DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
ospedale Assuta di Rishon Lezion
Davide Frattini per "il Corriere della Sera"
I giudici non hanno dovuto minacciare l'uso della spada come re Salomone nel racconto biblico, sono bastati l'amniocentesi e l'esame genetico del prelievo. Per togliere almeno un dubbio attorno al caso che da oltre un mese sta coinvolgendo gli israeliani e sconvolgendo le donne che all'inizio dell'anno si sono sottoposte alla procedura di impianto dopo la fecondazione in vitro.
Negli stessi giorni almeno una quarantina di aspiranti madri è passata dallo stesso reparto all'ospedale Assuta di Rishon Lezion, non lontano da Tel Aviv, uno dei più grandi del Paese. Una tra loro è rimasta incinta ma a metà settembre ha scoperto - dopo un controllo in un altro laboratorio - che lei e il marito non potevano essere i genitori biologici del nascituro. Il Dna non corrisponde. E non corrisponde neppure quello dei due israeliani che la commissione istituita dalla clinica e dal ministero della Sanità aveva individuato come «i più probabili».
Sono stati i giudici a imporre quest'ultimo test genetico e alla donna incinta, dovrebbe partorire a giorni, di fornire ai medici i risultati del suo esame già effettuato. Si era sempre rifiutata perché ha iniziato una battaglia legale per tenere la bimba o il bimbo: i suoi avvocati sostengono che la sua sia diventata una maternità surrogata che in Israele non è legale senza il consenso scritto di chi offre l'utero. Evidenziano che questo benestare debba essere ripetuto alla fine della gravidanza. Anche quando i genitori biologici venissero trovati, la donna può opporsi a dare via il bambino.
«Esiste l'interesse del feto - scrivono i giudici - nello stabilire chi siano i genitori biologici, sia per ragioni mediche sia per il desiderio di conoscere le proprie origini naturali. Ci sono anche i legittimi interessi dei genitori potenziali di scoprire la verità per prendere al più presto una decisione». Così i medici devono procedere nell'indagine per risalire a quell'errore, a quello scambio di ovuli, considerato quasi impossibile considerati i controlli applicati in tutte le fasi.
Gli esperti sono convinti che alla fine si tornerà in tribunale e il caso arriverà alla Corte Suprema. «Costringerà il sistema legale a confrontarsi sulla definizione di genitorialità - commenta Shahar Lipshitz dell'università Bar Ilan al quotidiano Yedioth Ahronoth -. È il termine madre una questione di biologia? E che cosa risulta più importante: il legame genetico o i parametri fisiologici?».
La legge israeliana garantisce, con la copertura quasi totale delle spese, numerosi trattamenti per la fecondazione in vitro alle donne tra i 18 e i 45 anni, fino ai 54 con ovuli donati. A gennaio, dopo una decisione della Corte Suprema, il ministero della Sanità ha esteso la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata a coppie omosessuali maschili, uomini single e persone transgender.
Fino ad allora era consentita se sussistono problemi di infertilità solo a coppie uomo-donna e donne single. «I membri della comunità Lgbt hanno gli stessi diritti di essere genitori», aveva commentato il ministro Nitzan Horowitz, primo leader di partito apertamente gay.
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