
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
A cura di Roberta Mercuri per “il Foglio del lunedì”
Giovedì sera un gruppo di sudamericani (tra cui una ragazza) si trovava nella prima carrozza del treno S14 del passante ferroviario proveniente da Expo e diretto alla stazione di Milano Rogoredo, periferia Sud. Mentre il treno entrava nella stazione di Villapizzone, Carlo Di Napoli, 32 anni, originario di Foggia, sposato, una figlia di cinque mesi, controllore di Trenord in servizio, insieme a un collega fuori servizio ma che in quel momento si trovava sul convoglio, ha chiesto di vedere i biglietti.
Solo uno era in regola con il titolo di viaggio. Alcuni ragazzi sono fuggiti, mentre i due controllori sono riusciti a bloccarne quattro o cinque. A quel punto uno di loro, il salvadoregno Josè Emilio Rosa Martinez, 19 anni, già padre di un bambino di sei mesi, ha tirato fuori il machete appeso alla cintura, mimetizzato dai pantaloni oversize, e si è scagliato contro il controllore.
Al capotreno ha quasi tranciato di netto il braccio sinistro: per salvarlo è servita un’operazione chirurgica durata tutta la notte (riesce già a muovere le dita ma ci vorranno settimane per accertare che tutte le funzioni vitali siano state riattivate). L’altro ferroviere, il 31enne Riccardo M., se l’è cavata con un taglio da ventidue punti in fronte [1].
Tre i fermati, tutti affiliati alla Ms-13, i Mara salvatrucha, gang latina nata in America centrale che l’Fbi considera la “pandilla” più pericolosa al mondo: oltre a Rosa Martinez, il ventenne Jackson Jahir Lopez Trivino, ecuadoriano, permesso di soggiorno scaduto da poco, soprannominato Peligro (Pericolo), arrestato due anni fa e giudicato dal Tribunale dei minori perché i fatti contestati risalivano al periodo in cui non era ancora maggiorenne, e il diciannovenne salvadoregno Alexis Ernesto Garcia Rojas detto Smoking perché fuma di continuo. Sono accusati di tentato omicidio in concorso [2].
Peligro era sul treno senza biglietto e senza documenti in regola: ecco perché Josè Emilio Rosa Martinez avrebbe attaccato il controllore. «Quello stava strattonando “Peligro”, dovevo difenderlo» [3].
Rosa Martinez: «Avevamo bevuto vodka in un parco, poi abbiamo preso il treno del Passante alla stazione Certosa. Il machete? Lo porto con me per difendermi, non sai mai chi puoi incontrare... » [4].
La guerra delle pandillas sudamericane a Milano è un conflitto mai sopito nonostante più di 300 arresti. Ragazzi sempre armati: mannaie, coltelli, ma anche pistole. I simboli delle gang disegnati sui muri dei quartieri. La banda dei tre arrestati aveva base ad Affori, vicino al parco di Villa Litta [5].
La catena di violenza di quella banda: 20 maggio 2010, lesioni aggravate contro «Vampirin » (punizione interna alla stessa pandilla); 23 agosto 2010, tentato omicidio di «Drupin» (dei rivali Ms-18); 12 settembre 2010, tentato omicidio di «Tito» e «Caramelo» (altri rivali, i Chicago); 9 gennaio 2011, rapina e tentato omicidio di «Muerto» (dei Neta). E poi una serie di pestaggi, rapine in metrò, liti e spedizioni punitive in parchi e discoteche di musica latino-americana [3]. Il capotreno Carlo Di Napoli: «Abbiamo chiesto i biglietti, ci hanno detto di no. Abbiamo capito che erano ubriachi, e abbiamo deciso di allontanarci. Ci sono venuti dietro e ci hanno aggredito alle spalle. Ho visto Riccardo a terra: ho tentato di andare verso di lui, e ho sentito un colpo al braccio » [6].
Reazioni della destra dopo l’aggressione. Berlusconi: «Sono sotto shock, ci vuole l’esercito, il governo dov’è?»; Maroni: «Mettiamo militari e polizia sui treni, se è necessario sparare, si spari»; Meloni: «La Milano di Expo è fuori controllo»; l’assessore regionale Beccalossi: «Penso alla legge del taglione»; Bergamini: «Milano come il Bronx»; Salvini: «Sembra di essere a Calcutta» [7].
I seicento agenti della polizia ferroviaria (ne servirebbero un centinaio in più) devono sorvegliare ogni giorno 150 convogli di Trenitalia e 2.100 regionali di Trenord. Dalle 19 alle 7, per ammissione di macchinisti, capotreni e controllori ugualmente flagellati da pesanti carenze d’organico, scatta l’orario della paura. I macchinisti erano due e son diventati uno; anche i controllori giravano a coppie e ora vanno in solitudine; contenziosi su chi debba pagare il servizio hanno impedito la nascita di un efficiente sistema di vigilanza affidato alle guardie [8].
Aggressioni ai dipendenti delle Ferrovie nel 2014: 309 (80 in più dell’anno prima). Nei primi cinque mesi del 2015: 140. Stranieri responsabili delle violenze (nel 2015): 54, contro i 41 italiani [9].
Poletti: «Di violenze sui treni oramai ce n’è un catalogo guardando solo agli ultimi anni: le botte al capotreno sulla Milano- Rho qualche anno fa, gli spintoni sulla Treviglio-Novara per i troppi ritardi, i calci e pugni al controllore, da due usciti dalla discoteca e arrivati in Centrale senza biglietto, le catenate a un macchinista a Lodi, l’immigrato che a Villapizzone cerca di strangolare una capotreno, i pugni a un altro a Cesano Maderno e le bottigliate a un macchinista sulla Varese-Milano. Solo nei primi 6 mesi del 2015 Trenord ha calcolato 18 aggressioni fisiche e 26 violente minacce verbali. Ma naturalmente ci sono tutti i casi più lievi che non vengono nemmeno denunciati» [10].
Adriano Coscia, capotreno che dopo 33 anni di servizio a fare su e giù sulle linee della Nord da Milano a Voghera, porta a casa per 38 ore di lavoro 1.800 euro al mese più gli straordinari: «Io non sono un carabiniere. Sono un capotreno. Ho la responsabilità di tutti i viaggiatori e devo pure stare attento alla mia pelle. E sa cosa dico? Che in certe condizioni io il biglietto non lo chiedo più. Se vogliono viaggiare gratis lo facciano» [10].
Andrea Galli: «Le stazioni sono diventate luoghi di spaccio di droga. A volte di scontri tra bande sudamericane. I controllori ricevono sputi in faccia, insulti, spintoni, schiaffoni, pugni, fin quando non incontrano gente con un machete. I vagoni subiscono devastazioni ai sedili e ai finestrini. Le donne che prendono i treni dal tardo pomeriggio in avanti, se possibile, si raccomandano a casa che qualcuno le aspetti direttamente sulla banchina, che si raggiungono camminando per centinaia e centinaia di metri senza incontrare negozi e spazi pubblicitari» [8].
Benny Casadei Lucchi: «L’altra sera ero sul treno successivo a quello della gang con il machete. Dopo mezzora fermi in mezzo al niente ad aspettare di ripartire ho picchiato forte su quella porta blindata. Volevo capire. È uscito il controllore. “Siamo fermi perché ci sono le ambulanze a Villapizzone. Hanno accoltellato due miei colleghi” mi ha detto lei. Bianca come un lenzuolo» [11].
«Il treno è come la strada, può salire di tutto» (detto che circola tra i ferrovieri) [12].
JACKSON LOPEZ TRIVINO DETTO PELIGRO
Note (tutte del 13/6):
[1] Tutti i giornali;
[2] Cesare Giuzzi Corriere della Sera e Davide Milosa, il Fatto Quotidiano;
[3] Gianni Santucci, Corriere della Sera;
[4] Cesare Giuzzi Corriere della Sera e Massimo Pisa, la Repubblica;
[5] Cesare Giuzzi, Corriere della Sera;
[6] Alessandro Corica, la Repubblica;
[7] Massimo Pisa, la Repubblica;
[8] Andrea Galli, Corriere della Sera;
[9] la Repubblica;
[10] Fabio Poletti, La Stampa;
[11] Benny Casadei Lucchi, il Giornale;
[12] Piero Colaprico, la Repubblica.
JOSE EMILIO ROSA MARTINEZ - IL RAGAZZO CHE HA AGGREDITO IL CAPOTRENO COL MACHETE
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