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Vittorio Zucconi per “la Repubblica”
ARCIGNA e inospitale per uomini e cani clandestini, l’Australia vince il duello con i due terrier di Johnny Depp e della moglie Amber Heard, costringendo il Pirata dei Caraibi a una umiliante e imbarazzata confessione video e i cagnolini a tornare in America per evitare la pena di morte.
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Insieme simbolica e grottesca, quella è che è stata definita con spirito molto british “The War on Terrier”, scherzando sulla ben più seria “Guerra al Terrore”, si chiude dopo un anno di contenzioso giudiziario nel nome della “biosicurezza” nella nazione isola e dell’irresistibile desiderio della politica di farsi un po’ di pubblicità planetaria anti-immigrazione a spese di due stelle di Hollywood. E di due cagnetti.
Uno scontro che potrebbe sembrare leggermente ridicolo, fra le autorità australiane e una superstar che si considerava al di sopra di norme e regolamenti veterinari e doganali, era assurto, per la celebrità della coppia, sia di umani che di canidi, a un “evento mediatico”. Da un anno sconvolgeva l’ufficio del premier australiano, i produttori della sesta edizione della saga Pirati dei Caraibi, il protagonista di infiniti blockbuster hollywoodiani, la moglie del momento, Amber, e Pistol e Boo, i loro ignari terrier.
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Un anno fa, a bordo dell’aereo privato che li aveva portati dalla California nel Queensland, uno dei sei Stati che formano l’Australia dove Johnny girava scene dei Pirati davanti alla Grande Barriera Corallina, sulla dichiarazione di dogana la coppia aveva dichiarato di non portare con sé animali, sicura di poter far entrare inosservati i minuscoli Boo e Pistol nelle loro gabbiette da asporto.
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Un’incauta foto scattata in un salone di bellezza per cani, con lavoranti che esibivano orgogliosamente i due vaporosi animali freschi di shampoo e phon e pubblicata sia in Rete che sui giornali, ha svelato il crimine e messo in moto la lunga mano della giustizia, azionata dal vice premier del Queensland Barnaby Joyce, indignato per l’attentato “terrieristico” alla biosicurezza della nazione.
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«O li tolgono dalle p.... subito o li metteremo a dormire», aveva minacciato il corpulento uomo politico, ricevendo da Johnny Depp una risposta scortese: «Ma che cosa vuole quel ciccione sudaticcio?».
Il ciccione accaldato voleva 10 anni di carcere per la signora Heard in Depp. È il massimo della pena previsto dalla draconiana legge australiana, modellata su quella britannica che impone un periodo di quarantena per tutti gli animali che entrino nelle nazioni e nei Territori del Commonwealth di Sua Maestà, del quale l’Australia fa ancora parte.
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Di fronte alla possibilità di vedere la quasi trentenne coniuge incarcerata per dieci anni in un’Australia nata proprio dall’esportazione in massa dei peggiori criminali che Londra voleva allontanare da sé, il pirata Jack Sparrow, il demonico barbiere di Fleet Street, il cioccolataio Willy Wonka, ha indossato il saio da marito contrito e da trafficante pentito di cani clandestini per girare un atroce video clip di scuse che ha fatto ridere, e irridere, comici di tutto il mondo.
IL VIDEO DI SCUSE
«Sembra la dichiarazione di un ostaggio», ha sogghignato Ricky Gervais, il comico inglese, mentre tutti i talk show delle seconde serate notavano quanto insincero, gonfio nel viso struccato come chi ha dormito poco, svogliato, apparisse il cinquantaduenne pirata in cattività mentre dichiarava la propria ammirazione per gli australiani, non più corpulenti e sudati,
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ma «caldi e ospitali», il suo rispetto per «la magnifica biodiversità della nazione» e borbottava, in un ultimo appello imposto dagli avvocati e dal tribunale: «Dichiarate tutto, se entrate in Australia».
Non contento, il politicante che lo aveva umiliato si è permesso anche un giudizio critico: «Con questo pezzo, certamente non vincerà mai un Oscar». Carognatina per mettere un po’ di sale sull’assenza di Oscar nella carriera di Johnny.
Un filmetto di categoria B, sottolineato dal pentimento estorto a Depp e pronunciato con più apparente grazia e convinzione professionale dalla moglie.
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In realtà una “favoletta morale” e politica, voluta per sottolineare, nella “Guerra ai Terrier”, il rispetto delle leggi e la chiusura all’immigrazione di chi non abbia un permesso di lavoro o uno status ufficiale di rifugiato politico preventivi che i governi di Canberra, la capitale, hanno imposto, da quando i partiti di centrodestra hanno assunto il potere, nella rivolta nazionale contro i barconi di migranti.
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Pistol e Boo sono diventati, tra le braccia delle lavoranti nel Salone per cani, l’ultima insidia da respingere e i loro famosi protettori hanno dovuto essere umiliati per dare una lezione anche a tutti i potenziali clandestini con meno zampe. Ma Hollywood ha avuto il piccolo “happy ending”. Johnny potrà tornare a recitare (meglio).
Invece di 10 anni nella galere della nazione isola che altri invasori clandestini umani sottrassero agli indigeni pur non avendo certificati né diritti, Amber dovrà fare un mese di “buona condotta”, libera, ma sotto l’occhio accaldato dei tribunali. Pistol e Boo sono già tornati in California. Vivi e cotonati.
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