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“STRAVINSKY CHIESE A PAPA PAOLO VI: SANTITÀ, RIDATECI I CASTRATI!” - INTERVISTA A CARLO VISTOLI, IL CONTROTENORE CHE HA RIPORTATO IN AUGE LA TRADIZIONE VOCALE DEI CASTRATI DEL ‘700: “LA MIA FAMIGLIA NON MI HA MAI PRESO PER MATTO, NÉ HA MAI CREDUTO CHE VOLESSI IMITARE LA VOCE DI UNA DONNA…” - VIDEO

 

 

Anton Giulio Onofri per “il Messaggero”

 

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Carlo Vistoli è nato a Lugo, in provincia di Ravenna, quasi 32 anni fa, ed è un controtenore impegnato in tutto il mondo con i più importanti complessi internazionali di musica barocca. Dal 15 marzo sarà Orfeo nell' Orfeo ed Euridice di Gluck, in cartellone al Teatro dell' Opera di Roma con la regia di Robert Carsen. Nel cast anche Mariangela Sicilia (Euridice) e Emoke Baráth (Amore).

 

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Ha riportato in Italia la tradizione vocale dei castrati del 700, da noi scomparsa da più di due secoli. Come mai, quando ha scoperto di avere una voce squillante e leggera, ha deciso di non emulare Bocelli o Il Volo, ma di studiare da controtenore il repertorio di Nicolino, Porporino, Senesino, Cusanino, Siface e Farinelli?

«Non sono l' unico controtenore italiano, penso soprattutto a due colleghi come Filippo Mineccia e Raffaele Pe. Canto da quando ero piccolo e ho sempre amato la musica classica. Mi è venuto naturale studiare canto e specializzarmi nel barocco.

La mia famiglia non mi ha mai preso per matto, né ha mai creduto che volessi imitare la voce di una donna».

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Nel diciottesimo secolo si affidavano i virilissimi ruoli di guerrieri ed eroi della mitologia alla voce strana dei castrati. Di che sesso è la voce di un controtenore?

«Oggi non possiamo immaginare nemmeno lontanamente come suonasse la voce dei castrati. Io sono convinto che gli ascoltatori dell' epoca fossero in grado di distinguere la voce di un castrato da quella di una donna, a prescindere dall' estensione vocale. Anche oggi il controtenore è un' alternativa alla voce femminile, ma non è semplicemente un uomo che canta da donna. Nel 700 non era richiesta alcuna veridicità scenica, né che il personaggio maschile avesse una voce da uomo».

 

Cosa contava?

«L' agilità per i virtuosismi pirotecnici, e i fiati lunghissimi grazie a una cassa toracica particolarmente sviluppata. Questo aumentava la sensazione di qualcosa di sovrannaturale, componente essenziale dell' Opera del tempo. Ecco il motivo per cui Stravinsky, che da musicista era interessato a suscitare stupore oggi non più riproducibili, chiese a papa Paolo VI: Santità, ridateci i castrati!».

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E poi?

«Poi è arrivata la riforma di Gluck: al posto dei recitativi lunghissimi e dei virtuosismi, nell'Orfeo ed Euridice si privilegiano le emozioni e i sentimenti, e l' azione scorre più fluida.

Dopo la Rivoluzione Francese, il gusto e i costumi della società cambiarono radicalmente. Prevalsero vocalità più vicine alla sensibilità del pubblico, formato non più solo da nobili e cortigiani, ma anche dal popolo. Finché negli Anni '70 del secolo scorso musicisti e studiosi del Nord Europa si dedicarono alla ricostruzione filologica barocca. Ecco perché i grandi controtenori di fine 900 sono inglesi, francesi, olandesi, tedeschi».

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Com'è la vita di un controtenore? Vive sempre nel mondo dorato della musica barocca?

«Macché! Viaggio sempre e guardo tanti film: il mio regista preferito è Fellini. Ma apprezzo anche Michael Haneke, che dopo la magnifica regia del Così fan tutte di Mozart, sembra voglia curare L' Incoronazione di Poppea di Monteverdi: sarebbe un sogno far parte del cast. E poi ascolto Mozart, Wagner, Schubert, i grandi compositori del '900, come Ligeti, straordinario.

 

E De André, Battiato, Bob Dylan. Non conosco il jazz, ma recentemente ho scoperto Frank Zappa». Che farà senza Euridice?

«Ne parlavo in questi giorni con Robert Carsen. È un' aria che esprime la disperazione di Orfeo che per la seconda volta ha perduto la sua Euridice (a Roma, però, eseguiremo la versione di Vienna, quella con il lieto fine), eppure è in tonalità maggiore: un dolore enorme, ma con una musica lieta, felice; la difficoltà sta nel cantarla senza che suoni come un' aria da carillon. La musica, anche la più triste, può aiutarci ad affrontare le difficoltà della vita e a darci la consolazione che cerchiamo. Musica Medicina Doloris (la Musica è balsamo per il dolore), è scritto su un clavicembalo in un dipinto di Vermeer. La tonalità maggiore di Che farò senza Euridice? è un invito a non perdere mai la speranza, anche nei momenti più duri».

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