DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Nicola Pinna e Grazia Longo per La Stampa
L’ispettore Marco Gigliotti, matricola ER432, nell’organico della Polizia postale non esiste. E di certo non poteva essere un poliziotto uno che aveva organizzato una truffa così spietata: un piano di estorsione on line che ha avuto decine di vittime e che ha portato all’esasperazione, fino al suicidio, un quarantenne sardo che aveva navigato su siti di incontri per omosessuali.
Il finto ispettore agiva dal Piemonte e si era creato un’ampia rete di collaboratori tra il Torinese, la provincia di Vercelli e diverse altre regioni. Il sistema funzionava sempre allo stesso modo: attraverso i classici siti di annunci l’organizzazione sceglieva le proprie vittime, le studiava e poi le contattava. Raccontando una clamorosa bugia: l’esistenza di denunce e indagini che potevano essere facilmente archiviate con il pagamento di una sanzione. Cifre varie, fino a raggiungere anche i ventimila euro. Ci cascavano tutti e tutti pagavano. Anche perché era prevista persino una parte coreografica, con tanto di finte pattuglie in borghese che si presentavano a casa delle vittima per ritirare il denaro.
In carcere è finito il finto ispettore che nella realtà si chiama Simone Atzori, 40enne di origine sarda ma residente a Torino. Insieme a lui in cella anche Francesco Reina, pluripregiudicato originario di Catania ma residente a Torino, considerato uno dei promotori dell’organizzazione. Agli arresti domiciliari ci sono Marco Mannai, 25 anni di Livorno Ferraris (Vc); Cristian Pacella, 21enne anche lui di Livorno Ferraris; Mario Puorro, 49enne torinese; Eugenio Brunelli, 39enne di Villareggia; Maurizio Virrusso, 43enne catanese; Bruno Pacino, 31enne di Caselle Torinese; Gerardo Farabella, 22enne di Bianzè (Vc); Annunziata Presici, 24enne di Volpiano; Patrizia Nicolella, 40enne di Bianzé; Teresa di Marco, 32enne torinese e infine Sabina Garabello, 35 enne anche lei di Torino. Il Gip ha ordinato poi tre obblighi di dimora nei confronti di Salvatore Braconaro, 22enne torinese, Massimo Reina, 53enne di Bianzé e Ajijus Alijev, 21enne residente a Torino.
L’inchiesta dei carabinieri del comando provinciale di Nuoro è iniziata nel 2017 e si è conclusa oggi: gli indagati sono 21 ma in 16 sono stati arrestati (2 in carcere e 14 ai domiciliari). Tutti accusati di truffa ed estorsione e in un caso anche di morte come conseguenza di altro reato.
Per la storia drammatica di un quarantenne della città sarda che aveva deciso di togliersi la vita per non aver retto alla persecuzione organizzata ai suoi danni da questa banda. Gli avevano fatto credere che esistesse un’inchiesta a suo carico per annunci a sfondo sessuale, dopo che aveva frequentato siti web dedicati a incontri omosessuali, e per questo lui aveva già pagato 5 mila euro. Ma i soldi non erano stati sufficienti e, temendo che la notizia venisse diffusa sul posto di lavoro, l’uomo aveva deciso di farla finita.
Da lì è partita l’indagine della procura di Nuoro e si è scoperto che le vittime della banda sardo-piemontese erano tantissime. Almeno 600 persone sono state contattate, ma in 45 casi i carabinieri hanno ricostruito nel dettaglio il raggiro e l’estorsione. Nel mirino dell’organizzazione coordinata dal finto ispettore finivano soprattutto inserzionisti piemontesi, che ovviamente erano più facilmente raggiungibili e ricattabili.
La storia delle multe e delle indagini che si possono archiviare pagando una somma sempre diversa era già inverosimile, ma nonostante i tanti appelli lanciati dalle forze dell’ordine (quelle vere) per evitare queste trappole in tantissimi ci sono cascati. Una ragazza è stata bloccata dai carabinieri davanti al bancomat mentre faceva un bonifico sulla carta di credito prepagata della banda. Finché non ha incontrato i militari in divisa non si era mai fatta venire il sospetto di essere finita sotto le grinfie di un gruppo di delinquenti senza scrupoli.
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