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Alberto Mattioli per “la Stampa”
parigi manifestazione per charlie hebdo e la liberta' di espressione 63
L’altra Francia, quella che non è Charlie, ha la faccia di Abdel, 13 anni, studente al «collège», la scuola media: «Il minuto di silenzio di giovedì? Sì, sono stato zitto perché la prof insisteva. Ma se fosse stato per me non l’avrei fatto».
Saint-Denis, banlieue Nord di Parigi, a poche centinaia di metri dalla basilica dove generazioni di Re cristianissimi attendono la resurrezione. Abdel, musulmano, origini algerine ormai remote, è vestito da ragazzo di banlieue (qui gli idoli sono i rapper, dunque braghe larghe, felpa con cappuccio e cappellino), parla un francese gergale quasi incomprensibile e dice cose ancora più sconcertanti:
«Massì, alla fine questo Charlie un po’ se l’è cercata, no? Non si deve prendere in giro il Profeta, è un’offesa per tutti i musulmani». Ma, a parte il fatto che Charlie è il nome del giornale e non di una persona, i tuoi compagni la pensano come te? «Ouais, sì, qualcuno sì. Altri no. Loro erano contenti di fare il minuto di silenzio». Anche i musulmani? «Alcuni sì. Ma loro sono “koufars”», miscredenti. I tuoi genitori domenica sono andati a manifestare? «No, perché?».
Il fallimento della scuola
Eccola qui, la Francia che non scende in piazza per la tolleranza, quella convinta che il problema della libertà d’espressione è che ce n’è troppa. A cominciare proprio dalle aule scolastiche dove, secondo la pedagogia della Terza Repubblica tuttora in auge, l’insegnante era il «missionario laico» incaricato di sottrarre i giovani all’oscurantismo dei curati. Adesso i giornali raccontano fra lo scandalizzato e il sorpreso il fallimento della «scuola repubblicana».
Il primo ministro, Manuel Valls, l’ha detto: «Nel mio Paese, non voglio che ci siano dei giovani che fanno la “V” di vittoria dopo quel che è successo». Al ministero dell’Educazione nazionale sfumano: si tratta di «casi isolati» in «70 scuole su 64 mila». Abbastanza, però, perché la ministra, Najat Vallaud Belkacem, immigrata n
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