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Alba Solaro per “il Venerdì di Repubblica”
Sarcelles è il loro Bronx. Quando era stato creato nel dopoguerra, questo sobborgo di muraglie di palazzoni tutti uguali, a pochi chilometri da Parigi, era un dignitoso piccolo laboratorio di convivenza multietnica tra algerini, tunisini, africani, ebrei, indiani, caraibici. Poi il tempo, la miseria, le politiche sociali della destra di Chirac e Barre, ne hanno fatto un quartiere dormitorio desolato e violento.
Palazzoni e passerelle
Nell'immaginario di Laurent e Larry Nicolas Bourgeois è lo stesso che essere nati nel ghetto di Compton a Los Angeles; esci di casa e non sai se ci tornerai, raramente vai oltre la scuola media, facilmente finisci in galera. Da Compton molti sono scappati grazie al rap, da Sarcelles lo si fa spesso facendo i calciatori, ma nessuno prima di loro due era riuscito a "fuggirsene" ballando.
Gemelli omozigoti, praticamente indistinguibili, Larry e Laurent sono universalmente noti come Les Twins; autodidatti, classe 1988, ultimi di nove figli tutti tirati su senza aiuto dalla madre originaria della Guadalupa, sono diventati delle star internazionali di quello che viene definito "new style".
Che poi altro non è che l'hip hop, evoluzione della break dance che i ragazzini degli anni Ottanta praticavano in strada, un pezzo di cartone a fare da pista per le loro sfide acrobatiche. I Les Twins ne hanno fatto un'arte che li ha scaraventati dai marciapiedi agli spettacoli con Beyoncé (unici ballerini maschi del suo corpo di danza), con Jay-Z e Missy Elliott. Nel 2017 si sono portati a casa un milione di dollari per aver vinto il contest tv World of Dance prodotto da Jennifer Lopez.
Alti come giocatori di basket, coi loro capelli afro hanno sfondato anche nella moda, sulle passerelle di Jean Paul Gaultier, nelle campagne per Givenchy, Adidas, Diesel. E alla fine è arrivato anche il cinema, in Men in Black: International (2019) sono i due gemelli alieni mutanti in grado di passare dallo stato solido a quello liquido.
Che poi è esattamente la sensazione che danno quando li vedi ballare. A volte i loro corpi sembrano rimbalzare su invisibili cuscini d'aria; giocano, improvvisano, passano dal naturale al meccanico definendo lo spazio intorno a loro e costruendo un dialogo quasi telepatico tra i due corpi. Gli piace dire che loro non hanno imparato nulla, «siamo nati così, è un dono di Dio». E ballare un certo pezzo di musica per loro equivale a «far vedere quel pezzo di musica», tradurlo in immagini, letteralmente.
Salendo di gradi
L'ultima avventura artistico-commerciale li ha portati da Parigi alle vigne del Cognac, nello Château di Bagnolet che è la storica residenza della maison Hennessy fondata nel Settecento da un ufficiale irlandese. Hanno ballato tra le botti e gli alambicchi in rame della distilleria: «Mai fatta un'esperienza simile», si entusiasmano in coro via Zoom.
Il tutto è stato girato in Realtà Virtuale ed è parte di una collaborazione più complessa del solito (il brand francese da anni stringe alleanze con esponenti della street art), riassunta dai due gemelli nel concept Move Out Loud. «Abbiamo messo insieme musica, danza, video, stile», che si traduce in una speciale bottiglia Hennessy VS in edizione limitata; una capsule collection di moda disegnata dai gemelli insieme allo stilista Stéphane Ashpool «camicie asimmetriche, bomber, pantaloni, tutto sarà unisex, niente maschile o femminile».
Non ultima la musica: «Abbiamo inciso un pezzo, Mirror, il primo che Hennessy abbia mai pubblicato, sarà il primo liquore al mondo ad avere la sua musica sulle piattaforme streaming». La naturalezza con cui i due navigano tra esperienze artistiche e marketing insegna come la street culture si sia fatta largo fino a diventare linguaggio dominante, e come loro stessi siano diventati dei personaggi: quanti altri ballerini conoscete, che si siano fatti un nome in un mondo che mette sotto i riflettori i musicisti, i rapper, al limite i produttori?
Da ragazzino Larry avrebbe voluto diventare un cuoco, ma Laurent, che per ballare ha lasciato la scuola a 15 anni, lo ha convinto a seguirlo; credeva in sé e forse anche nell'intuizione che due corpi uguali in scena hanno ben altra forza. «In ogni caso noi non siamo danzatori» ribatte Larry. «Siamo artisti. Un ballerino è anche performer, atleta, fashion stylist. Ci piacerebbe farlo capire al pubblico». Gli piace citare Basquiat al proposito, «era più che un pittore, giusto? Ha cercato di andare molto più in là».
Come fanno anche loro: «Tra noi c'è una competizione fortissima. Io so che Laurent è il migliore ma voglio fargli vedere che posso diventare meglio di lui. La connessione tra noi è così intensa che un tempo ci succedeva di finire le performance con dei mal di testa pazzeschi».
A lezione dai manga
Qualche anno fa il Cirque du Soleil li chiamò a far parte del cast di Michael Jackson: The Immortal World Tour, omaggio a uno dei loro miti, anche lui ballerino iperuranico che diceva di ispirarsi all'eleganza di Fred Astaire e alla carnalità di James Brown.
«Per noi è diverso», replica Laurent. «Non ci hanno ispirato dei ballerini ma i film di Bruce Lee, Jim Carrey, i videogame, i manga giapponesi. E più di tutti, lei, Beyoncé. Queen Bee è arrivata nella nostra vita come Hennessy, totalmente inaspettata». Li ha arruolati nel 2011 per lo show dei Billboard Awards «e di lì non ci ha più lasciati per anni. Non abbiamo mai conosciuto qualcuno capace come lei di farti sentire rispettato.
Quando facevamo freestyle sul palco, non sapevo cosa avrebbe fatto lei o Larry ma tutti e tre ci spingevamo al massimo! Da lei abbiamo imparato come da nessun altro, finché a un certo punto siamo passati dal comparire in tutte le sue coreografie a ballare in appena tre pezzi. "Siete diventati troppo bravi", ci ha detto, "mi distraete il pubblico". È stata una vera lezione su come una star gestisce sé stessa».
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