DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
Estratto dell’articolo di Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
E adesso che fare: lanciare l’invasione di terra, oppure continuare coi bombardamenti, limitandosi a piccoli blitz delle truppe speciali per cercare di liberare gli ostaggi? Da almeno due giorni i comandi israeliani lasciano trapelare dubbi e incertezze […].
Già da qualche giorno dagli ambienti dell’intelligence americana erano stati avanzati cauti dubbi, nonostante le altisonanti dichiarazioni bellicose di tutti i leader israeliani da Netanyahu in giù. E la visita nel Paese di Biden ieri ha confermato la scelta della Casa Bianca di invitare il premier israeliano […] all’autocontrollo […].
BOMBARDAMENTI ISRAELIANI SU GAZA
Ormai sono gli stessi portavoce militari a Tel Aviv a ripetere che «restano diverse opzioni sul tavolo». «Ci stiamo preparando alle prossime fasi della guerra. Non abbiamo detto quali saranno. Tutti parlano dell’offensiva di terra. Potrebbe essere qualche cosa di diverso», aveva dichiarato martedì ai giornalisti uno di loro, Richard Hecht.
Ieri negli ambienti del ministero del Difesa e del governo si ripeteva ai portavoce che per il momento doveva regnare il silenzio. «Se i giornalisti chiedono dell’offensiva di terra, rispondete no comment», era l’indicazione.
JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
Recandoci nelle zone a ridosso della Striscia di Gaza […], abbiamo parlato con il tenente colonnello Peter Lerner responsabile del servizio informazioni, che ha ribadito la «non inevitabilità» dell’occupazione di terra.
«Sono stati i media e i commentatori a enfatizzare che saremmo entrati a Gaza. Noi […] non lo abbiamo mai specificato ufficialmente. Ma la situazione resta estremamente dinamica, occorre tempo […]», ha detto.
Non è escluso che adesso si voglia lasciare nell’incertezza Hamas. Almeno due paiono però gli elementi che condizionano la determinazione israeliana a mettere «boots on the ground». Il primo è la sorte dei 200 ostaggi in mano ai militanti di Hamas e della Jihad islamica. Una questione che per il governo si sta ingigantendo col passare delle ore e con le famiglie degli ostaggi che chiedono l’avvio di negoziati con quelle stesse organizzazioni che tutt’ora Israele dichiara di volere annientare.
Un secondo fattore è la questione dei circa 360.000 riservisti richiamati. […] si presenta adesso lo spettro della crisi economica. Per quanto tempo Israele potrà permettersi di paralizzare larga parte della sua forza lavoro? Il governo deve decidere in fretta se usare i riservisti per l’attacco o rimandarli a casa.
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