"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Mattia Feltri per “la Stampa”
Ieri, nella Giornata mondiale della libertà di stampa, Roberto Saviano ha consegnato a un'intervista col nostro giornale tutta la sua preoccupazione per un governo che, secondo lui, quella libertà se la sta mettendo sotto ai tacchi. Ne sono testimonianza le querele a suo carico di Giorgia Meloni e Matteo Salvini e, alla domanda se l'andazzo non fosse cominciato con la causa intentata da Massimo D'Alema a Giorgio Forattini, Saviano ha risposto di no, perché "D'Alema quando andò al governo la ritirò". Non è proprio così.
D'Alema era presidente del Consiglio quando, nel novembre del '99, chiamò Forattini in giudizio civile. Per una vignetta, gli chiese un risarcimento di tre miliardi di lire. Tre miliardi. Per una vignetta. Mica male come intimidazione da parte del potere. Poi il processo cominciò sempre con D'Alema a Palazzo Chigi e soltanto mesi dopo la questione fu chiusa con un biglietto di scuse di Forattini.
Non lo dico per il gusto di correggere una piccola inesattezza, sebbene sostanziale, ma perché ieri è uscita l'annuale graduatoria sulla libertà di stampa di Reporter sans frontières. Come da tradizione, non siamo messi bene: 44esimi, dieci posizioni più in su di un anno fa, ma tre più in basso rispetto al 2021. Come è noto (e forse non abbastanza) la nostra grama classifica dipende in buona quota dalle pene detentive previste dalla diffamazione, caso pressoché unico nell'occidente liberaldemocratico, e dall'abnorme quantità di querele mosse a scopo intimidatorio. Quindi sì, ha ragione Saviano: la libertà di stampa in Italia è incompiuta. Con Giorgia Meloni, e da molto prima di Giorgia Meloni.
Vignetta di Forattini su massimo d alemaFORATTINI D ALEMA 77MATTIA FELTRI roberto saviano
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