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(ANSA) - "Questa indagine dimostra la notevole capacità economica delle organizzazioni criminali albanesi, che nel traffico di stupefacenti non hanno nulla da invidiare alle mafie tradizionali".
Il dirigente della squadra Mobile di Bologna, Roberto Pititto commenta così l'operazione antidroga, coordinata dalla Dda con il Pm Roberto Ceroni, che ha permesso alla Polizia di smantellare un'organizzazione multi-strutturata che gestiva un 'giro' di spaccio di cocaina e marijuana fra Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia e Piemonte e con ramificazioni anche in Germania, da dove la droga era importata.
Dei 13 arresti, tre sono stati eseguiti in Albania, con il coordinamento della Direzione Centrale Polizia Criminale e della polizia albanese, uno a Dortmund, con la collaborazione della Direzione Centrale Servizi Antidroga e della polizia tedesca. Nel dettaglio, si tratta di 11 misure cautelari firmate dal Gip di Bologna Bruno Pecorella e 2 provvedimenti di fermo che hanno raggiunto 11 albanesi, un marocchino e un algerino. In totale gli indagati sono 22, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti e detenzione di stupefacenti.
Un'importante base logistica era a Savignano sul Panaro, nel Modenese, dove una coppia di coniugi albanesi custodiva ingenti quantitativi di droga che veniva poi spacciata soprattutto sulle piazze di Modena e Bologna, ma anche a Reggio Emilia, Rimini, Cremona, Venezia e La Spezia. Per rifornirsi, i trafficanti non importavano la droga direttamente dall'estero, ma si avvalevano di un altro gruppo di albanesi, con al vertice due fratelli, gravitanti nella zona di Massa e che facevano arrivare lo stupefacente dalla Germania.
I rapporti fra i due gruppi erano gestiti da un soggetto che aveva il ruolo di 'broker', e che è uno degli indagati arrestati in Albania. Un'altra 'cellula' era operativa fra la Lombardia e il Piemonte, in particolare a Milano e in provincia di Cuneo. Una figura di spicco dell'organizzazione, sempre albanese, era conosciuto come 'il Milanese': dal capoluogo lombardo l'uomo teneva i contatti con la Germania ed era anche in possesso di un finto pass giornalistico, rilasciato da una società belga. Questo pass gli aveva permesso, anche durante la pandemia, di viaggiare fino in Equador simulando un'inchiesta giornalistica ma in realtà per cercare accordi per l'importazione dello stupefacente.
Gli investigatori hanno ricostruito che, nell'arco temporale di soli 30 giorni (fra la fine del 2020 e l'inizio del 2021), l'organizzazione aveva fatto arrivare alla base di Savignano circa 14 kg di cocaina, suddivisi in quattro forniture a cadenza di 7-10 giorni ciascuna, droga immediatamente distribuita agli acquirenti. A questi acquisti era corrisposta la movimentazione di somme di denaro superiori ai 350.000 euro.
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