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Andrea Tarquini per “la Repubblica”
l'immagine del cancello del campo di dachau senza la targa 'arbeit macht frei
Lo stesso crimine, cinque anni dopo. Nel dicembre 2009 accadde ad Auschwitz, ieri hanno colpito a Dachau. Criminali ignoti hanno divelto e rubato dal portone metallico d’ingresso del più antico ex campo di sterminio nazista, non lontano da Monaco di Baviera, la macabra scritta in metallo battuto “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi, ndr), quella che per disprezzo verso le vittime designate della Shoah i nazisti avevano posto all’ingresso di ognuna delle loro fabbriche della morte e del genocidio.
Sdegno e sgomento delle autorità e dei sopravvissuti si sono fatti sentire immediati, ma anche critiche all’insufficienza di vigilanza e controlli. La polizia indaga in ogni direzione, ma non è chiaro chi siano i profanatori del Luogo della Memoria: se cioè si tratti di neonazisti decisi a insultare le vittime dell’Olocausto e i sopravvissuti e a procurarsi un oggetto da “venerare”, oppure di criminali comuni che sperano di rivendere la targa a caro prezzo a qualche facoltoso collezionista maniaco di reliquie del Terzo Reich.
l'immagine del cancello del campo di dachau prima e dopo il furto della la targa 'arbeit macht frei
«E’ purtroppo una profanazione che segna da noi un’escalation nel livello del crimine contro la Memoria», ha detto sconvolta Gabriele Hammermann, direttrice del museo accanto all’ex Lager, che ne spiega l’atroce storia. «Sono indignato», ha incalzato Max Mannheimer, uno dei sopravvissuti.
Le autorità bavaresi parlano di «atto ignobile » e promettono il massimo impegno nella caccia ai criminali. Ma Herr Mannheimer critica anche l’insufficienza della sorveglianza: Dachau, e specie il portone d’ingresso, sono vigilati da pattuglie che passano a turno 24 ore su 24, ma manca la videosorveglianza. «Si potrebbe fare di più, se pensiamo a quante centinaia di poliziotti vengono impegnati per controllare ogni manifestazione», ha osservato il 94enne superstite alla Shoah.
dachau, rubata la targa 'arbeit macht frei' nel campo di concentramento in germania
Probabilmente, i criminali hanno approfittato del tempo d’intervallo a disposizione tra un passaggio e l’altro delle pattuglie. Certo, dicono gli inquirenti, hanno agito da professionisti: hanno dovuto scalare la porta principale, poi tagliare l’iscrizione, ben pesante in ferro battuto e delle dimensioni di un metro per due, dal portone, poi evidentemente trovare il tempo di caricarla in tutta fretta su un furgone e portarla via. «Non sappiamo se siano neonazisti o collezionisti folli», dicono i portavoce della polizia, lanciando un appello a chiunque abbia visto persone o movimenti sospetti a farsi vivo, al numero d’emergenza 0049 8141 6120.
Dachau fu uno dei primi centri di detenzione nazista, fu aperto nel 1933 poco dopo l’arrivo di Hitler al potere. Vi furono assassinate oltre 40mila persone, in maggioranza ebrei. La profanazione ha un precedente in quella compiuta dal neonazista svedese Andreas Hoegstroem con alcuni camerati e complici locali ad Auschwitz, la fabbrica del genocidio costruita dal Terzo Reich nel territorio della Polonia occupata e dichiarata “governatorato”. Ma in soli tre giorni l’agenzia per la sicurezza interna polacca riuscì a individuare e catturare i colpevoli. Speravano, secondo le loro confessioni, di arricchirsi vendendo la targa di Auschwitz a qualche milionario collezionista. Gli agenti speciali guastarono loro la festa.
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