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TRENTACINQUE ANNI DA UN DELITTO E ANCORA SI BRANCOLA NEL BUIO – IL GIUDICE HA RESPINTO LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE PER IL DELITTO DI SIMONETTA CESARONI, UCCISA NEL 1990 IN VIA POMA, A ROMA: PER LA GIP, CI FU L’INTERVENTO DI “POTER FORTI” CHE INQUINARONO LE INDAGINI NON SOLO PER PROTEGGERE L’ASSASSINO, MA ANCHE L’UFFICIO IN CUI VENNE AMMAZZATA LA RAGAZZA E IN CUI ERANO CONSERVATI DOCUMENTI RISERVATI DEI SERVIZI SEGRETI – IL MAGISTRATO HA CHIESTO CHE VENGA SENTITO CARMINE BELFIORE, EX QUESTORE DI ROMA, E SERGIO COSTA, EX 007 E GENERO DELL’ALLORA CAPO DELLA POLIZIA VINCENZO PARISI

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Estratto dell’articolo di Giacomo Galanti e Giuseppe Scarpa per www.repubblica.it

 

SIMONETTA CESARONI

Si voleva proteggere l’ufficio di via Poma e non soltanto l’assassino. Nell’appartamento in cui fu uccisa Simonetta Cesaroni il 7 agosto 1990, secondo la gip di Roma, c’erano documenti riservati dei servizi segreti. E su quelle carte investigatori e pubblici ministeri non dovevano metterci le mani. È questa la tesi della magistrata Giulia Arcieri che ha respinto la richiesta di archiviazione della procura capitolina, dando indicazioni molto precise su come procedere: grande attenzione sull’intervento di “poteri forti” nelle vecchie indagini inquinate.

 

IL PALAZZO DI VIA POMA 2 DOVE E MORTA SIMONETTA CESARONI

In particolare la giudice chiede ai pm che venga fatta piena luce sugli 007, sulle inchieste passate e anche sul celebre colpo di Massimo Carminati al caveau della cittadella giudiziaria del 1999. Tante le persone che la procura dovrà sentire, vecchi protagonisti e soggetti mai ascoltati prima. Tra questi ci sono anche Carmine Belfiore, ex questore di Roma e numero due della polizia, e Sergio Costa, ex 007 e genero dell’allora capo della polizia Vincenzo Parisi. Scambiato, per una svista da parte della gip, con l’attuale vicepresidente della Camera: «Un omonimia», dice lui. «L’agente citato dalla gip non sono io».

 

simonetta cesaroni

Insomma, sono passati quasi 35 anni ma il mistero continua a infittirsi. La gip parte dalla controversa figura dell’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, il defunto presidente degli Ostelli che abitava a due passi da via Poma. Mai sfiorato dalle indagini, Caracciolo nel 1992 è protagonista di un appunto della Digos, firmato da Belfiore, in cui si mette in discussione l’alibi da lui fornito oltre a riportare alcune indiscrezioni sulla sua personalità e sulle «reiterate molestie arrecate a giovani ragazze». Episodi, scriveva sempre l’attuale vicecapo della polizia, allora alla Digos, che seppure a conoscenza di molti non sarebbero mai stati denunciati grazie anche ad «amicizie influenti».

il delitto di via poma

 

Ecco, la gip mette l’accento sui «poteri forti». Scrivendo che «appare del tutto verosimile che sin dall’inizio le indagini siano state inquinate per proteggere soggetti e/o interessi dei servizi segreti (...) come le persone in rapporti con l’Aiag», ovvero l’ufficio degli Ostelli dove lavorava la vittima.

[…] In procura dovranno sfilare tutti i colleghi e i datori di lavoro della vittima per spiegare ancora una volta le incongruenze su alibi e dichiarazioni rese in passato.

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