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I CASAMONICA? SONO UN MODELLO DI SVILUPPO MALAVITOSO - IL CLAN DOSA SOLDI, VIOLENZA E RELAZIONI INSOSPETTABILI - QUARTIERE DOPO QUARTIERE, DA ROMANINA A TOR BELLA MONACA, QUANDO SORGONO I PALAZZI LORO SONO GIÀ LÌ, PRONTI A IMPORRE LA LORO LEGGE VIOLENTA - SONO STATI COMPLICI DELLE SPECULAZIONI IMMOBILIARI, COME QUELLA CHE PERMISE A ENRICO NICOLETTI, IL CASSIERE DELLA BANDA DELLA MAGLIANA, DI REALIZZARE L'UNIVERSITÀ DI TOR VERGATA…
Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
Una metropoli e una famiglia, unite da vite parallele. Più cresce il degrado della prima, più aumenta la potenza della seconda. Non è la trama di un romanzone ottocentesco, ma l'epopea di quella che i magistrati considerano l' ultima mafia romana: i Casamonica. Floriana Bulfon, cronista che ne ha raccontato i misfatti sulle pagine di Repubblica e de L'Espresso, affronta la saga del clan in un volume edito da Bur-Rizzoli: Casamonica. La storia segreta.
«Tutti li conoscevano, tutti li hanno guardati con il sospetto riservato ai popoli rom: sorvegliati speciali dalle polizie sin dalla notte della Storia, in quella periferia sono rimasti invisibili. Sono stati confinati ai margini della società eppure ne sono diventati i padroni.
Un miracolo che affonda nel mistero di Roma, nelle radici della sua decadenza contemporanea: sono fiori del male spuntati nel degrado fisico e morale della Capitale».
Quartiere dopo quartiere, da Romanina a Tor Bella Monaca, quando sorgono i palazzi loro sono già lì, pronti a imporre la loro legge violenta. Spesso sono stati complici delle speculazioni immobiliari, come quella che permise a Enrico Nicoletti, il cassiere della Banda della Magliana, di realizzare l'università di Tor Vergata: l'apoteosi della commistione fra mafia e politica capitolina.
Sbagliato fermarsi al folklore, ai lussi cafoni e allo sfarzo delle ville: i Casamonica sono un modello di sviluppo malavitoso, basato sulla diffusione di un brand - termine usato dagli stessi magistrati - creato da "Zio Vittorio", il patriarca a cui venne tributato il funerale trionfale con carrozza ed elicottero. «Per i Casamonica il fatto che lo zio Vittorio avesse avuto rapporti con la Magliana era motivo di vanto, dimostrava il loro potere e la loro forza», ha messo a verbale Debora Cerreoni, la donna che ha rivelato le dinamiche del clan.
Bulfon decifra come la famiglia abbia sempre maneggiato con cura gli elementi chiave del potere a Roma, dosando i soldi, la violenza e le relazioni insospettabili. «Dietro Nicoletti e i Casamonica c' è tutto il generone romano che ha finito per fruire dei bassi o alti servizi di questi gentiluomini: inclusi finanziamenti illeciti ai politici e interventi nelle partite elettorali.
Insomma, era l' intimidazione generale degli ambienti», ricorda Otello Lupacchini, il primo giudice istruttore a svelarne le trame.
Leggendo questo volume si capisce quanto a lungo il problema sia stato sottovalutato, permettendo al clan di trasformarsi in una mafia - questa la contestazione dei pm - capace di controllare parte del territorio, investire milioni di euro, importare tonnellate di cocaina e stringere accordi con narcos colombiani. Tutte le strade portano a Roma e lì i Casamonica si sono dimostrati per decenni gli interlocutori più affidabili di ogni cosca italiana o straniera. Solo l'arrivo del procuratore Giuseppe Pignatone, che scrive la prefazione del libro, ha permesso alle istituzioni di dare una risposta sistematica e colpire la famiglia con arresti e sequestri. Ma la sola repressione è inutile: «C'è la necessità di restituire dignità a una moltitudine oppressa dalla crisi economica e dalla carenza di servizi, che qui più che altrove ha smesso di credere nel futuro».
Questa convinzione nasce dal metodo con cui Floriana Bulfon ha affrontato la sua ricerca: si è immersa nei territori dove i Casamonica spadroneggiano. È riuscita in passato a farsi aprire la porta del loro quartiere generale di Porta Furba, ha abitato in una delle piazze di spaccio di Tor Bella Monaca, si è allenata nelle palestre del clan e ha conquistato la fiducia di tanti abitanti delle nuove borgate dove troppo raramente i giornalisti si avventurano.
Nonostante le minacce, ne ha fatto una missione e, da friulana, una sorta di atto d' amore verso quella romanità pasoliniana. Ed è così che è riuscita a rivelare l' aggressione del Roxy Bar, il brutale pestaggio del gestore e di una donna disabile da parte di due esponenti dei Casamonica.
Una testimonianza e un video pubblicati su Repubblica che hanno scosso l'Italia: «Quella ferocia finisce sotto gli occhi dell' intero paese, si impone nei titoli dei tg. Nessuno può negare, nessuno può chiudere gli occhi. E la città si risveglia, esce da un torpore troppo lungo e mostra cosa significa coscienza civile».
Il presidente Mattarella ha nominato cavaliere la barista che ha avuto il coraggio di denunciare i Casamonica: è una cittadina romena, mentre tanti italiani ripetono che il clan non è un pericolo. E, tra crisi economica e crollo dei servizi pubblici, la maggioranza degli abitanti di quei quartieri desolati pensa solo a sopravvivere.
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