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Cristina Bassi e Luca Fazzo per ''il Giornale''
Les, lupus eritematoso sistemico. A venti giorni dalla morte di Imane Fadil, l'inchiesta sulla tragica fine della testimone del caso Ruby riparte da questa sigla.
È la diagnosi indicata nella cartella clinica dell'Humanitas, l'ospedale di Rozzano dove la modella marocchina era ricoverata dal 29 gennaio e dove è spirata l'1 marzo. Ed è, ogni giorno di più, la pista investigativa che sta prendendo l'indagine della Procura milanese. Al punto che ormai gli inquirenti si sbilanciano apertamente: «All'ottanta per cento possiamo dire che è morta di cause naturali».
Che tutto, alla fine, possa venire liquidato come un caso di malasanità potrebbe sembrare paradossale, dopo la ridda di ipotesi scatenata dalla notizia della morte di Imane. Le supposizioni - più o meno ardite - erano peraltro alimentate da dati oggettivi e mai smentiti, come la presenza nell'organismo della giovane di concentrazioni anomale (anche se non letali) di metalli pesanti e soprattutto dalle dichiarazioni della stessa Imane, che in ospedale aveva confidato ai parenti, al legale e anche ai sanitari il timore di essere stata avvelenata.
imane fadil l'ultima intervista 3
Proprio per questo prima di imboccare con certezza una strada la Procura sta compiendo tutti gli accertamenti necessari: analizzando e incrociano i tabulati telefonici, interrogando tutti i testimoni possibili e immaginabili, e soprattutto cercando di raggiungere con l'autopsia risultati certi sulle cause della morte. Ma ormai l'ipotesi privilegiata è quella che un inquirente fin dall'inizio aveva indicato: «Vedrete che alla fine si scoprirà che è solo un caso di colpa medica».
Il Les, d'altronde, è un nemico insidioso: è una malattia cronica che può restare latente per decenni ma può essere scatenata dai fattori più disparati, da un farmaco a un virus; e soprattutto è molto difficile da individuare, perché i sintomi possono essere facilmente confusi con altri. E proprio questo può essere accaduto alla povera Imane. Ma per averne la certezza si dovrà attendere a lungo.
IMANE FADIL AL TRIBUNALE DI MILANO
La fase degli accertamenti medico-legali è ufficialmente partita ieri, con il summit tra i pm e la squadra multifunzioni guidata da Cristina Cattaneo. Primo step: fugare tramite «carotaggi» della salma gli ultimi timori sulla presenza di focolai radioattivi, già ritenuti assai improbabili dagli esami compiuti finora. Il primo responso arriverà oggi. Se verrà confermato che di radioattività non c'è traccia, si passerà agli accertamenti più tradizionali. Intanto si lavora alla ricostruzione minuziosa delle ultime settimana di vita di Imane prima del ricovero in ospedale.
In una intervista al Fatto, il cognato italiano della modella ha detto di conoscere l'identità dell'uomo che ha cenato con lei l'ultima sera prima che si sentisse male. È un nome che gli inquirenti hanno già in mano ma che non ritengono particolarmente significativo, perché - qualunque fosse il male di cui soffriva Fadil - il fattore scatenante potrebbe essere insorto anche molto tempo prima.
Ed oltretutto i ricordi dei parenti, come quelli di altri testimoni, sono basati unicamente sulle confidenze della stessa Imane, rese a distanza dai fatti e in uno stato mentale probabilmente non più lucido. Ben più affidabili sono considerati i tabulati del telefonino della donna, che documentano minuto per minuto contatti e spostamenti. Se Imane è stata uccisa, il nome dell'assassino potrebbe essere lì. Ma forse un assassino non c'è mai stato.
2. RUBY: FADIL; ATTESI IN GIORNATA ESITI ANALISI RADIOATTIVITÀ
(ANSA) - Dovrebbero arrivare in giornata in Procura, forse già nel pomeriggio, gli esiti delle analisi sulla presenza o meno di radioattività sulle parti di tessuto degli organi prelevate ad Imane Fadil, l'importante testimone dell'inchiesta sul caso Ruby, morta in circostanza misteriose lo scorso 1 marzo. I primi prelievi sul cadavere, effettuati all'Istituto di medicina legale di Milano con tutte le procedure di sicurezza del caso e con la presenza del nucleo specializzato dei Vigili del Fuoco, infatti, sono terminati e una risposta sulla radioattività o meno arriverà dagli esperti dell'Istituto di Fisica, dopo analisi specifiche, che potrebbero essere anche estese in seguito e coinvolgere, se necessario, gli esperti dell'Enea.
Se venisse esclusa la presenza di radioattività, si potrebbe procedere con più tranquillità e in sicurezza all'autopsia e, a quel punto, gli esami potrebbero anche arrivare a chiarire quali erano i valori originari dei metalli presenti nel sangue di Fadil, che è stato 'lavato' con le molte trasfusioni durante il ricovero di oltre un mese all'Humanitas. Già i valori individuati nel sangue e nelle urine con accertamenti recenti (disposti dall'ospedale a fine febbraio) hanno evidenziato una massiccia presenza di metalli, in particolare antimonio, cadmio e cromo.
Stando a quanto risulta dalle indagini, coordinate dall'aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Luca Gaglio e Antonia Pavan, a casa della modella non sono stati trovati medicinali o sostanze particolari che potrebbero giustificare quella pesante concentrazioni di metalli. Restano in campo, per ora, le tre ipotesi prese in considerazione dalla Procura sulle cause della morte: avvelenamento radioattivo, avvelenamento con altre sostanze o una malattia rara autoimmune.
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