DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giordano Stabile per “la Stampa”
I pasdaran scendono in campo contro la rivolta in Iran e accusano quello che era una volta il loro paladino, l'ex presidente ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad. A puntare il dito contro «il regista oscuro», dopo che migliaia di guardiani delle rivoluzione sono stati inviati sui fronti più caldi, è stato il generale Mohammad Ali Jafari. Dopo aver definito «finita la sedizione», il leader dei pasdaran ha rivelato che dietro le proteste, oltre a Stati Uniti e Arabia Saudita, c' è un «ex alto dirigente iraniano», già «indagato».
Le voci del coinvolgimento di quello che era stato il fautore delle sviluppo del programma nucleare, sempre più critico nei confronti dell' attuale presidente Hassan Rohani e persino della Guida Suprema Ali Khamenei, sono quindi confermate. Ed è paradossale che Ahmadinejad ora abbia come nemici i «custodi» della Repubblica islamica, protagonisti, con la milizia Basij, della repressione dell' Onda verde che nel 2009 voleva spazzarlo via dopo elezioni vinte con i brogli. O forse è solo un capro espiatorio.
In ogni caso, dopo la sbandata dei giorni scorsi, il regime sembra ricompattato. Indifferente alle pressioni occidentali, e forte dell' appoggio anche della Turchia, oltre a quello tradizionale di Russia e Cina, ha organizzato la più massiccia controffensiva da quando, giovedì scorso, migliaia di persone hanno cominciato a sfidarlo in piazza.
I sostenitori di Khamenei hanno sfilato a Teheran ma anche in provincia, a Kermanshah, Ilam, Gorgan, Qom e Isfahan. Sventolavano bandiere iraniane e fotografie della Guida suprema e cantavano in coro: «Il sangue nelle nostre vene è un dono per il nostro leader», «Morte ai mercenari americani».
Proseguono le proteste in Iran contro il carovita ed il regime
Dopo lo sfoggio di forza è arrivato il discorso del comandante dei pasdaran: «Possiamo annunciare la fine della sedizione». Jafari ha ridimensionato la portata delle proteste, «non più di 1.500 manifestanti alla volta».
Ha denunciato, sulla falsariga delle dichiarazioni di Khamenei di martedì, la presenza di «un gran numero di agitatori, addestrati da controrivoluzionari». Al di là della retorica, però, restano le preoccupazioni del regime. Ieri notte le manifestazioni anti-ayatollah sono continuate, soprattutto nelle province del Lorestan e dell' Hamadan, dove sono stati inviati rinforzi.
Proseguono le proteste in Iran contro il carovita ed il regime
Secondo il governo, nella notte fra martedì e mercoledì, per la prima volta, non ci sono state vittime, e il totale ieri era fermo a 23. Il giro di vite dei pasdaran allarma l' Occidente. Il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel si è detto «preoccupato» e «spaventato». La Casa Bianca ha annunciato «nuove sanzioni» nei confronti dei responsabili delle repressioni. Un appoggio inaspettato agli ayatollah è arrivato invece dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, fino a un anno fa grande rivale sunnita dell' Iran.
Il reiss ha espresso il suo sostegno «al mantenimento della stabilità» in una telefonata ad Hassan Rohani, mentre il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu si è allineato sulla tesi del «complotto estero» e ha attaccato America e Israele: «Due persone sostengono le proteste: Netanyahu e Trump». Ankara sembra temere il «contagio» e soprattutto il fattore «etnico» delle manifestazioni, che vedono i curdi in primo piano.
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