DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Del Corona per il “Corriere della Sera”
Nato probabilmente a Cremona nel 1643 o 44, Antonio Stradivari divenne famoso già in vita per i suoi strumenti musicali (non solo archi) ricercati in tutta Europa. Morì nel 1737 lavorando fino all' ultimo nella sua bottega cremonese insieme agli allievi e a Francesco e Omobono, gli unici due dei suoi 11 figli che ne seguirono le orme.
L' esperimento è stato condotto fra New York e Parigi. Un auditorium da 860 posti con 82 spettatori al di là dell' Oceano, uno da 300 con un pubblico di 137 persone da quest' altra parte. Dieci violinisti hanno suonato, da soli e accompagnati da un' orchestra, tre violini moderni (modernissimi, anzi: meno di 10 anni di vita) e tre Stradivari. Avevano gli occhi bendati, per non sapere che cosa stessero imbracciando.
Obiettivo del test, pubblicato lunedì da Pnas (la testata dell' Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti) e condotto con il Centro nazionale per la ricerca scientifica francese, era saggiare la percezione del suono e l' esito è stato analogo nelle due sale: il pubblico preferiva il suono degli strumenti moderni.
Un esperimento identico fatto dalla stessa équipe nel 2010 e nel 2012, ma non in un auditorium, aveva portato i violinisti (bendati) alle stesse conclusioni: meglio strumenti nuovi di quelli usciti dalla bottega di Antonio Stradivari (1643 o 44-1737). Dunque, sembrerebbe, violini contemporanei di qualità battono quelli del leggendario liutaio cremonese, almeno sul fronte della «proiezione sonora». Da qui - al netto dei dettagli tecnici dell' esperimento - comincia il territorio dell' opinabilità.
Salvatore Accardo, violinista sommo e direttore d' orchestra, diffida: «Si è semplicemente persa la cultura della qualità del suono, non si è più in grado di coglierla. Colpisce quello forte, aspro, prodotto dagli strumenti moderni. Non dico che non siano fatti bene - spiega al Corriere - ma la qualità del suono è un' altra cosa. Come diceva un grande liutaio, Étienne Vatelot (1925-2013, ndr ), un violino ha bisogno di anni e anni per raggiungere non la potenza, ma la qualità. Occorre tempo a un violino per maturare». E gli Amati, i Guarneri, gli Stradivari hanno avuto secoli per lasciar stagionare il loro suono.
Il violinista franco-americano Stéphane Tran Ngoc, che aveva partecipato all' esperimento 5 anni fa, ha aggiunto che «spesso con gli strumenti antichi è necessario esercitarsi per molto tempo per capire come esprimere al meglio le loro potenzialità. Un antico strumento italiano produrrà un suono sempre migliore con il passare del tempo, al contrario degli strumenti moderni».
È compito della scienza sfatare i miti, mettere alla prova le false credenze. Monta, anche, la tentazione di abbatterli, i miti. E gli Stradivari (sono circa 650 gli strumenti oggi censiti, non soltanto violini) sono oggettivamente un mito, il cui ridimensionamento potrebbe far piacere ai costruttori d' oggi. Eppure il semplice appassionato resiste facilmente alla suggestione che la «bellezza» del suono possa essere misurata: dipende da chi lo suona, quel violino antico o moderno. Dipende da dove e in che condizioni lo si ascolta.
E le corde sono moderne o di budello? E la qualità dell' archetto? E che cosa si ascolta, il Barocco di una sonata di Corelli o il Novecento del Concerto di Berg? Infine: quale idea musicale offre l' interpretazione dell' artista? Qualcosa pare suggerire che nessuna équipe scientifica potrà mai venire a capo di questo groviglio di variabili.
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