RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Giordano Tedoldi per www.liberoquotidiano.it
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Colpi classici, che più classici non si può, e in serie: venticinque negli ultimi cinque mesi. Li metteva a segno un duo di rapinatori, quasi sempre nei supermercati milanesi, di quelli aperti anche di notte, solo in un'occasione si sono concessi di derubare anche un "compro oro". Ieri sono stati arrestati dagli agenti dell'Antirapine della Squadra mobile due italiani di 38 e 33 anni.
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Il loro modus operandi era fotocopiato: uno restava fuori in macchina, una BMW intestata alla compagna (risultata estranea ai fatti), col motore acceso, l'altro entrava nel supermercato fingendosi un cliente qualunque, indossando cappellino, maschera chirurgica e scaldacollo, solo che dopo aver messo qualche prodotto sul nastro come per un normale acquisto, alla cassa, anziché pagare, tirava fuori fulmineo una pistola semiautomatica Glock dalla tasca posteriore dei pantaloni e la puntava brutalmente al cassiere che, terrorizzato, gli consegnava il denaro o lasciava che quello lo arraffasse indisturbato.
È abbastanza sconcertante che con un sistema tanto semplice quanto efficace, i due abbiano potuto mettere a segno ben venticinque rapine prima di essere fermati, e chi, ultimamente, ha segnalato che a Milano esiste un problema di ordine pubblico, di sicurezza e legalità, aveva indubbiamente buoni motivi per farlo.
Il fatto è che Milano, in rapporto alla questione della criminalità, ha attraversato varie fasi, quasi diverse epoche. Un tempo dominava la mala, il "milieu" come dicono i francesi, insomma le bande a mano armata, preferibilmente di mitra. Era la Milano nera che ha ispirato giallisti come Scerbanenco, registi come Di Leo, quella di uomini perduti, ma con un loro perverso codice d'onore, a volte ricercati nei modi, nel parlare, nel vestire, frequentatori di locali notturni e contigui a certi personaggi dello spettacolo, in un miscuglio che, nella fitta nebbia, confondeva il bene e il male, chi rigava dritto e le mele marce.
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In seguito quel tipo di malavita è divenuta materia di rievocazione nostalgica, ed è stato allora che, a Milano, "criminale" è diventato un epiteto soprattutto affibbiato a una certa classe politica, negli anni di Mani Pulite e Tangentopoli. Sembrava, allora, che il finanziamento illecito dei partiti, la corruzione degli amministratori lottizzati, insomma la piovra della politica avesse il monopolio di tutta l'illegalità milanese, e non c'era giorno in cui un politico, o anche più di uno, non venisse arrestato o messo sotto inchiesta.
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Di fronte a quell'emergenza parvero spariti anche i borseggiatori, i rapinatori, e ogni altra sorta di criminali. Ai media non interessava raccontare di questo o quello scasso, di questa o quella aggressione, ma solo del prossimo potente caduto nel fango. E ora che quella stagione di lotta alla corruzione politica va lentamente scolorendo, restando come importante capitolo della nostra storia recente, l'attenzione ritorna alle strade insicure, alle ragazze stuprate dopo la notte in discoteca, al giovane violentatore, arrestato pochi giorni fa, che puntava le sue prede e le inseguiva in monopattino, e anche ai nuovi rapinatori che rispolverano i sistemi di una volta, con uno che agisce e l'altro a fare il classico "palo"; i metodi criminali di quando Milano, appunto, era la capitale delle rapine, degli scippi, dei cittadini che non si sentivano protetti mentre la polizia non riusciva a fronteggiare la marea malavitosa.
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Certo, abbiamo anche ragioni per gioire: dopotutto i criminali seriali detti del "Local Express" sono stati acciuffati dopo cinque mesi, anche se in poco tempo hanno potuto fare molti danni.
Ma può essere utile domandarsi se, agli alti livelli delle istituzioni cittadine, si abbia la percezione che oggi, a Milano, l'emergenza in materia di legalità non è come negli anni Novanta la bustarella ricevuta dal politico (tema sul quale, beninteso, bisogna sempre tenere alta la guardia) ma gli esercizi commerciali, le strade, le notti, i parchi.
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Perché se c'è chi si azzarda a mettere segno dei colpi all'antica, con dinamiche da film poliziottesco di una volta, forse è perché intuisce un punto debole, una falla nel sistema di controllo e legalità. E il fatto che a delinquere siano pesci piccoli, gruppetti a volte nemmeno sufficienti a costituire una banda, non deve indurre a prendere il tutto alla leggera, perché saranno pure pesci piccoli, ma pesci con la semiautomatica, e allora finora è andata bene (nel senso che nessuno si è fatto male) ma un'altra volta chissà.
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