DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - SINTESI
Jena per “la Stampa” - Il comunicato di Autostrade si potrebbe sintetizzare in sei parole: “Scusateci, non l’abbiamo fatto apposta”.
2 - IL GIORNO PIÙ LUNGO DI AUTOSTRADE "CI SCUSIAMO MA NON ABBIAMO COLPE"
Massimo Calandri per “la Repubblica”
Eccoli qui, sono stati di parola: ci hanno messo la faccia. E sono volti cupi, tirati. Lo sguardo sempre rivolto verso il basso, tra imbarazzo e tormento. Giovanni Castellucci è l'ad di Autostrade e Atlantia. Fabio Cerchiai è anche il presidente di Edizione, la cassaforte con cui la famiglia Benetton controlla Atlantia e Autostrade. «Una delle giornate più difficili della nostra vita». Prima la presenza discreta ai funerali di Stato, mischiati alle autorità però il più lontano possibile dalla folla che probabilmente non li riconoscerebbe nemmeno. Restano in silenzio, rigidissimi.
Inavvicinabili, circondati dagli uomini della sicurezza. Ci sono, ma vorrebbero non esserci in quel posto. Qualcuno giura di averli visti commuoversi all' arrivo delle bare. Poi l'uscita veloce dal padiglione della Fiera. Si infilano nelle loro macchine blu per andare a preparare l' incontro con i giornalisti dopo troppi giorni di silenzio.
FABIO CERCHIAI E GIOVANNI CASTELLUCCI
A metà pomeriggio conferenza stampa, non nella sede della Regione, come previsto in un primo tempo, ma in un albergo del centro, la hall presidiata dagli uomini della Digos: «Non è semplice trovare le parole», esordisce Cerchiai con un filo di voce. Alla fine parlano per un' ora, 3 minuti e 29 secondi. Quasi uno sfogo liberatorio: presentano il progetto «per alleviare il dolore di Genova», e chiedendo scusa.
Scusa, sì. Ma solo per il silenzio di questi giorni, non per il crollo del viadotto: «C' è un' inchiesta in corso, vedremo di chi sono le colpe». Le gambe intrecciate sotto il tavolo, la gola secca dal disagio nonostante i tanti bicchieri d' acqua bevuti. Si congedano dai giornalisti con una scenetta esemplare di quanto siano frastornati, timorosi: lasciano la sala per un' uscita secondaria e un cameraman urla "Seduti!". L'invito è chiaramente rivolto agli altri cronisti, ci sono le ultime riprese da fare: ma i due, preoccupati, tornano indietro.
FABIO CERCHIAI E GIOVANNI CASTELLUCCI
Ubbidiscono. Poi si rendono conto dell'equivoco, scivolano via con un sorriso amaro.
«Sono arrivato a Genova dalle 4 di martedì pomeriggio. Mettendomi subito a disposizione per capire come fare ad alleviare gli effetti di questa tragedia». Castellucci racconta che le parole pronunciate dal cardinale Angelo Bagnasco («È uno squarcio nel cuore della città, ma Genova non si arrende») continuano a rimbombargli nelle orecchie. Esprime «vicinanza, compassione per le vittime e i loro parenti». «Uno strazio che porteremo sempre nel cuore».
Scusate, ripete più volte. «Non siamo stati capaci di far sentire la nostra vicinanza alla città. Ma in quel momento stavamo lavorando». Deglutisce, beve un altro bicchiere. «Noi possiamo e dobbiamo dare molto a Genova. Alleviare in maniera concreta gli effetti di quanto è accaduto. Aiutarla a rialzarsi».
I Benetton sono «naturalmente» d'accordo, precisa Cerchiai a chi gli chiede il ruolo della famiglia veneta. Che in una breve nota ha spiegato come il «pranzo organizzato a Cortina a Ferragosto, il giorno dopo la tragedia di Genova, non era una festa ma un incontro per commemorare uno dei fratelli, Carlo, recentemente scomparso». «Siamo pronti a lavorare da lunedì, se ci danno l'autorizzazione».
GIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAI
Il progetto lo spiega Castellucci: che parla di 8 mesi per tirare su un nuovo ponte in acciaio. Poi un fondo sostanzioso per le emergenze immediate e quelli che dovranno lasciare le loro case. Non vorrebbe parlare di cifre per «questioni di sensibilità, visto il momento». Cerchiai gli lancia uno sguardo e allora: «Si arriva velocemente al mezzo miliardo, ma non è questo il punto».
Partono le domande. Un calvario in cui è quasi sempre lui, Castellucci, a reggere la croce. Ad un patto: «Del rapporto tra Autostrade e il governo parleremo un'altra volta». Un giornalista inglese, sbalordito: "Ma davvero non volete scusarvi per il crollo?". «Uno chiede scusa quando si sente responsabile. Lasciamo che sia la magistratura ad accertare la verità».
GIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAI
Ancora un po' d' acqua, prego. «Il ponte Morandi era un 'very specific bridge', un ponte molto particolare: ma 'safe', sicuro». E sicuri sono tutti gli altri ponti delle Autostrade. «Ciò premesso, ho chiesto comunque di fare una serie di analisi e verifiche. È il momento di avere un eccesso di cautela, e di spendere qualcosa in più». Castellucci pare stremato, Cerchiai lo sostiene: «Abbiamo lavorato insieme per 10 anni, conosco bene Giovanni: il nostro interesse è che resti al suo posto». L'altro lo ringrazia con un cenno del capo, sempre più pallido.
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