RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Gianluca Nicoletti per “La Stampa”
Uno spiacevole odore di antica muffa perbenista aleggia attorno alla vicenda della preside romana, presunta amante di un suo studente maggiorenne.
Una tendenza a senso unico sembra volere, a tutti i costi, far coincidere l’immagine di quella donna alle professoresse procaci dei filmetti con Alvaro Vitali, di mezzo secolo fa.
Forse dovremmo resistere alla tentazione collettiva di puntare il dito contro “la peccatrice”, solo perché troviamo appagante l’idea che la foto-icona della preside a spalle scoperte, truccata e parruccata, sia già pregna di segnali premonitori una lussuria vorace.
Io ci vedo solo una signora a una festa in famiglia, potrebbero essere le nozze d’argento di un parente, la cresima di un nipote, un capodanno.
Non basta coglierci una lontana somiglianza con Michela Miti, la supplente di Pierino, per affibbiarle d’ufficio la lettera scarlatta.
Questa storia è oramai troppo intrisa di pregiudizio tossico per essere vista con sguardo obiettivo.
Ammesso e non concesso ci trovassimo realmente di fronte a un’aspirante Bovary, una donna che non abbia saputo gestire i suoi desideri d’evasione, si ricordi che nulla di ciò che le è attribuito ha un profilo penale.
Potrebbe avere sbagliato nel lasciarsi coinvolgere dalla passione per un (troppo) giovane uomo, dimenticando il suo ruolo istituzionale, non esiste però prova di questo.
Il caso semmai sarebbe di competenza dell’ufficio scolastico a lei preposto, che potrà intervenire se accerterà infrazioni al regolamento. Nulla che comunque le faccia meritare la condanna preventiva a uno stigma infamante che mai più si leverà di dosso.
Nel caso che i fatti corrispondessero al pettegolezzo, quale è il problema per tutti noi? Potremmo concludere che la preside ha scelto la persona sbagliata per ardire un azzardo passionale così poco socialmente tollerabile.
Alla professoressa Brigitte Marie-Claude Trogneux nel 1993 andò molto meglio, quando avviò una relazione con il suo allievo sedicenne Emmanuel Macron. Oggi è la Première Dame, la sua è stata per il mondo intero una scelta d’amore vero.
In quel liceo invece il giovane coinvolto nel presunto idillio ne ha fatto scempio raccontandolo ai suoi compagni, ai genitori, agli altri professori.
Trovo singolare e veramente desolante la reazione collettiva degli studenti; posso capire che liberarsi di una preside può essere visto anche come un gesto epico, a cui può essere difficile resistere, non capisco però perché non abbiano colto quanto sia parte di un mondo a cui apparentemente si contrappongono, togliersela dai piedi usando l’espediente, arcaico e scellerato, della diffusione di voci sulla sua (sempre presunta) condotta sessuale.
Non è questa la generazione che coalizza proteste e manifestazioni perché una professoressa apostrofa come prostituta una ragazza che balla sul banco con l’ombelico scoperto?
Perché poi si scatena con tanta foga a censurare un’altra professoressa che, proprio per far rabbia a un sistema passatista, potrebbe eleggere a vessillo della libertà di gestire la propria affettività e sessualità?
Davvero faccio fatica a capire perché non sia poi considerato un atto spregevole, come penalmente perseguibile, quando il ragazzo è arrivato a divulgare i messaggi passionali che si sarebbe scambiato con la donna, marchiandola a vita.
Leggiamo ovunque le trascrizioni di quello che la preside avrebbe scritto addolorata quando lui le ha comunicato di voler troncare la storia, perché si era fidanzato.
Tutto dato in pasto a chi non sogna altro che vedere questa donna “giustiziata” per il reato di presunta follia amorosa.
È triste che questo non avvenga in un conciliabolo di beghine, circola invece negli smartphone della Generazione Z, che dovrebbe darci lezioni di spregiudicatezza.
liceo montale via bravettaliceo montale via bravettascritte liceo montale
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