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Lorenzo Rotella per “La Stampa”
CONCORSO DI BELLEZZA IN ITALIA PER DONNE COL VELO
Aiutare le ragazze musulmane a ritagliarsi un posto nella società, a testa alta e contro ogni forma di pregiudizio.
Lo slogan del concorso «Regina con il Hijab», organizzato sabato scorso all'Almas di Cinisello Balsamo, del resto, la dice lunga: «Sii l'esempio». L'evento è il primo mai realizzato in Europa e ha l'obiettivo di abbattere il dogma occidentale che dipinge come sottomesse le donne che portano il velo, quando al contrario lo indossano liberamente con dignità e orgoglio.
L'iniziativa è stata promossa da Assia Belhadj, attivista per i diritti umani e presidente dell'associazione Movimento delle donne musulmane d'Italia, e hanno partecipato oltre cento ragazze suddivise in due fasce d'età: 14-18 e 19-25 anni.
Le finaliste hanno sfilato e parlato davanti a una giuria attenta agli abiti e al hijab, agli interessi personali delle concorrenti e agli obiettivi raggiunti nello studio e nel lavoro.
A trionfare nella prima categoria è stata la diciottenne Nourhan El Nagar di Milano. Nella seconda, invece, ha trionfato la ventitreenne Mariam Eloziri di Abbiategrasso, studentessa di Farmacia al terzo anno dell'Università degli Studi di Pavia.
Mariam, come si sente dopo questa vittoria?
«Sono felicissima, mi viene ancora da piangere. La notte non sono riuscita a dormire dall'emozione».
Se lo aspettava?
«No, ma ammetto di aver fatto un sogno strano la settimana prima. Mi trovavo a La Mecca e avevo intorno della gente che mi applaudiva. Ho pensato che fosse stato Allah a mandarmi un segnale non solo quando ho vinto, ma soprattutto quando ho visto il premio: un viaggio proprio a La Mecca».
E ci andrà presto?
«Non so quando, sinceramente sto ancora realizzando tutto. Il voucher ha la durata di un anno, escluso il periodo del Ramadan».
Com'è nata l'idea di partecipare al concorso?
«È stata una scelta dettata dal caso. Una mia amica mi ha mandato l'annuncio e ho cercato su internet per capire meglio. Poi ho contattato Assia (Belhadj, ndr) che mi ha dato più informazioni. Ho affrontato un colloquio e un giorno dal nulla mi sono ritrovata nel gruppo WhatsApp riservato alle dieci finaliste della mia categoria».
Come si è svolta la cerimonia?
«Era aperta anche ai non musulmani e quindi c'erano tante persone. L'ambiente e gli abiti rispettavano fedelmente la nostra cultura e durante il concorso ho molto apprezzato che non si puntasse affatto sulla bellezza. A turno ci hanno chiesto quali fossero i nostri valori e perché portassimo il hijab, facendo attenzione al tipo di abbigliamento».
Esiste un dress code?
«Ci sono poche regole da rispettare. Non va indossato come se fosse un copricapo all'ultima moda, ma con criterio e ben legato intorno al viso. Dobbiamo indossare vestiti lunghi e non aderenti. Per i colori, il tipo di tessuto e il gusto personale invece non ci sono problemi e possiamo scegliere ciò che vogliamo».
Cos'è il velo per lei?
«Non è solo un pezzo di stoffa, ma ciò che mi identifica quando esco di casa. È il simbolo delle mie origini e della mia religione, non un ostacolo alla vita o un atto di sottomissione come spesso si crede. Mettere il velo per me significa avere fiducia in me stessa e in Allah. Mi fa sentire una regina a prescindere dal titolo che ho vinto».
Che messaggio vuole lanciare con questo evento?
«Ora ho una responsabilità nei confronti delle mie coetanee, mi prenderanno come modello da seguire e intendo migliorarmi per essere all'altezza di questo compito. Voglio aiutarle a integrarsi nella società, dimostrare che una ragazza può essere accettata anche se ha il velo. Io per esempio lo indosso e sono una rappresentante degli studenti del Dipartimento di Scienze del Farmaco. Vuol dire che possiamo raggiungere i nostri obiettivi anche se tante volte sembra difficile».
Ha mai subìto episodi spiacevoli?
«Certo, ma sono dell'idea che in ogni nazione ci sono persone buone e cattive. Mi capita di essere insultata e mandata a quel paese quando sono in giro in auto, come di essere fermata per strada da qualcuno interessato ai miei vestiti. Rispetto le mie origini e ciò in cui credo, le cose negative non possono fermarmi».
Cosa vuole fare dopo l'università?
«È presto per dirlo. Intanto continuo a studiare e penso alla laurea. Ho diversi progetti in mente, ma non voglio ancora parlarne. Preferisco fare un passo alla volta e sto ancora sorridendo per quanto fatto con indosso il mio hijab».
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