DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giuliano Foschini e Marco Mensurati per “la Repubblica”
Salah Abdeslam passò la frontiera sorridendo al gendarme che gli controllava i documenti, qualche ora dopo aver compiuto la strage di Parigi, il 13 novembre del 2015. Anis Amri prese in giro le polizie di mezza Europa con le sue false identità, prima di arrivare a Berlino e ammazzare 12 persone il 19 dicembre del 2016.
SALMAN ABEDI ATTENTATORE DI MANCHESTER
Ma l' anno zero dell' antiterrorismo europeo - nonostante i proclami all' unità che i capi dei sette Paesi più industrializzati al mondo hanno appena lanciato al G7 di Taormina - è quello che è andato appena in scena. Quello cioè che ha permesso a Salman Abedi di farsi saltare in un' arena piena di ragazzini a Manchester: tutti sapevano chi fosse e chi potesse diventare.
Eppure, nonostante le segnalazioni, nonostante i viaggi in Libia e la sua evidente radicalizzazione, il suo nome non era in nessuna banca dati europea, a partire da quella di Europol. La madre di Salman si era accorta che suo figlio «era diventato troppo pericoloso», tanto da segnalarlo alla Polizia, e invece le intelligence europee nulla sapevano e nulla avrebbero potuto sapere di un uomo che non aspettava altro che diventare il "martire" di una strage: lo avrebbe potuto fare a Roma o a Parigi.
A Berlino o a Manchester, nessuno avrebbe potuto fermarlo. E, infatti, non è stato fermato. «Il fatto che un personaggio di questa caratura non fosse segnalato in banche dati comuni ci mette di fronte a una riflessione seria. E ci impone un immediato cambio di passo in materia di collaborazione » dice, preoccupato, il procuratore nazionale antiterrorismo, Franco Roberti.
Le questioni che la strage di Manchester apre sono infatti due. La prima mette in evidenza quanto sia stata clamorosa la svista della polizia e dell' intelligence britannica. Un dato sempre più chiaro mano a mano che si scoprono le modalità con cui il 22enne del Moss Side, la "little Tripoli" a sud di Manchester, ha progettato e realizzato il suo piano suicida. Secondo la ricostruzione ufficiale, Salman avrebbe cominciato a lavorarci da almeno un anno, da quando la scorsa primavera attivò la sua carta di credito.
Da allora il giovane jihadista ha viaggiato su e giù per la Libia, girando per mezza Europa, affittando svariati appartamenti - che poi ha usato come laboratori per produrre la sua bomba - nel cuore di Manchester. La ricostruzione, letta oggi, è impietosa. La carta di credito risulta mai utilizzata almeno fino a marzo quando Salman la usa da Screwfix e B& Q - due noti negozi di bricolage - per fare comprare ingenti quantità di bulloni, chiodi, viti e sfere d' acciaio: tutto materiale che è poi stato utilizzato per l' attentato.
Ancora: Salman ha affittato un appartamento al dodicesimo piano di un palazzo di Blackley, nella zona nord della città, trovato sul sito gumtree. com. uk: 700 sterline - pagati in contanti - per sei settimane.
«Quando ha lasciato l' appartamento ho trovato il sistema anti-incendio disattivato e per casa c' erano strisce di alluminio tagliate con precisione e pezzi di tenda fatti a quadratini», ha raccontato il padrone di casa. Dopo quelle sei settimane di lavoro, Salman ha portato tutto il materiale nel negozio di barbiere di un suo complice.
Poi, è partito per la Libia. Un mese dopo è rientrato, non prima di essere stato in Siria, in Turchia e in Germania.
Il tutto assume caratteristiche ancora più grottesche se si considera una serie di dati oggettivi, a partire dalla famiglia di provenienza. È ormai noto che Salman sia il figlio di Abu Ismail Ramadan, ex combattente di Al Qaeda che non ha lesinato quanto a educazione militare nei confronti dei figli: Salman era al suo fianco nel 2011 durante la rivoluzione contro Gheddafi ed era ancora in Libia, a combattere, nel 2014.
Ed è noto anche che l' intera comunità musulmana locale si fosse preoccupata per le posizioni estremiste che il giovane - e alcuni suoi amici, ora tutti arrestati con l' accusa di averlo fiancheggiato - aveva esternato alla moschea di Didsbury. Posizioni espresse in maniera talmente clamorosa da aver persuaso due suoi compagni di college a chiamare il numero verde antiterrorismo. E persino la mamma di Salman prima di tornare a Tripoli si era rivolta alla polizia dicendo che il figlio era ormai divenuto «troppo pericoloso».
L' intelligence britannica, dunque, ha fatto acqua da tutte le parti. Ma anche i francesi e, probabilmente, i tedeschi che sapevano almeno dei viaggi di Salman in Libia non sono riusciti a intercettare un percorso di radicalizzazione così chiaro. E che lo sarebbe stato ancora di più se soltanto polizie e 007 si fossero parlati tra loro.
La domanda è dunque semplice: a cosa servono agenzie come Europol ed Eurojust? Sono strumenti di collaborazione o prevenzione o soltanto carrozzoni di burocrazia? «Con gli inglesi, per esempio - spiega ancora il procuratore Roberti - abbiamo avviato dei protocolli importanti in tema, per esempio, di riciclaggio di contrasto al terrorismo. Ma è chiaro che serve un coordinamento a livello europeo anche in materia di intelligence. È l' unica strada per provare a evirare che accadano ancora fatti così tragici».
Le promesse in questi anni erano state tante. A partire dall' istituzione della super procura europea che, invece, continua a restare un progetto nel cassetto. Tutte i servizi di sicurezza interni si erano detti pronti a firmare accordi di collaborazione, a mettere in rete le proprie informazioni. E, invece, a parte qualche accordo a livello di tribunali tra i vari paesi, tutto è rimasto su qualche pezzo di carta.
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