DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Nicola Munaro per www.corriere.it
Don Nicola De Rossi, ex parroco di una comunità nel Monselicense, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi dal giudice dell’udienza preliminare Margherita Brunello. Il sacerdote, che è stato processato con il rito abbreviato, era accusato dal pubblico ministero Roberto Piccione di violenza sessuale nei confronti di un quindicenne della parrocchia. Secondo quanto denunciato ai carabinieri dalla vittima, in un pomeriggio del luglio 2016 il ragazzino era stato invitato a casa del sacerdote per pranzo.
LA STORIA
Non era nemmeno la prima volta che i due pranzavano assieme, solo che in quell’unica occasione, dopo aver pranzato, il don aveva invitato nel suo letto il giovane, ex chierichetto. E sotto le coperte il parroco aveva iniziato a palpeggiare il ragazzino, facendolo anche salire sul proprio bacino.
A quel punto il quindicenne, conscio di quanto stava accadendo, è corso a raccontare il tutto a casa e poi ai carabinieri. Fondamentali nella costruzione dell’accusa, le intercettazioni ammesse dal giudice in cui il sacerdote – chiacchierando con un’amica psicoterapeuta e con il padre spirituale, ma al di fuori di sedute professionali o confessione, come chiarito dal giudice – aveva ammesso: «Mi faccio un po’ schifo insomma, mi chiedo come sono arrivato a una cosa del genere».
IL DOLORE DEL VESCOVO
«Questa notizia mi addolora profondamente e addolora l’intera Chiesa padovana», ha detto il vescovo Claudio Cipolla. «Sono vicino al minore e alla sua famiglia, a cui avevo già espresso con una lettera privata la sofferenza e il turbamento per questa vicenda. Se come Chiesa ci siamo mossi tempestivamente, non appena informati dell’indagine e del procedimento a carico di questo sacerdote (sollevandolo prudenzialmente dall’incarico di parroco e attuando tutti i passi previsti sul piano canonico), ciò non ci toglie l’amarezza e il disagio che proviamo.
Dolore per la vittima e la sua famiglia, segnate da questa esperienza, a cui ribadiamo il forte dispiacere e la vicinanza. Dolore per un presbitero che ha disatteso il suo ruolo, anche educativo e formativo, per la sua famiglia e per la comunità che guidava. Dolore per il sospetto e il discredito che fatti di questa natura gettano, purtroppo e ingiustamente, anche su quanti operano quotidianamente in fedeltà al Vangelo».
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