DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
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Che giorno è? Neanche il soccorritore sa rispondere subito, ha perso la cognizione del tempo mentre strisciava e si immergeva nella grotta allagata e buia. Quando finalmente dice: «È lunedì, siete qui da dieci giorni», i ragazzini rispondono con un «Oooh». La telecamera dei Navy Seals thailandesi coglie ancora qualche immagine spettrale del primo contatto con la squadra di calcio Moopa (Cinghiale) dispersa nella caverna di Tham Luang, nel Nord del Paese, bloccata dall' irruzione improvvisa dell' acqua per uno dei primi temporali della stagione dei monsoni, il 23 giugno, durante un' escursione organizzata dal giovane allenatore dopo la solita partitella di pallone.
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Parlano in inglese, la lingua dei due sommozzatori britannici che li hanno trovati. «In quanti siete?». «Tredici». Sono tutti, dodici piccoli giocatori tra gli 11 e i 16 anni e il coach di 25. «Brilliant», splendido, risponde l' uomo che li ha raggiunti, cercando di comunicare una sicurezza che forse nemmeno lui ha. Perché sta per riprendere la pioggia e l' acqua nella grotta salirà ancora. I prigionieri non sanno che John Volanthen, l' inglese che li ha trovati, avanguardia di un' operazione di soccorso che coinvolge più di mille tra militari, speleologi, medici, volontari di una mezza dozzina di nazioni, l' altra notte stava per arrendersi.
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Per non perdersi anche lui, per non annegare in quel torrente denso di fango, era attaccato a un cavo di sicurezza: quando ha finito la fune è riemerso per prendere aria, pronto a tornare indietro. Invece si è trovato di fronte i dispersi. Disciplinati, educati, una vera squadra. Raggruppata in cima a un cumulo di fango, noto agli speleologi come Pattaya Beach, un nome che evoca le spiagge belle e lontane della Thailandia.
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I ragazzi hanno detto subito di avere fame, dopo aver esaurito le poche scorte che si erano portati per quella che avrebbe dovuto essere un' escursione di poche ore e si è trasformata in una discesa nel buio, inseguiti per oltre 2 chilometri dall' acqua che saliva. «Ora andiamo a casa?». Risposta con voce commossa: «No, non oggi, siamo arrivati solo in due, dobbiamo immergerci e nuotare, ma siamo solo i primi, molti stanno venendo, molti». «Oh, allora ci vediamo domani», ha salutato uno dei ragazzini.
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Sì, stanno arrivando in tanti, con attrezzature sofisticate, bombole d' ossigeno, pompe per cercare di risucchiare l' acqua e creare un passaggio sicuro. Ma il rifugio precario dove sono bloccati i 13 è a quattro chilometri dall' imboccatura della grotta. Le squadre di soccorso si sono dovute infilare in passaggi stretti, raschiare spuntoni di roccia per aprirsi un varco, nuotare nella corrente nera di fango. Difficile sperare che dei ragazzini indeboliti e che non sanno nuotare possano fare subito lo stesso percorso per tornare in superficie.
Il prossimo temporale farà risalire l' acqua e potrebbe richiudere la trappola. E da luglio a fine ottobre, novembre, in Thailandia è la stagione delle piogge. Si stanno studiando diverse possibilità: scavare un pozzo nella roccia sopra la spiaggetta dove hanno trovato scampo i ragazzi; oppure cercare di controllare il livello dell' acqua e dare loro qualche lezione di nuoto in condizioni estreme. Intanto, farli mangiare. Hanno portato alimenti ad alto valore nutritivo per rimetterli in forze. E si sta studiando il modo di predisporre una linea telefonica affinché riescano a comunicare coi genitori.
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«Ma per guidarli indietro con noi dobbiamo essere sicuri al 100 per 100 che funzioni, dovremo fare delle prove», dice il contrammiraglio Arpakorn Yookongkaew, che comanda gli incursori della Marina thai.
L' ufficiale ha fatto anche l' ipotesi peggiore: «C' è il rischio di dover aspettare 4 mesi, la fine della stagione delle piogge, per tirarli fuori in sicurezza». «Il tempo non è dalla nostra parte, si prevedono ancora forti piogge nei prossimi giorni», dice alla Bbc Ben Reymenants, uno dei sommozzatori britannici. Si deve fare presto perché dopo il sollievo per il contatto con gli adulti, i ragazzi corrono il rischio del crollo psicologico, come quello che subiscono i soldati in guerra, Sindrome da stress post traumatico.
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Stanno cercando di stendere una linea telefonica per far parlare i genitori con i loro figlioli e dar loro più fiducia. Dalla Svezia sono state spedite maschere subacquee speciali, che aiuterebbero a respirare anche chi non è esperto. Ma bisogna far recuperare le forze al gruppo, perché si tratta di risalire un corridoio spettrale che gli specialisti hanno disceso in 9 giorni. «Li ho visti magrissimi, devono avere anche i muscoli atrofizzati perché sono bloccati, aggrappati quasi immobili al fango, li abbiamo lasciati con 5 commandos e 2 medici militari thailandesi», ha detto Ben. «Fuori c' è euforia, ma il lavoro duro comincia adesso». La piccola squadra del Cinghiale sta ancora giocando il campionato della vita.
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