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Mariateresa Conti per “il Giornale”
franco gabrielli prefetto di roma (3)
Gli anni trascorsi in carcere, otto tra carcerazione preventiva, espiazione della pena e arresti domiciliari, non potranno restituirglieli. Così come nessuno gli restituirà la vita devastata da un calvario giudiziario lungo 25 anni, dall' arresto del '92 sino alla Cassazione del luglio scorso, che ha revocato la condanna in ossequio alla sentenza della Corte europea dei diritti dell' uomo sul concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma il provvedimento con cui il capo della Polizia Franco Gabrielli adesso ha riabilitato Bruno Contrada cancellando la sua destituzione dalla Polizia, per l' ex numero tre del Sisde vale forse anche più di un' assoluzione. Gli restituisce l' onore. Tanto che la prima cosa che Contrada dice è: «Voglio dedicare questa giornata alla Polizia di Stato».
Chiariamo. Gli effetti pratici del reintegro sono pochissimi.
Contrada ha 86 anni, è in pensione da ottobre del 1996. Sì, il decreto di revoca del prefetto Gabrielli, sulla base della sentenza del luglio scorso della Cassazione con cui è stata dichiarata ineseguibile la condanna già espiata per intero, riconosce a Contrada «sia agli effetti giuridici sia agli effetti economici e previdenziali» il periodo in cui ha scontato la pena accessoria dell' interdizione dai pubblici uffici, dal 13 gennaio del 1993 al 30 settembre del 1996.
E dispone che venga riconosciuto all' ex 007 «l' intero trattamento economico, con interessi e rivalutazione monetaria». Ma al di là delle ricadute economiche per Contrada si tratta di una vittoria morale. Una vittoria tardiva, a Natale saranno trascorsi esattamente 25 anni da quel 24 dicembre del 1992 in cui da numero tre del Sisde Contrada si ritrovò in carcere, accusato di collusioni con i boss.
Ma comunque una vittoria, o meglio la cancellazione di quella che Contrada ha vissuto come un' ingiustizia. Ci teneva, l' ex 007, a tornare poliziotto: «Voglio - aveva detto al Giornale a luglio - che sia cancellata la destituzione dalla Polizia. Voglio il riconoscimento del servizio, la restituzione degli oltre 100 encomi che ho ricevuto». E adesso che il reintegro è arrivato è soddisfatto sì, ma ammette: «Certe ferite restano aperte.
Quando mi hanno destituito fu una valanga, come se il mondo mi cadesse addosso, mi rifiutai di firmare. Ora non mi sento di brindare. È un tassello».
Contrada ha subìto un'altalena di 5 processi tra il '93 e il 2007, quando la condanna è diventata definitiva. Solo nel 2014 la Cedu ha sentenziato che il concorso esterno prima del 1994 non era ben configurato, e che quindi il suo processo era ingiusto. La Cassazione ha impiegato altri tre anni per recepirlo, a luglio. Venticinque anni.
Tanti. Troppi per considerarla davvero giustizia.
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