».
Infatti non profumano proprio come fiori di campo.
«L’uomo non è che una scimmia nuda. Un animale sano non puzza. Il mio barboncino Robin fa il bagno ogni tre mesi, per bellezza. Nessuno mi ha mai dato dello zozzone. L’afrore umano non respinge, basta evitare aglio e cipolla. In più non fumo e non bevo».
Niente?
«Nemmeno l’acqua minerale, solo quella di rubinetto, ricca di calcare, tant’è che non mi sono mai rotto un osso».
Il bucato si fa?
«Abbiamo la lavatrice, non siamo mica selvaggi».
Banditi i rigatoni.
«Per cuocerli ci vogliono 11 minuti, meglio spaghetti o capellini, in 5 sono pronti, si risparmia gas. E la scarpetta aiuta: così non serve cambiare piatto; la frutta si mangia in mano, come le scimmie».
Uno sgarro se lo concede?
«Prendo l’ascensore».
Se incontra qualcuno che butta in terra una cartaccia?
«Lo rimprovero. Anche Robin lo sa e abbaia forte».
Chi vive verde vive meglio?
«Sono già in lista d’attesa ma vorrei campare qualche anno ancora. Mangio bene, sto in armonia con il mondo. E la notte faccio sogni bellissimi, sono gratis».
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