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Ilvo Diamanti per “Specchio – La Stampa”
I cani fanno parte della mia famiglia, da quando mi sono sposato. E anche da prima. Quando io e Paola eravamo "morosi", passavo da lei ogni pomeriggio, per salutarla. E per accompagnare a passeggio Snoopy, all'incrocio fra un setter e un cocker. Il corpo del cocker e il muso del setter. Esuberante e affettuoso.
Dopo il matrimonio, a casa nostra ci ha seguito anche lui. Snoopy. D'altronde c'è spazio e un prato, dietro l'abitazione. Però, il momento più importante, per me, era e resta la passeggiata. Se possibile, le passeggiate, per le strade intorno a casa. A volte, fino alle campagne, che si distendono intorno a Caldogno. Così quando si ammalò e morì, a età avanzata, non riuscimmo a restare molto tempo senza un cane. Perché il cane diventa parte della famiglia. Sono sempre lì, accanto a noi.
Dopo di lui, un altro e un altro
Dopo Snoopy, arrivarono due schnauzer nani. Neri. Provenivano dall'allevamento di un'amica. Vissero, entrambi 10 anni, quasi avessero un timer. Abbastanza, per generare dolore e nostalgia. D'altra parte, quando morì il primo, Bobo, arrivò subito Mambo.
Per quanto uguali di aspetto, si rivelarono subito molto diversi, per indole e carattere. Bobo, tranquillo con noi e con gli altri. Animali e persone. Mambo, invece, attaccatissimo a noi, ma aggressivo con gli altri cani e non solo. Purtroppo, anche con i bambini, che si avvicinavano di corsa, gridando con allegria. Ma a Mambo non piacevano. Così occorreva tenere a bada. Mambo e i bambini, per evitare incidenti spiacevoli.
Comunque, Mambo era molto più vivace di Bobo e mi accompagnava in lunghe passeggiate, durante le quali facevo lunghe telefonate ad amici, come il grande, indimenticabile e indimenticato, Eddy Berselli. Autore di Liù. Biografia morale di un cane (Mondadori, 2009), dedicato al suo, meglio, "la sua", labrador, che «sembra davvero la padrona di casa», insieme a sua moglie Marzia.
L'"ammazzacristiani"
È stata lei a scegliere Liù e ne è stata, a sua volta, scelta. Eddy, nel suo libro, evoca la nostra comune amicizia e passione per i cani. Parla di «fratel Ilvus, con il suo efferato schnauzer ammazzacristiani». Quando Mambo morì, all'improvviso, non riuscimmo a restare troppo a lungo senza un cane. Così, un giorno, vidi arrivare un cagnolino, o meglio, una cagnolina, bianco-nera, con gli occhi cerchiati di castano. Il pelo già folto, l'aspetto mite.
L'aveva acquistato mia moglie, insieme ai miei figli, Giovanni e Nicola. I veri artefici della scelta. Consapevoli, come spiegarono a Paola, che, senza un cane, avrei passato le giornate sdraiato su una poltrona a legger libri e ad ascoltare musica rock. Solo come un cane.
Il tempo della Coca
I miei figli battezzarono la cagnolina con un nome curioso. Coca. Con effetti divertenti e insidiosi, se si pensa agli equivoci che si possono generare. Perché, come segnala lo stesso Berselli, anche in Veneto, come in Emilia, c'è l'abitudine di affiancare a un nome femminile l'articolo. In questo caso, "La Coca". Così può succedere di rivolgersi alla moglie, in pubblico, e chiederle, come mi è capitato: «Dove hai lasciato la Coca? In cucina o in studio?». Suscitando qualche sorpresa e perplessità nelle persone che ti ascoltano. Coca, purtroppo, se n'è andata nel gennaio 2020. Dopo un mese di sofferenze, imposte da un male incurabile. La pena, per noi, è stata tale che avevamo deciso di rinunciare ad avere altri cani. Dopo 40 anni. Perché, come rammenta, ancora, Berselli, citando il poeta Franco Marcoaldi di fronte al suo cane, «Hai solo 5 anni/ma penso di continuo alla tua morte».
Mai più senza
Dopo un po' di tempo, però, ci abbiamo ripensato. Paola, in particolare, incitata dai figli, preoccupati per me. Senza il suo Cavalier, come si sarebbe ridotto Ilvo, che è già mesto di carattere? Basta guardare le sue immagini.
Trovatene una dove sorride… E poi si sarebbe "fermato", fisicamente. Proprio lui che, per motivi di salute, ha bisogno di camminare e di marciare Così Paola ha iniziato la sua ricerca finché ha scoperto Dylan, in un allevamento intorno a Treviso e non ha avuto dubbi. Troppo bello, quel cucciolo, con quel muso vispo e sorridente. Così l'abbiamo "adottato" ed è arrivato, qualche mese dopo. Proprio un anno fa, perché allora, come oggi, c'era il lockdown.
Se Paola ha scelto il cane, il nome l'ho scelto io. Dylan. Per richiamare la mia passione giovanile per Dylan Dog, il personaggio dei fumetti creato da Tiziano Sclavi, negli anni Ottanta.
Vita di società
Da quel momento le nostre abitudini di vita sono cambiate. Nonostante la pandemia. Nonostante il confinamento virale, che impedisce di spostarsi. Ma, forse, proprio per questo, Dylan è divenuto rapidamente parte della nostra vita, anche se è molto, anzi, completamente, diverso da Coca.
È iper-cinetico, esuberante. Alle 7 di mattina comincia a battere alla porta della sua stanza. Vuole uscire dal suo "spazio notturno", per correre. Anzitutto, in cortile e nel prato dietro casa. E poi, soprattutto, per camminare insieme a me nelle strade di Caldogno. Dove si - e mi - ferma ogni volta che incontriamo qualcuno. In particolare - ma non solo - i bambini. Allora mi devo fermare, altrimenti si rifiuta di procedere. Fino a quando li ha salutati, a uno a uno. A modo suo, facendo loro festa.
Le grandi corse
Ma la sua passione maggiore è passeggiare nei parchi e nei prati, non lontano da noi. Anche per questo, quando sono a casa (in tempo di lockdown capita spesso), alla mattina, insieme a Dylan vado ad acquistare i giornali nel paese vicino. Motta di Costabissara. A pochi chilometri da dove abito.
Quindi proseguo, fino a raggiungere un'area suggestiva, dove vi sono prati, boschi e risorgive. E un laghetto, frequentato da pescatori e persone, che come me, sono attratte dalla natura. A Dylan piace correre in mezzo agli alberi, scendere in riva ai torrenti e bere l'acqua sorgiva. Poi, gli piacciono gli animali che si muovono e agitano, dentro a recinti molto larghi.
Galline padovane, oche, tacchini e capre, la sua passione. Quand'è possibile, si avvicina a loro, suscitando reazioni non sempre amichevoli. Lungo il percorso incontriamo altri cani. Con alcuni si annusa, in modo amichevole, con altri, i più, abbaia e mi tocca trattenerlo a forza.
La mamma e l'amico
Poi, mentre torniamo, ci accostiamo alla scuola materna di Motta. Allora Dylan si avvicina alla recinzione e i bambini fanno lo stesso, dall'interno. Lo conoscono bene e lo chiamano per nome. Dylan, a sua volta ricambia. Lecca le manine che i bimbi gli porgono, tra le fessure della rete. E, alla fine, rientriamo. Perché Paola ci attende. E Dylan ha fame Paola, per lui, è davvero "la mamma".
Quando siamo - o torniamo - a casa, Dylan si dirige subito in sala e se Paola è seduta sul divano salta sulle sue ginocchia. Mentre io sono il suo amico, il suo "compagno di strada". Letteralmente. Infatti, appena mi muovo, è già davanti alla porta pronto a uscire. E quando ci incamminiamo non siamo soli, perché mai, come negli ultimi mesi, per strada si incontrano tante persone che accompagnano i loro cani. In questo tempo sospeso, ci costringono a uscire. A guardarci intorno. E ci aiutano a fuggire dalla solitudine.
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