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Marco Preve e Fabio Tonacci per la Repubblica
Quando Autostrade per l' Italia, il 30 ottobre 2017, portò al ministero delle Infrastrutture il progetto di ristrutturazione della pila numero 9, il destino delle 43 vittime del ponte Morandi era già compiuto.
Non c' era alcuna possibilità che il cantiere (e, dunque, la prevista riduzione notturna del traffico, che ne avrebbe alleggerito il carico) si potesse aprire prima del 14 agosto. E Autostrade aveva già deciso di non installare preventivamente i sistemi di monitoraggio aggiuntivi, suggeriti dalla società Ismes nel 2016 e dal Politecnico di Milano nel 2017, ma di inserirli nel pacchetto dei lavori da realizzare. Gli ormai famosi sensori che, secondo alcuni, avrebbero potuto segnalare il concreto e imminente rischio di crollo, mai rilevato dai controlli di routine. Quel destino, invece, poteva cambiare tre anni fa.
Nel giugno del 2015, a distanza di ventidue anni dall' ultimo robusto intervento strutturale (riguardò la pila 11, per la pila 9, quella crollata, fu solo rinforzato il calcestuzzo con delle resine), la Direzione manutenzioni di Autostrade lancia il grosso progetto di "retrofitting" del ponte. È considerata un' opera come le altre, una ristrutturazione «per allungare la vita del Morandi fino al termine della concessione nel 2038». Da inserire nel piano degli investimenti da presentare al Consiglio di amministrazione, appena sarà ritenuto opportuno e ci saranno i soldi. Chiedono una consulenza ulteriore anche a Fabio Brancaleoni, professore della Sapienza. «Andai io all' archivio di Stato a prendere una copia del progetto originale di Morandi per consegnarlo ad Autostrade», racconta oggi.
Stando a quando ha dichiarato Autostrade dopo il disastro , i controlli(sia quelli trimestrali, sia quelli più approfonditi a cadenza annuale, fatti dalla loro società Spea) non avevano mostrato nulla di più di un degrado compatibile con l' età del ponte. Niente, dunque, che imponesse la somma urgenza.
E però, nel giugno del 2015, succede anche un' altra cosa, su cui i finanzieri genovesi stanno indagando. Autostrade commissiona alla Ismes (gruppo Cesi) uno studio per verificare l' efficacia delle "procedure di sorveglianza" e del "sistema di monitoraggio statico" usate fino ad allora per il viadotto. Qualcuno evidentemente ha un dubbio.
Tra il gennaio e il maggio del 2016 la Ismes consegna i report finali: suggeriscono di «aumentare la frequenza delle ispezioni» e di «implementare un sistema di monitoraggio continuo» per capire come il ponte si comporta durante il maltempo, le raffiche di vento, il traffico elevato, un terremoto. La seconda raccomandazione, così come quella sui sensori, verrà inserita nel progetto esecutivo. Che però, nel frattempo, non finisce mai al cda. Non rientra nel piano interventi del 2015, né in quello del 2016. Si arriva al 12 ottobre del 2017, quando ormai il tempo, come vedremo, è scaduto.
Quel giorno il Cda di Autostrade dà il via al finanziamento. Il progetto viene inviato al ministero il 30 ottobre: per far partire il bando di gara da 20 milioni serve il parere positivo del Comitato tecnico del provveditorato di Genova, e un decreto di approvazione finale, che, in base al contratto di concessione, deve essere dato entro 90 giorni. Gli atti ufficiali e la corrispondenza interna dimostrano che, in questo iter burocratico, si perderà molto tempo. Perché? La Direzione generale della Vigilanza sulle concessionarie autostradali è da sempre sotto organico: «Siamo in 160 e dovremmo essere 250», dichiarò, nel 2016, l' ex direttore Mauro Coletta. Anche il provveditore di Genova lamenta, in una lettera del 2017, «scarsità di ingegneri in servizio».
Il Comitato tecnico viene convocato solo nel febbraio 2018.
il crollo del ponte morandi a genova
In appena quaranta minuti i membri approvano il progetto, di cui avevano avuto copia una settimana prima. Nessuno solleva la questione della chiusura preventiva del traffico, o per lo meno di una riduzione. Le carte tornano al ministero e, qui, si arenano di nuovo. Il 3 marzo il responsabile manutenzioni di Autostrade, Michele Donferri, in una lettera di sollecito scrive: «L' espletamento delle procedure di affidamento, dopo il decreto di approvazione, può essere stimato in 13-15 mesi». Siamo a marzo 2018, cinque mesi e mezzo prima della strage. Per il cantiere se ne riparlerà «nel secondo semestre 2019 o inizio del 2020».
La cronologia dei fatti sposta il baricentro dell' inchiesta della procura di Genova sulla qualità del monitoraggio svolto negli ultimi anni. Poteva essere fatto meglio da parte di Autostrade? La Vigilanza del ministero, con i suoi ispettori, aveva la capacità di supplire a una eventuale mancanza del concessionario?
Sono domande che si stanno facendo i magistrati. Gli studi pubblicati finora, alcuni anche molto datati, sono campanelli d' allarme sul deterioramento del ponte Morandi. Era evidente anche a occhio nudo. Nessuno di questi parla esplicitamente del rischio del crollo. Ma, messi in fila, dovevano spingere Autostrade a programmare prima quella ristrutturazione?
DANILO TONINELLIGIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAIGIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAIgiovanni castellucci GIOVANNI CASTELLUCCI
la famiglia benetton su vanity fairFAMIGLIA BENETTON il ponte morandi a genova
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