DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Domenico Quirico per “La Stampa”
Santità Oso. Oso lanciarle un appello perché credo che soltanto un grande gesto umano possa spezzare questa mischia sacrilega in cui l'Europa sale sullo scannatoio e come per un contagio di furore omicida tutti ormai si armano e gridano e minacciano e sembra impossibile salvare la ragione dalle allucinazioni che il flagello scatena. Oso con l'umile diritto del credente.
E aggiungo perché so che cosa è la guerra per averla vissuta e guardata negli occhi in molti luoghi dove ho visto galleggiare gli infiniti relitti di vite naufragate. Le chiedo, la invoco: Santità, vada a Leopoli, vada in Ucraina a dire la parola pace. Lo so, in questi giorni Lei ha detto e ridetto ciò che è vero per sempre. Ma bisogna gridarlo lì. Non a Roma: a Leopoli, a Kiev dove la morte fa le sue grandi manovre, la violenza ci accerchia e il perverso incantesimo deve essere affrontato e vinto. Vada subito, ora. A chiedere la pace, a esigere, sì esigere, che esseri umani non debbano attendere le insopportabili lentezze della diplomazia per sperare di restare vivi. Bisogna raddrizzare i sentieri sbandati della Storia.
Lei può farlo. Le chiedo un grande gesto umano, oltre la ragione la prudenza le condizioni della realtà la sicurezza le usanze. Un gesto impossibile che solo Lei può compiere. Un miracolo. Ma saremmo cristiani se non credessimo nel miracolo, se accettassimo il riposo, non fossimo portatori di meraviglie? Dolore si chiama questo mistero e questa condanna. Lei può spalancare questo mistero.
Chieda, ci chieda, da lì, alzando semplicemente le braccia al cielo, di spezzare il contagio dell'odio che è peggio della guerra perché è prodotto dalle ferite che essa provoca, e fa male sia a quello che le porta in sé sia a colui che ne è vittima. Non per una provocazione, parola orribile perché tante già ne vediamo ogni giorno: per un atto a cui sono certo nessuno, neppure gli aggressori, potrebbero sottrarsi, davanti a cui divenuti inermi dovrebbero fermarsi.
Sento già gli scettici opporre: sarebbe un grido nel deserto, un rumore di canne nel frastuono delle bombe, vuol dire essere scudisciati da delusioni e amarezze. Forse. Forse grido nel deserto è ogni parola di pietà. Ma noi siamo uomini, non possiamo avere la sublime pazienza di io. Lei non è un politico, è una autorità morale, forse l'ultima in questo mondo dove ogni atto, ogni parola determina rappresaglie. Io credo che per noi laici l'unica sincera comunanza nel dolore sia quella che si prova insieme. Altrimenti ogni «io sono con voi» sillabato da lontano è retorica.
Non possiamo dire agli ucraini (e ai russi perché nella guerra muoiono anche ragazzi russi) sono con voi. Non è vero: io, noi siamo qua, li guardiamo, ma non soffriamo. Non si possono amare le astrazioni. Bisogna sagomare, anche laicamente, la vita su questa determinazione cocente: affiancare il dolore dove è. Il cristianesimo infatti è una religione che sboccia dalla sofferenza, fisica, umana, visibile e vissuta, che sublima lo scandalo del dolore.
È impastato di profezia, di martirio, pianto, sangue e regno. Chi altri ha il diritto di essere lì a condividere tutto questo se non Lei santità? Per questo le chiedo: se il male, e non ci sarebbe la guerra se non ci fosse il male assoluto, altro non è che la somma di atti umani, chi se non Lei, santità, può sfidarlo con un atto umano? L'Ucraina è un forsennato campo di battaglia, non c'è la possibilità di percorrerla, come sarebbe possibile organizzare un viaggio sicuro?
Perfino ministri e ambasciatori si tengono alla larga, si fermano ai confini... Li sento già i prudenti, i realisti. Ma dove è più sicuro un Papa se non accanto ai poveri armenti umani uguali dinanzi al dolore? Questa è una guerra tra cristiani: dove può esser più sicuro che tra i martiri cristiani? Sono certo Santità che io, molti, se deciderà di andare, fisicamente la accompagneremo. Il terzo millennio, così breve e inerte, ha già bisogno di risorgere.
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