DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Gaia Cesare per il Giornale
Colpi di kalashnikov sparati in aria e fuochi d'artificio al decollo dell'ultimo aereo americano dall'aeroporto Hamid Karzai di Kabul. Un finto funerale per sbeffeggiare le forze alleate inscenato a Khost, dove la folla ha visto sfilare false bare coperte con la bandiera americana, inglese e francese. La bandiera bianca talebana con la testimonianza di fede - «Non c'è nessun Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta» - ha sventolato nelle principali città afghane e in provincia.
È l'Afghanistan, anno zero, l'Emiro islamico ritrovato dei talebani, nel giorno in cui l'ultimo soldato americano, il maggior generale Chris Donahue, lascia Kabul e chiude vent'anni di intervento militare, la guerra più lunga della storia americana. Per i talebani e i loro seguaci è l'Independence Day, «un giorno storico e un momento storico», dice il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid dall'aeroporto, circondato dalle teste di cuoio dell'unità d'élite «Badri 313», vestite ed equipaggiate come soldati americani, dalla testa ai piedi.
«La sconfitta degli Stati Uniti in Afghanistan rappresenta una grande lezione per tutti gli altri invasori e per le nostre generazioni future» oltre che «per il mondo intero». Gli fa eco Hanas Haqqani, esponente della rete Haqqani, guidata da Sirajuddin Haqqani, vice leader del movimento talebano. Esaltando l'alba del nuovo giorno, l'estremista spiega di come le persone in Afghanistan siano «felici» perché i talebani hanno «portato la pace».
Lì fuori, ovviamente, è un'altra storia. Il Paese è al collasso. Chi non è in strada a festeggiare resta chiuso in casa per paura, oppositori e donne. Chi ha qualche risparmio è in fila davanti alle banche nel tentativo di ritirare contante con il terrore della vendetta degli «studenti» del Corano in strada. Privi dei fondi della Banca centrale afghana, con il rubinetto degli aiuti stranieri sospesi e il congelamento dei beni detenuti negli Usa, i talebani potrebbero non avere più denaro per garantire il pagamento dei dipendenti pubblici e il funzionamento delle strutture vitali, acquedotti, rete elettrica e comunicazioni, a rischio collasso. A questo si aggiunge la fuga di cervelli sui voli per l'Occidente, l'isolamento diplomatico e anche il timore di attentati da parte di gruppi integralisti islamici concorrenti. È un disastro, ma potrebbe peggiorare.
Anche per questo per i talebani è tempo di finalizzare la formazione del nuovo governo, che lavorerà per strappare il riconoscimento diplomatico in ogni modo, mentre già si esortano le cancellerie straniere a riaprire le ambasciate. Del nuovo esecutivo hanno discusso, chiusi per tre giorni, nella roccaforte di Kandahar, dove si è riunito il Consiglio dell'Emirato Islamico dell'Afghanistan, che avrebbe già preso, secondo Muhajid, «alcune decisioni per garantire servizi alla popolazione» e affrontato questioni sociali, politiche e di sicurezza dell'Afghanistan.
Lo scalo di Kabul, fino ad agosto ancora di salvezza per migliaia di afghani in fuga dagli integralisti, riaprirà quando saranno risolti «alcuni problemi tecnici», dicono. In realtà i aspetta di trovare un'intesa con Turchia e Qatar, per la gestione congiunta dello scalo. Nel frattempo i talebani dispiegano le forze speciali: «Presto tutto tornerà alla normalità. Le forze Usa hanno lasciato gran caos. Sono in atto sforzi per riprendere i voli commerciali».
Intanto nella regione di Nangarhar arriva Amin ul Haq, ex capo della sicurezza a Tora Bora, il rifugio di Osama Bin Laden nel 2001, prima che il capo di Al Qaida venisse ucciso, dalle forze statunitensi in Pakistan, dieci anni dopo. È il segno dei forti appetiti del radicalismo jihadista in Afghanistan, proprio mentre i leader europei ammettono che è «necessario» dialogare con i talebani.
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