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IL METODO XI JINPING: OGNI SCUSA E' BUONA PER FAR FUORI GLI AVVERSARI POLITICI - IN CINA UN MANAGER È STATO CONDANNATO A MORTE PERCHÉ “AVIDO E BIGAMO” - LAI XIAOMIN, 58 ANNI, HA RICEVUTO MAZZETTE PER 250 MILIONI DI DOLLARI OLTRE A VIVERE CON UNA DONNA CHE NON ERA SUA MOGLIE - E PENSARE CHE A PECHINO AVEVANO GIRATO PURE UNA SERIE TIVÙ ISPIRATA ALLA SUA VITA SFRENATA E AMBIZIOSA - LA VERITÀ DIETRO LA SENTENZA? UNA STRETTA CONTRO I GRANDI TYCOON “RIBELLI”
il manager condannato lai xiaomin
«Nel nome del popolo», Lai Xiaomin, 58 anni, ex membro del partito comunista cinese, a capo per sei anni della China Huarong Asset Management, una delle più grandi società di gestione patrimoniale di Stato, è stato condannato a morte per «corruzione e bigamia».
Il signor Lai è «senza legge ed estremamente avido», ha sentenziato martedì il Tribunale Secondario Intermedio del Popolo di Tianjin, aggiungendo che le sue azioni mettono a rischio la sicurezza finanziaria nazionale.
Il manager aveva comunque riconosciuto le sue colpe ammettendo di aver ricevuto l’equivalente di 250 milioni di dollari in mazzette, oltre al fatto di aver vissuto more uxorio con una donna che non era la sua legittima moglie e che gli aveva dato due figli oltre a quello nato dal primo matrimonio.
dove lai xiaomin nascondeva le mazzette
«Nel nome del popolo» è anche il titolo di una serie televisiva di grande successo che è arrivata sugli schermi della Repubblica Popolare nel 2017, proprio mentre il presidente Xi Jinping affondava la sua spada anti corruzione nell’apparato statale, colpendo funzionari grandi e piccoli responsabili di ruberie ai danni «del corpo sano della nazione».
Uno dei personaggi della serie, Gao Yuliang, pare sia stato ispirato proprio alla vita reale del manager della Huarong travolto dalla sua stessa ambizione. Ma la condanna di Lai — che potrebbe essere commutata in carcere a vita — coincide anche con la stretta nei confronti di quei grandi tycoon (uno fra tutti: il fondatore di Alibaba Jack Ma) che avendo raggiunto una posizione di grande potere economico, ovviamente sotto l’ombrello ineludibile del Pcc, compiono l’errore fatale di ritenersi in grado di manifestare idee personali (leggi: critiche) nei confronti del sistema che risponde a una gerarchia di potere — e ideologica — inscindibile da quella del partito comunista.
Stato e partito, in Cina, sono una cosa sola. E nascondere miliardi di yuan negli armadi, come faceva Lai, o criticare il sistema bancario nazionale (come ha osato fare Jack Ma), sono per la gerarchia di potere la stessa cosa. Chi osa farlo, finisce davanti ai giudici e a una sicura sentenza di colpevolezza.
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