DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Viola Giannoli per “la Repubblica”
C'è chi è stato costretto a chiudere per giorni, chi si è beccato una multa salata dalla Guardia costiera, chi è andato a pescare giovani dall'entroterra, chi ha fatto corsi last minute, chi ha indossato in prima persona la canottiera rossa e chi ha chiamato a raccolta figli e parenti. È l'estate dei pochi bagnini, l'ultimo tra i lavori stagionali a soffrire la mancanza di personale. Niente più turnover, la panchina del salvataggio è cortissima: se uno si ammala, si licenzia, non si presenta al lavoro, allora sono guai.
Le premesse della vigilia all'apertura della stagione balneare, aprile- maggio 2022, parlavano di 3-4 mila guardaspiaggia latitanti, una percentuale tra il 30 e il 40% dei bagnini necessari a livello nazionale per monitorare più di 5 mila chilometri di coste e presidiare più di 7 mila stabilimenti, oltre alle spiagge non in concessione ma sottoposte a controllo. In media ogni lido deve garantire un assistente bagnanti ogni 100 metri.
«Alla fine noi siamo riusciti con enormi sforzi a coprire i buchi - racconta Riccardo Padovano Lacché, presidente del sindacato balneari abruzzese -. Visto l'andazzo, abbiamo chiesto alle città da cui di solito non attingevamo personale (Chieti, Teramo, L'Aquila, Avezzano) di promuovere i corsi e i servizi di salvamento. E ora in Abruzzo su 700 stabilimenti abbiamo 1.400 bagnini attivi che si alternano a metà giornata. Se qualcuno magari si ammala di Covid riorganizzare la sicurezza è un problema».
In Toscana la situazione è la stessa: «Abbiamo raccolto conoscenti, formato ragazzi alla velocità della luce. Prima erano i bagnini a proporsi, le cooperative ne avevano moltissimi, non è più così», dice Stefania Frandi.
La pandemia ci ha messo del suo: «Con la chiusura delle piscine per lunghissimi mesi il rilascio dei brevetti dalla Società nazionale di salvamento, dalla Federazione italiana nuoto e dalla Federazione italiana salvamento acquatico si è interrotto», spiega Marzia Marzoli, presidente del Sib del Lazio. «Ora - aggiunge - sono gli stessi titolari dei bagni che si mettono la canottiera e vanno a fare i bagnini: noi o i nostri figli».
Nell'era pre-Covid veniva formato il doppio dei baywatch necessari: «C'era chi lavorava solo mezza giornata, chi studiava e non era disponibile per tre interi mesi, ma si stava tranquilli. Ora si punta molto negli esami sull'aspetto atletico e quindi chi è più avanti con l'età è scoraggiato, molti hanno deciso di fare altro perché temevano che con il Covid ancora in circolazione non tutti gli stabilimenti riaprissero, altri hanno cambiato mestiere, fanno i corrieri e lavorano tutto l'anno», racconta Ignazio Ragusa dei balneari siciliani.
La canottiera rossa non attrae come una volta, il lavoro è a tempo, legato alla stagione e con la carenza di personale qualche titolare mette pure in discussione il giorno di riposo settimanale previsto dal contratto nazionale del Turismo, quello che andrebbe applicato - e non sempre accade - ai guardaspiagge. Oltre al fatto che spesso i corsi per diventare bagnini sono onerosi.
Enzo Maggi guarda sconsolato il mare: «Siamo di fronte a un problema generale, il tema della sicurezza in mare in Italia dovrebbe essere più sentito». Lui fa il baywatcher, ha 55 anni, e pochi giorni fa ha salvato un ragazzino a Fano dopo che erano annegati il padre e il fratellino.
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