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Gli spari sulla folla e le distese di cadaveri: i video della repressione in Kazakistan
Francesco Battistini per www.corriere.it
Sbarrate le frontiere, spenti i social, disattivato internet. Il Kazakistan chiude per non mostrare al mondo la repressione, feroce, che il regime sta scatenando sulla folla in piazza. «Sparate a vista e senza preavviso», è l’ordine dato in tv dal presidente Kassym-Jomart Tokayev: «Ci sono 20mila delinquenti che hanno attaccato i palazzi pubblici di Almaty – dice nel suo terzo discorso pubblico, da quando è cominciata la rivolta, ringraziando il presidente russo Vladimir Putin per il suo aiuto -. Non negoziamo con questa gente, è assurdo che dall’estero ce lo chiedano. Verrà creata una squadra speciale per dare la caccia a questi terroristi. Chi non s’arrende, sarà eliminato».
scontri e proteste in kazakistan 1
A fatica, i kazaki riescono a far uscire informazioni e immagini su quel che sta realmente accadendo. E in questi brevi video, arrivati al Corriere della Sera, qualcosa si vede e si capisce. I corpi speciali, sostenuti dalle truppe inviate da Mosca, che sparano ad altezza d’uomo. Un giovane a terra, sull’asfalto, colpito e in fin di vita.
statua di nazarbayev abbattuta
Distese di cadaveri, coperti da lenzuoli bianchi. Il ministero dell’Interno, dopo aver parlato fino a giovedì sera soltanto di diciotto morti tra gli agenti, solo al sesto giorno di rivolta ammette che ci sono almeno 26 manifestanti uccisi. Le opposizioni sostengono che in realtà le vittime sono centinaia e che la ribellione, placata a fatica nella capitale politica di Nursultan (Astana) e in quella finanziaria di Almaty, prosegue senza sosta nel resto del Paese, specialmente nelle lontane province occidentali. Tokayev dichiara che l’ordine è stato ristabilito quasi dappertutto, accusando “forze dall’estero” di fomentare quelli che chiama “terroristi”. Ma l’aeroporto internazionale di Almaty per ora rimane chiuso.
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Le truppe inviate da Putin, in risposta alla richiesta d’aiuto di Tokayev, si sono dislocate in punti nevralgici come le stazioni tv, i ministeri, le residenze della nomenklatura, il centro spaziale russo di Bajkonur: è un intervento militare previsto dal trattato di sicurezza che lega alcune delle vecchie repubbliche sovietiche (Russia, Armenia, Bielorussia, Tagikistan, Kirghizistan e appunto Kazakistan), una riedizione ristretta del Patto di Varsavia dei tempi della Guerra fredda. Lo stesso patto invocato in Bielorussia dal dittatore Lukashenko, nel 2020. E che stava per essere applicato, un anno fa, anche nella rapida guerra fra Armenia e Azerbaigian per il controllo del Nagorno-Karabak. Il Kazakistan è diventato, in queste ore, un protettorato russo e il Cremlino fa sapere che “l’operazione di pace” – ovvero il tempo necessario a reprimere le rivolte per il carovita e contro un regime trentennale – durerà almeno un mese. Gli Stati Uniti hanno avvertito Mosca: “Vigileremo sul rispetto dei diritti umani”. Queste immagini dimostrano che sarà un lavoro difficile, al momento quasi impossibile.
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