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DAGOREPORT – QUANTO DURERA' LA STRATEGIA DEL SILENZIO DI GIORGIA MELONI? SI PRESENTERÀ IN AULA PER…
Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Un mafioso di rango, da qualche mese detenuto, ha svelato il progetto di attentato nei confronti del sostituto procuratore Nino Di Matteo. È lui il confidente d’eccezione che nei giorni scorsi ha fatto scattare l’ultima allerta nell’antimafia, rivelata ieri da Repubblica. Ha spiegato di volersi togliere un peso dalla coscienza.
Perché anche lui è stato parte di quel progetto, così dice. E parla di un summit fra i boss più in vista di Cosa nostra, in cui si sarebbe discusso delle modalità operative dell’attentato. Secondo la fonte, i mafiosi avrebbero preso in considerazione due opzioni per colpire Di Matteo: esplosivo a Palermo o bazooka e kalashnikov a Roma.
Adesso, i magistrati hanno chiesto agli investigatori della Dia di approfondire tutti gli spunti offerti dalle nuove inaspettate dichiarazioni. Non è facile, soprattutto perché il boss continua a rifiutare qualsiasi prospettiva di collaborazione ufficiale con la giustizia. E, dunque, non vuole svelare i nomi dei suoi complici. Qualche indicazione arriva però dall’ultimo pentito di mafia, Antonino Zarcone: ha spiegato che «già nel 2008 era arrivato un ordine di morte dal carcere per Di Matteo, ma il capomafia di Bagheria Pino Scaduto si rifiutò di eseguire l’attentato nel suo territorio, dove il pm trascorreva le vacanze».
Non usa mezzi termini il procuratore aggiunto Vittorio Teresi: «Abbiamo paura, sì. Lo ammetto. E siamo preoccupati. Si dice che il tritolo sia pronto, mettetevi nei nostri panni. Queste notizie creano tensione e ansia anche nei nostri familiari. Ma raccogliamo la sfida a continuare». Il coordinatore del pool trattativa si dice «soddisfatto» per l’attenzione manifestata dal Viminale nei confronti dell’ultima allerta sicurezza: a Palermo, sono arrivati gli esperti delle teste di cuoio di polizia e carabinieri. Teresi parla però di «isolamento » dei pm del pool trattativa, e chiama in causa «saggi e commentatori».
Dice: «Veniamo dipinti come dei pazzi visionari. Le dichiarazioni di taluni opinion makers ci isolano. Io accetto tutte le critiche, ma devono essere in buona fede e informate». Il se la prende con l’ex componente del pool antimafia, Giuseppe Di Lello, anche lui poco tenero con il processo di Palermo: «Forse, non legge il codice da tanto tempo», dice Teresi.
Ma le critiche al pool arrivano anche da altri pm di Palermo. «Pure questo clima interno mi preoccupa», aggiunge Teresi, che auspica al più presto la nomina del procuratore capo e invita il Csm a scegliere un candidato che condivida fini e strumenti del processo trattativa. Intanto, in procura, continua ad esserci tensione attorno ai pm del caso Stato-mafia. Ogni questione che li riguarda diventa terreno di divisioni piccole e grandi. L’ultima polemica è proprio sul rischio attentato per Di Matteo.
LA SEDE DELLA PROCURA DI PALERMO
Il procuratore reggente Leonardo Agueci prima lo smentisce, poi qualche ora dopo corregge: «Rischio attuale e intenso, lo seguiamo con grande apprensione e determinazione». A Di Matteo è arrivata la solidarietà del presidente della commissione antimafia Bindi e del Csm. Da New York, il ministro della Giustizia Orlando ha telefonato al procuratore Scarpinato per verificare lo stato delle misure di sicurezza attorno ai magistrati di Palermo.
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